“Per lo Duomo [di Mirandola] ritrasse in un [sic] Altare la Duchessa adorante Nostra Signora”. Con queste poche parole Claudio Ridolfi fissò, nelle sue Maraviglie dell’arte date alle stampe a Venezia nel 1648, la prima memoria dell’Immacolata con i santi Geminiano e Ubaldo con il ritratto della duchessa Laura d’Este Pico che il veneziano Sante Peranda, ormai di stanza da qualche anno in Emilia, dipinse nel 1612 per volere di Alessandro I Pico, duca di Mirandola e marchese di Concordia (1566-1637), suo convinto estimatore.
La pala è da intendersi come un ex voto di Alessandro I Pico per la guarigione della moglie Laura d’Este (1590-1630), afflitta da una malattia di origine nervosa.
La pala rimase nel duomo di Mirandola fino al 1811, quando fu venduta dal Demanio italiano alla parrocchiale di San Possidonio, dove subì i gravi danni provocati dal sisma che colpì duramente l’Emilia nel maggio 2012 e che ha reso necessario il ricovero presso il Centro di Raccolta di Palazzo Ducale di Sassuolo e il successivo intervento di restauro a cui è stata sottoposta presso i Laboratori di Restauro della Fortezza da Basso di Firenze, restauro terminato ad aprile 2019.
Momentaneamente l’opera è esposta all’interno del museo diocesano di Carpi, in quanto la chiesa non è agibile a seguito dei danni subiti dal sisma.
Il dipinto è un olio su tela di lino con armatura diagonale, di cm 322 x 216 x 3.8 realizzata con tre teli in origine cuciti tra loro.
L’imprimitura della tela è prevalentemente di colore bruno con differente intensità a seconda delle campiture di colore soprastanti. Dalle lacune sono emerse informazioni circa le diverse basi cromatiche sottostanti la cromia finale: alcune sono in linea con la stesura finale, altre lasciano pensare ad una possibile diversa impostazione cromatica e forse formale modificata successivamente.
La pellicola pittorica presenta pennellate a corpo principalmente in corrispondenza dei massimi chiari. La tavolozza ha una vasta gamma cromatica ed è incentrata sui toni: del blu, del rosso, del verde, del giallo, del bianco e del nero.
A seguito del crollo del tetto della chiesa di San Possidonio (MO), per effetto delle scosse sismiche del 20 e 29 maggio 2012, il dipinto è stato gravemente danneggiato dall’impatto con le macerie che hanno causato una serie di danni diffusi e articolati alla superficie pittorica e al supporto tessile, oltre al dissesto della struttura lignea del telaio di tensionamento.
Un evento del genere rappresenta un caso limite dal punto di vista conservativo, oltre al normale degrado, dovuto al tempo vita e ai consistenti interventi passati di restauro, l’opera ha, infatti, subito innumerevoli danni strutturali che hanno provocato interruzioni nella continuità del filato del supporto originale, oltre che in quello della doppia tela utilizzata per la foderatura. Questo tipo di danno, dovuto ad un’azione meccanica, ha dato origine dapprima all’allungamento del filato, fino al punto di rottura dello stesso, e quindi, a strappi e lembi allungati e deformati, causando la perdita degli strati pittorici e della preparazione.
Sulla pellicola pittorica si riscontravano mancanze e difetti di adesione coincidenti con quelli degli strati preparatori, soprattutto in corrispondenza delle lacerazioni della tela, ma anche sul resto della superficie, dove sono stati individuati numerosi ritocchi e rifacimenti pittorici riferibili a interventi di restauro pregressi e risalenti ad epoche diverse.
I detriti avevano inoltre lasciato segni più o meno profondi sulla superficie pittorica causando solchi e abrasioni.
Si riscontrava una forte disomogeneità superficiale, evidente sia in visibile che in fluorescenza UV, non solo per quanto riguarda i materiali estranei al dipinto, ma anche per la diversa stratigrafia di verniciature ingiallite e disomogeneamente rimosse e riapplicate nei numerosi precedenti restauri.
Infine sull’intera superficie del fronte e del retro l’opera presentava detriti incoerenti e sul telaio vi erano macchie diffuse di umidità e sporco.
L’opera è stata sottoposta a precedenti restauri, la cui documentazione è molto limitata; siamo a conoscenza di due schede, non datate e molto sintetiche.
Come si è potuto constatare, questi interventi hanno interessato sia il supporto tessile, con l’intervento di foderatura, sia la superficie pittorica che risultava altamente ritoccata; inoltre molte delle stuccature, ampiamente debordanti sul colore originale, nascondevano tagli e lacerazioni della tela di notevoli dimensioni, a testimonianza di un precedente forte trauma subito dall’opera in passato.
Imputabile all’intervento di restauro che ha previsto la foderatura, è la rimozione del telaio originale e l’inserimento del nuovo telaio ligneo ad espansione bidirezionale, con due traverse orizzontali e una verticale. Inoltre tale telaio presentava già un intervento di rinforzo in corrispondenza delle traverse.
