
L’intervento di restauro è stato oggetto di una tesi della SAFS (a.a. 2018-2019):
G. Simoni, Il frontone dipinto della Tomba etrusca Tarantola. Tecnica esecutiva, vicissitudini conservative, progetto e intervento di restauro.
Tesista SAFS: Gabriella Simoni
Relatore coordinatore: Paola Ilaria Mariotti
Altri relatori: Anna Patera, Gianna Giachi, Pasquini Pallecchi, Roberto Bonaiuti
Restauratori: Gabriella Simoni
L’Opera proviene da una tomba etrusca a camera unica, scavata nella pietra, originariamente situata nella zona di Tarquinia, datata al VI sec. a.C.; essa fu rinvenuta nel 1904, durante alcuni lavori agricoli.
Nella decorazione del timpano della parete di fondo, all’interno della tomba, è raffigurato un simposio con quattro commensali uomini, recumbenti, coronati, dalle lunghe capigliature di cui uno con barba; i personaggi sono vestiti con chitoni chiari, mantelli rossi e sono calzati. All’estrema sinistra è raffigurato un cane, variamente identificato anche come fiera. La figura centrale, o secondo commensale da sinistra, solleva un kylix ed è barbuto, quello all’estrema destra, ebbro, dorme; alla sua destra sono dipinti alcuni oggetti: corone, una brocca e un’anfora.
Nella parte inferiore della decorazione, sotto la zona figurata, è presente un fregio continuo a 13 fasce orizzontali, realizzate a colori alternati, il nero, il bianco, il rosso e una mescolanza di nero e blu che risulta oggi quasi grigio.
Dopo la scoperta della tomba della Tarantola, il timpano dipinto fu distaccato dal suo supporto originale perché il direttore dell’allora Regio Museo Archeologico di Firenze, Milani, volendo acquistare quella decorazione, chiamò Fabrizio Lucarini, restauratore molto attivo all’epoca, per effettuarne lo strappo. Lucarini però, dopo avere constatato di non potere eseguire uno strappo, a causa dello stato di conservazione della pellicola pittorica, propose ed effettuò uno stacco a massello. Il procedimento adottato da Lucarini per il trasporto a massello, fu tecnologicamente complesso e difficoltoso per le particolari condizioni di conservazione della tomba che si trovava a 4,45 metri di profondità; durante queste operazioni la decorazione del timpano venne inserita in una complessa struttura, composta da un telaio di legno, da malte dalla diversa funzione e composizione e da elementi in ferro; struttura che tutt’ora la sostiene e la contiene e che determina la forma di questa opera etrusca, contribuendo ad attribuirle la definizione erronea di frontone. Attualmente, le dimensioni dell’opera, comprensive di telaio ligneo del Lucarini, sono: h: 100 cm, L 351 cm, e spessore, in basso, di 18 cm ca. e in alto 15 cm ca.
La pittura, dopo il distacco a massello dalla tomba, fu trasportata al Regio Museo Archeologico di Firenze e da allora entrò a far parte del percorso espositivo museale fino all’ alluvione del 1966; infatti dopo l’alluvione, pur non avendo subito particolari conseguenze dannose, venne trasferita nei magazzini, prima, e poi nei locali del laboratorio di restauro archeologico; dal quel momento non è più stata esposta in Museo, ma solo in occasione di mostre, spesso all’estero.
Il settore pitture murali dell’OPD è stato chiamato a verificare lo stato di conservazione dell’opera e incaricato del restauro, in seguito alla chiusura dei Laboratori di Restauro della Soprintendenza Archeologica.
L’opera è caratterizzata da particolari problematiche legate alla tecnica esecutiva, non conosciuta, al supporto impiegato, che è una pietra calcarenitica organogena (macco) e alle sue peculiari vicende conservative.
L’opera è diventata oggetto di Tesi della SAFS/PFP1 (Tesista: Gabriela Simoni; Relatore Coordinatore: Paola Ilaria Mariotti; Relatori: Anna Patera, Gianna Giachi, Pasquino Pallecchi, Roberto Bonaiuti).
Da Settembre 2018 l’opera è conservata presso il Laboratorio di restauro di Pitture Murali; essa, quando è arrivata nei laboratori pesava 917 kg, cosa che ha comportato problematiche
I risultati delle indagini, lo studio dei materiali costitutivi e lo studio dei documenti di archivio, nonché lo studio della letteratura, ci ha permesso di formulare una ipotesi sulla tecnica pittorica e i procedimenti di realizzazione di questa pittura etrusca del VI secolo, con interessanti approfondimenti sui precipui aspetti iconografici.
Parallelamente alle indagini chimico fisiche è stata eseguita una approfondita ricerca di archivio, che ha fornito preziose informazioni sulle vicende conservative legate alla scoperta della tomba e al distacco della sua decorazione pittorica. Il carteggio del restauratore Fabrizio Lucarini, infatti, ha fatto luce sulle operazioni del distacco nel 1904, sulle caratteristiche tecniche della pittura e sulla struttura lignea di sostegno che ancora oggi sostiene e contiene l’opera. La ricerca d’archivio è stata complementare alle analisi scientifiche eseguite sui materiali, per l’interpretazione dei dati.
