
Il pezzo è stato restaurato nei Laboratori della Fortezza da Basso dopo la chiusura della mostra senese dedicata ad Ambrogio Lorenzetti tenutasi da ottobre 2017 ad aprile 2018. In un primo tempo si trattava di uniformare la stuccatura perimetrale a quelle dell’altro frammento senese già passato nei nostri laboratori e poi l’intervento ha previsto anche la revisione della pulitura e il ritocco.
Il frammento apparteneva al ciclo pittorico della sala capitolare del convento francescano di Siena, non proviene però da una scena bensì da una cornice, come dimostra la sagoma di forma quadrata polilobata in cui è inserita la figura, ed è quindi il risultato del recupero delle parti più preziose delle incorniciature degli episodi, per il resto lasciate in loco, o distrutte, dai muratori nell’intervento del 1855. Dopo lo stacco la pittura fu ridotta nella forma di un quadro mobile dotato di cornice dorata e di passe-partout onde nascondere la lacune esterna alla figura.
Il pittore lavora utilizzando la tecnica dell’affresco, perlomeno negli incarnati e nei contorni della cornice, mentre per quanto riguarda il manto della Santa sicuramente era ricorso ad un legante per stendere l’azzurrite, rintracciata al microscopio e con l’esame XRF; il fondo del riquadro era invece dorato come l’aureola, come prova la presenza di incisioni lungo i bordi. Non si sono conservate purtroppo tracce di lamina dorata.
La storia di questo piccolo frammento è diversa da quella delle Clarisse (vedi scheda frammento Ambrogio Lorenzetti) con il quale probabilmente condivide la stessa ubicazione originaria e lo stesso momento storico di recupero, ovvero durante i lavori di risistemazione della sala del capitolo del convento francescano nel XIX secolo. Il pezzo giunge in Galleria per vie diverse ed è arrivato a noi con un supporto moderno a differenza dell’altro frammento; la scheda di restauro allegata segnalava nel 2013 un intervento di sostituzione del precedente supporto, costituito da una mattonella in terracotta poggiante a sua volta su una lastra di ardesia, il tutto stuccato con cemento Portland. L’utilizzo di questa tipologia di sostegno pesante e rigida, aveva fatto sì che le fratture prodottesi nel cemento si ripercuotessero sulla superficie del frammento, facendo decidere per lo smantellamento del cemento e la sostituzione con un nuovo supporto rigido a nido d’ape e quindi più leggero.
Dal punto di vista dello stato di conservazione non era presente alcun difetto di adesione dell’intonaco al supporto; sulla superficie erano evidenti molte zone caratterizzate da patine biancastre, segno forse dell’alterazione di un vecchio fissativo non ancora rimosso fino a quel momento; qualche residuo di scialbo e piccoli frammenti di cemento dalla stuccatura del vecchio supporto lungo il bordo inferiore.
L’analisi FTIR di un unico prelievo selettivo preso dal fondo a sinistra della figura ha individuato un materiale proteico sopra la superfice, forse uovo intero insieme a ossalato di calcio, gesso e, sia pure con molti più dubbi, anche la cera.
Sono state eseguite diverse analisi, innanzitutto per documentare lo stato di fatto, mediante riprese fotografiche in alta definizione in luce diffusa, radente e della fluorescenza UV; il rilievo 3D per documentare lo stato dell’intonaco frantumato e non planare; un prelievo per comprendere le sostanze sopra la superfice e quindi l’XRF per caratterizzare gli elementi contenuti nei pigmenti.
Lo scopo dell’intervento, originariamente mirato a dotare entrambe le opere andate in mostra a Siena (questo e il frammento di Ambrogio) di una presentazione estetica omogenea fra loro, ovvero una simile stuccatura perimetrale, dopo l’esame autoptico, si mutava invece in un riordino della pulitura dell’intervento precedente e al completamento della rimozione delle tracce di scialbo.
Dopo una serie di prove comparative il metodo più efficace si è rivelato l’utilizzo di Laponite® RD al 2% addizionata ad una soluzione di acqua deionizzata e Tween20 al 1-2%, stesa a spatola sopra un foglio di carta giapponese per facilitarne la rimozione dopo ca. 30m minuti di contatto. Alla fine di ogni porzione di pulitura abbiamo applicato un sottile impacco assorbente costituito da pasta cellulosica e sepiolite per rimuovere i possibili residui alcalini della Laponite e le sostanze solubili eventualmente essudate; un ultimo impacco assorbente ha interessato tutta intera la superficie. I pochi resti di scialbo e cemento sono stati asportati con l’azione meccanica del bisturi.
La stuccatura perimetrale moderna e realizzata con materiale sintetico, è stata asportata per un certo spessore in modo da lasciare lo spazio per la nuova stuccatura fatta con lo stesso impasto del primo frammento restaurato (Ambrogio L.) e anche in questo caso mantenuta ad una minima quota sotto-livello per rimarcare la natura di frammento del pezzo. All’interno della figurazione le stuccature sono state invece eseguite a livello con un impasto di calce e sabbia; la ricostruzione delle forme, laddove possibile, è stata proposta con la tecnica della selezione cromatica fiorentina, mediante colori ad acquerello; le abrasioni attenuate invece con velature intonate.
Cecilia Frosinini, Caroline Campbell, Maria Rosa Lanfranchi, Il restauro di due frammenti di pittura murale di Ambrogio e Pietro Lorenzetti della National Gallery di Londra, in OPD Restauro 30, 2018, pp. 101-114.
Sezione successiva