A seguito del ricovero presso il Palazzo Ducale a Sassuolo l’opera è stata sottoposta agli interventi di messa in sicurezza atti a evitare e/o contenere temporaneamente il progredire del degrado.
Come inizio procedurale, l’opera è stata fotografata e sottoposta al controllo dello stato di conservazione con la registrazione dei dati sulla ‘scheda di pronto intervento (scheda compilata con le informazioni di identificazione anagrafica del bene, dello stato di conservazione e con le indicazioni sugli interventi effettuati o da effettuare secondo il grado di urgenza, la loro tipologia e i materiali utilizzati).
Successivamente, come prima operazione, sono stati rimossi i depositi incoerenti, per poi procedere con la messa in sicurezza degli strati pittorici mediante una pre-fermatura localizzata in corrispondenza delle lacerazioni della tela e laddove l’urto con i detriti aveva provocato il distacco degli strati pittorici.
Per la tenuta dei lembi della tela originale lacerata, si è optato per l’applicazione di ‘ponticelli’ ponendoli a ponte tra i bordi delle lesioni, con la finalità di un collegamento strutturale provvisorio per evitare ulteriori deformazioni della tela.
Infine il telaio, non più pienamente adeguato, perché fratturato in più punti, è stato ripristinato nelle sue funzioni temporanee con la sostituzione del regolo di sostegno, avvitato già in precedenza alla zona lacunosa della traversa, con un regolo di maggior spessore e tenuta.
Alla fine del lavoro di pronto intervento l’Opificio si è reso dunque disponibile per compiere all’interno del proprio Laboratorio l’intervento di restauro, a completamento di quanto già impostato con le fasi di messa in sicurezza.
Le operazioni di pulitura hanno preso avvio dopo la fermatura della superficie pittorica, affiancando alcune fasi riguardanti il recupero del riassetto planare e la stabilità strutturale della tela.
Si è proceduto con la rimozione delle numerose e debordanti ridipinture e stuccature. L’assottigliamento delle stuccature più resistenti è avvenuto prevalentemente in modo meccanico, previo uso di un apposito gel basico.
La rimozione graduale delle diverse verniciature è stata effettuata dopo una serie di test con solventi organici che hanno prodotto risultati differenti a seconda della compresenza sulla superficie di materiali di restauro; si sono così alternate diverse miscele di solventi.
L’intervento strutturale ha previsto una fermatura preliminare per assicurare un’idonea adesione a tutti quei micro sollevamenti degli strati preparatori e pittorici. Contestualmente si sono potuti eliminare i ‘ponticelli’ di carta giapponese apposti durante le prime fasi di messa in sicurezza. Successivamente mediante l’azione combinata di umidità, calore, tensione e pressione si sono potuti riportare in posizione planare, tutti i lembi di tela degli strappi e degli squarci.
Per ogni singolo danno strutturale è stato studiato il modo migliore che consentisse di riportarlo in posizione. Successivamente si è effettuata una velinatura generale dell’intera superficie dipinta per poi procedere con l’asportazione graduale delle due tele di rifodero. In seguito anche i residui di colla pasta sono stati rimossi meccanicamente, talvolta con l’ausilio di un gel con azione rigonfiante. Eliminando le due tele di rifodero si è potuto ottimizzare l’operazione di ripristino della planarità della superficie, agendo sempre da tergo, in modo localizzato.
Successivamente sono state svelinate le zone in corrispondenza dei danni per poter integrare le innumerevoli mancanze tramite l’inserimento di innesti in tela ‘saldati’ direttamente dal fronte; ciò è stato possibile anche grazie al fatto che, spesso, in prossimità dei bordi degli strappi e delle mancanze, gli stati pittorici erano totalmente assenti. L’intervento di risarcimento strutturale è proceduto sul retro in corrispondenza di quelle che costituivano le cuciture delle pezze, tagliate nel precedente intervento. Successivamente su tutti i danni strutturali sono stati fatti aderire ulteriori rinforzi in tessuto poliestere.
Solamente dopo avere ridato integrità e continuità strutturale al supporto in tela è stata effettuata la fermatura del colore con adesivo sintetico mediante un sistema sottovuoto.
Per i gravi danni strutturali, a seguito di attente considerazioni sugli innumerevoli aspetti conservativi, si è presa la decisione di applicare un ulteriore sostegno; una foderatura che però avesse delle caratteristiche di leggerezza, impiego minimo di adesivo e dalla facile reversibilità. Per la tela si è scelto un tessuto in fibra di poliestere e come adesivo un adesivo sintetico termoplastico.
L’opera è stata in seguito montata su un telaio definitivo registrabile mediante espansione angolare; dopo essere stata ancorata sulla struttura di sostegno è stato possibile procedere con le operazioni di stuccatura a base di gesso e colla, effettuando il ricollegamento materico superficiale che ha permesso di ricreare dettagliatamente la morfologia irregolare della superficie.
Dopo aver applicato una verniciatura a pennello, si è proseguito con l’integrazione pittorica a selezione cromatica con appositi colori a vernice per il restauro.
Per concludere è stata effettuata la verniciatura finale a spruzzo.
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