Reliquiario di Montalto, XIV – XVI sec., Museo Sistino Vescovile, Montalto Marche (AP)

Una delle opere di oreficeria più importanti al mondo, passata dalle collezioni dei re di Francia a quelle dei papi romani

  • : Intervento di restauro
  • Stato attività: concluso

Dati

Informazioni sull’attività

Informazioni sull’opera

Informazioni storico-descrittive

Poche opere di oreficeria possono vantare una storia di altissimo profilo come il Reliquiario di Montalto: il nucleo originale compare nell’elenco del Tesoro di Carlo V di Francia (1364-1380), cui va presumibilmente attribuita la commissione dei magnifici smalti a tutto tondo su oro (en ronde-bosse); nel 1439 il Reliquiario compare nell’Inventario dell’eredità di Federico IV d’Asburgo, dal 1411 unico duca d’Austria e conte del Tirolo; nel 1450 Leonello d’Este lo acquista dal mercante tedesco Iachomo de Goldemont; nel 1457 compare nell’Inventario dei beni del cardinale veneziano Pietro Barbo, papa dal 1464 al 1471 col nome di Paolo II. L’attuale aspetto del Reliquiario di Montalto risale alle modifiche volute da Barbo, che lo inserisce in una struttura monumentale in argento dorato di straordinaria qualità. Nel 1587 papa Sisto V preleva il prezioso oggetto dal Tesoro Vaticano e lo dona alla cittadina di Montalto nelle Marche, sua “patria carissima”, dove è tuttora conservato.

Tecnica esecutiva

La tavola superiore (che dovrebbe corrispondere all’originale reliquiario di Carlo V) è realizzata in lamina d’argento dorato, concepita come una scatola vuota, su cui sono fissati gli elementi in lamina doro smaltato en ronde-bosse tramite linguette ripiegate. Sul lato superiore della tavola sono fissate due statuette di angelo inginocchiato, in lamina d’argento dorato, con le mani e il viso dipinti a tempera. Pensata in origine per essere appesa con catene nell’Oratorio della Cappellina del re al Louvre, la tavola venne modificata durante la proprietà Barbo: ai lati della tavola vennero aggiunti elementi fitomorfi e l’edicola apicale che inquadra un prezioso medaglione in oro smaltato e niellato con cammeo in calcedonio varietà sardonice di manifattura bizantina. La parte inferiore della tavola venne forata in modo da poter essere vincolata alla meravigliosa base in argento dorato e pietre preziose. L’originaria lamina posteriore della tavola (che sappiamo dagli Inventari raffigurava una Orazione nell’orto con la tecnica dell’incisione puntiforme) venne sostituita dalla lastra con candelabra, culminante nello stemma Barbo in argento niellato.

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