L’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, in accordo con la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Fiorentino – Direzione della Galleria Palatina, ha avviato, dal 1996, il progetto di restauro delle pitture murali e degli stucchi di Pietro da Cortona che decorano le volte di cinque sale nella Galleria Palatina.
La campagna di restauro e di studio è iniziata dalla sala di Giove (1996) e in seguito ha interessato la sala di Saturno (2000-2001) e la sala di Marte (conclusasi nel 2009).
Nel 1641 Ferdinando II affidò a Pietro da Cortona la decorazione dell’appartamento d’inverno dei Granduchi, che fu chiamato “dei pianeti” in seguito al tema decorativo: ciascuna delle cinque stanze è dedicata ad un pianeta, Venere, Apollo, Marte, Giove e Saturno, in ricordo anche della dedicazione delle “stelle medicee” a Cosimo II da parte di Galileo dopo la loro scoperta nel 1610. La decorazione delle sale dei pianeti cominciò dalla sala di Venere e proseguì con quella di Giove e di Marte. La sala di Apollo fu iniziata da Pietro da Cortona e completata dopo oltre un decennio da Ciro Ferri che eseguì anche l’ultima sala, quella di Saturno (1663-1665). Tutto il ciclo decorativo è caratterizzato da un impianto grandioso e da una nuova concezione dello spazio illusionistico, realizzato pittoricamente con la veduta del sotto in su. La raffinata decorazione in stucco, in cui le figure sono quasi sempre realizzate a tutto tondo, qui, per la prima volta, ha lo stesso peso e importanza della pittura. Il progetto complessivo e unitario di Pietro da Cortona riesce a produrre l’effetto di magnificenza, desiderato dalla committenza, grazie alla ricchezza dell’impianto decorativo e alla diffusa presenza di stucchi dorati. Il programma iconografico voleva celebrare le virtù, gli effetti del Buon Governo e la gloria della dinastia medicea. Il Granduca Ferdinando II, viene presentato qui come “principe ideale” e associato alla figura e all’esempio di Ercole; seguendo le varie fasi della vita, dall’adolescenza fino alla maturità, il ciclo decorativo dimostra come, con l’apprendimento e l’esercizio costante delle virtù, la figura del principe acquisti sempre maggior credito presso gli dei fino al punto di essere assunta nell’empireo a conclusione della propria esistenza terrena.
I dati diagnostici acquisiti dalle precedenti campagne di restauro nelle altre Sale dei Pianeti sono serviti da base per l’esecuzione dell’intervento nella sala di Marte, dove inizialmente si è focalizzata l’attenzione sullo studio delle tecniche esecutive e dei fattori di degrado. Sappiamo, infatti, che Pietro da Cortona lavorava con un’equipe di pittori e stuccatori (“fatti venire di Roma”) che si alternavano tra loro in modo da garantire la buona esecuzione di ciascuna fase dei lavori fino al completamento dell’intera decorazione con la doratura finale. La tecnica pittorica messa a punto dall’artista si svincola dall’osservanza dei canoni fiorentini dell’affresco nell’intento di garantirsi una grande libertà esecutiva. Il dinamismo cortonesco è ottenuto soprattutto tramite la vibrazione della materia pittorica con la tecnica del “bianco di calce”. Il bianco di calce gli permetteva, infatti, di realizzare consistenti e coprenti impasti di colore che potevano essere applicati in pennellate sovrapposte, senza essere vincolato ai tempi di asciugatura dell’intonaco il che gli garantiva grande libertà esecutiva. Tramite questa tecnica pittorica, che utilizza un legante di colore bianco, egli ottenne una pittura dai toni chiari e luminosissimi.
Le pitture e le decorazioni in stucco furono in gran parte ridipinte in due interventi precedenti avvenuti in data imprecisata. La ridipintura più recente fu in parte motivata dai danni prodotti dalle infiltrazioni di acqua piovana dalle coperture e in parte dalle mutate esigenze estetiche del XIX° secolo, il che comportò una generale revisione cromatica verso tonalità più scure e meno brillanti, con modifiche di tipo compositivo ed iconografico. Lo stile e le caratteristiche di questa “revisione” pittorica fanno supporre che sia stata eseguita non tanto da restauratori ma da veri e propri pittori, di cui però non è stata rivenuta alcuna documentazione.
L’intervento di restauro del nostro Istituto ha interessato, sia il recupero della cromia originale del ciclo decorativo, sulla base dei risultati emersi dalla campagna diagnostica, sia il risanamento della stabilità degli intonaci e della pellicola pittorica.
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