La presenza diffusa ed abbondante di numerosi prodotti estranei, apposti a più riprese sulla superficie pittorica, risultava evidente anche ad una visione autoptica in luce diffusa e radente; le indagini in fluorescenza UV, IR BN, IR falso colore, hanno permesso di evidenziarne la loro distribuzione, che risulta essere molto disomogenea, e di localizzare chiaramente le molte lacune ridipinte e disseminate sulla superficie.
Le indagini invasive hanno avuto come scopo quello di identificare la natura di tali prodotti al fine di orientare la metodologia di pulitura.
La quantità e la natura dei prodotti estranei apposti nei restauri pregressi e copiosamente presenti sulla superficie pittorica, contribuiscono non solo ad alterare cromaticamente il colore originale, ma hanno prodotto il degrado progressivo della superficie pittorica, sotto forma di micro-perdite. Numerose sono le fessurazioni della superficie, quelle di maggiore entità attraversano la superficie dipinta obliquamente; attorno ad esse si sono verificati fenomeni di sollevamento e numerose micro-cadute di colore. Alcune di queste mancanze si sono verificate sia a livello di pellicola pittorica che di substrato, nello spessore del macco. Alla frantumazione della superficie e ai fenomeni di sollevamento dello strato pittorico devono avere contribuito sensibilmente i numerosi viaggi a cui l’opera è stata sottoposta negli ultimi decenni.
Dal punto di vista metodologico e per il grande valore di testimonianza storica, è stato deciso di conservare i materiali dell’intervento Lucarini, facendo emergere l’esigenza di consolidare la struttura lignea che Lucarini creò per contenere l’opera nel 1904 e che da allora la contiene, ma che risulta instabile nel suo complesso e insufficiente a garantire l’ottimale conservazione della pittura, trasportata a massello.
Il progetto diagnostico ha previsto una serie di indagini non invasive e invasive che hanno avuto lo scopo di studiare le caratteristiche sia tecnico/costitutive che conservative dell’opera; ogni indagine era mirata ad indagare aspetti specifici.
Le indagini diagnostiche non invasive effettuate sono state:
Indagini invasive:
Intervento sullo strato pittorico
Considerata la fragilità della superficie dipinta, la natura, la quantità dei prodotti invecchiati ad essa sovrammessi, nonché la disomogeneità della loro distribuzione, causata dalla irregolarità della superficie e dalla disomogenea e occasionale loro applicazione, gli obbiettivi dell’intervento conservativo sono stati quelli di rimuovere la maggior quantità possibile dei materiale estranei senza arrivare al colore originale. I materiali estranei apposti in precedenti interventi di restauro sono: polivinilacetato, altre resine acriliche, paraffina.
Le stuccature e i ritocchi riconducibili, invece, all’intervento Lucarini, saranno mantenuti mentre verranno rimossi quelli alterati e/o incoerenti con la raffigurazione o per lo stato di conservazione dell’opera.
Lo strato di colore sollevato e la pietra, laddove disgregata, verranno consolidati con prodotti inorganici a matrice carbonatica, come le dispersioni idroalcoliche di nanocalci.
L’intervento di consolidamento sulla struttura realizzata da Lucarini nel 1904
La progettazione dell’intervento conservativo ha previsto l’analisi strutturale della struttura lignea, effettuata da un Ingegnere, utilizzando i dati ottenuti dalle indagini non invasive come il rilievo 3D, il Georadar e le indagini soniche.
L’intervento di consolidamento strutturale, ha come scopo principale quello di preservare l’equilibrio che si è creato fra le componenti dell’opera, compresa la struttura lignea del 1904, considerati il peso attuale (711kg) e le dimensioni dell’opera.
Per questo intervento di consolidamento strutturale sono richiesti requisiti particolari come quello di non gravare con il proprio peso sulla struttura esistente e di garantire la permanenza delle prestazioni nel tempo.
Considerata la struttura nel suo insieme, lo studio e la ricerca sperimentale della tesi si sono focalizzati sulla progettazione di un sistema di rinforzo con materiali compositi fibrorinforzati, a matrice polimerica; vista la necessità di un applicazione specifica, che richiede un ottimizzazione del peso, viene consigliato l’utilizzo di tessuti ottenuti direttamente dalla tessitura dei fili di carbonio, caratterizzati da maggiore leggerezza e compattezza (CNR-DT 200/2004), rispetto ai laminati fibrorinforzati.
Per le ragioni prima descritte, la scelta del materiale da sperimentare è ricaduta sul tessuto unidirezionali in fibra di carbonio (le fibre sono tutte orientate nella direzione della lunghezza e tenute insieme da una trama leggera di tipo non strutturale); l’incollaggio viene effettuato in situ tramite l’utilizzo di resine epossidiche bicomponenti.
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