Jackson Pollock, Alchimia, 1947, Collezione Peggy Guggenheim, Venezia

  • : Intervento di restauro
  • Stato attività: concluso

Dati

Informazioni sull’attività

Informazioni sull’opera

Informazioni storico-descrittive

Alchimia è uno dei primi dipinti realizzati con la tecnica rivoluzionaria del dripping (colatura), che rappresenta il contributo più significativo di Jackson Pollock all’arte del XX secolo.
L’opera viene realizzata nell’estate del 1947 allo studio di Long Island. Pollock sperimenta con vari tipi di colori, da quelli tradizionali ad olio a quelli commerciali, questi ultimi versandoli per mezzo di bastoncini direttamente sulla tela. Crea un groviglio di linee ora più sottili e qualora più spesse, colate più ampie o piccoli schizzi, che dipendono dai movimenti e gestualità dell’artista. L’immagine ottenuta è caratterizzata da una stratificazione complessa di colori talvolta molto materiche, dove non c’è un centro né una direzione di osservazione in quanto pittura a tutto campo.  Sicuramente nella produzione artistica di Pollock Alchimia è una delle opere più materiche.
Se si osserva quest’opera a distanza, le grandi dimensioni e l’equilibrio di forze fanno sì che il dipinto sia vissuto come ambiente. La superficie irregolare è come un muro su cui sono tracciati segni primitivi, realizzati spremendo direttamente dal tubetto il colore bianco. Spesso si sono tentate interpretazioni di questi segni, basandosi sul titolo, che però è stato dato da Ralph Manheim e da sua moglie, vicini di Pollock a East Hampton.

Storia conservativa
Alchimia fu realizzata nell’estate del 1947. L’anno successivo fu esposta alla galleria di Betty Parson a New York. Era nel gruppo di opere presentate alla prima personale dell’artista organizzata da Peggy Guggenheim a Parigi nel 1950, mentre non era presente alla Biennale di Venezia del 1948. L’arrivo di Alchimia in Italia risale tra il 1948-1950 e risiedeva a Palazzo Venier dei Leoni, allora abitazione di Peggy Guggenheim e sede attuale della fondazione. Fu data in prestito solamente rare volte per alcune esposizioni.
Fino al 1979, anno in cui Peggy morì, il dipinto era esposto appeso ad una delle pareti della abitazione senza alcuna protezione. Al momento della musealizzazione del palazzo risalgono delle testimonianze che lo ricordano in una stanza estremamente umida del seminterrato poiché sotto il livello del Canal Grande.
Tali condizioni hanno comportato il sedimentarsi di polvere, particolati vari di deposito e la comparsa di muffe in maniera abbondante su tutta la pittura, compromettendone la lettura e l’apprezzamento dell’estetica dell’opera, caratterizzata dall’alternarsi di campiture lucide con altre opache e da uno spazio tridimensionale intenzionalmente voluti da Pollock.

Tecnica esecutiva

Olio, pittura d’alluminio, smalto alchidico con sabbia, sassolini, filati e bastoncini spezzati di legno su tela.
La tela su cui Pollock dipinge è un tessuto sottile ad armatura semplice e dalle analisi è emerso che si tratta di un tessuto destinato non ad uso artistico ma presumibilmente per uso domestico. Sopra di questo stende un primer a base di bianco di piombo ed olio, utilizzato sia la spatola che pennelli grandi. Sopra questo primo strato bianco inizia la stesura di vari colori (almeno 15) e di diversa natura. Si riscontrano colori ad olio in tubetto: questi sono stati applicati sia con tratti sottili che con impasti materici; altre volte Pollock ha spremuto direttamente il tubetto sopra la tela. A questi si accompagna l’uso di colori dalla consistenza più fluida, ovvero gli housepaint, colori industriali nati non per uso artistico, gli alchidici, per lo più di natura oleroresinosa. Questi colori sono impiegati non in modo convenzionale: vengono gocciolati direttamente dal barattolo, talvolta coadiuvato da bastoncini, coltelli e vecchi pennelli nella loro colatura sulla tela poggiata a terra. Alcuni impasti di colore includono alcuni materiali quali sassolini, sabbia, pezzi di bastoncini in legno, per creare particolari texture ed enfatizzare la tridimensionale morfologia dell’intero film pittorico.
Al momento della sua realizzazione il dipinto era tensionato non sull’attuale telaio ma su di un telaio da tessitura che Pollock prese in prestito dalla madre, come documentato da una cartolina a lei inviata nel settembre del ’47.
L’opera non presenta una vernice finale e fortunatamente non fu mai verniciata in passati interventi di restauro o manutenzione. Pollock non prevedeva una stesura finale di vernice che avrebbe uniformato l’aspetto di tutti i colori, annullando quei passaggi di riflettanza diversa tra le campiture glossy e quelle matte.

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