Leonardo da Vinci, Adorazione dei Magi, 1481-1482, Le Gallerie degli Uffizi, Firenze

  • : Intervento di restauro
  • Stato attività: concluso

Dati

Informazioni sull’attività

Informazioni sull’opera

Informazioni storico-descrittive

La tavola fu commissionata a Leonardo nel 1481 dai canonici regolari di Sant’Agostino per l’altar maggiore della chiesa di San Donato a Scopeto, che si trovava su una piccola collina fuori Porta Romana a Firenze. Il dipinto fu interrotto per la partenza di Leonardo verso Milano, partenza che lasciò comunque il grande dipinto incompiuto.

Tecnica esecutiva

Il supporto ligneo dell’Adorazione misura attualmente 244 cm in larghezza e 240 in altezza. Il tavolato è in pioppo ed ha uno spessore medio di 4 cm. Il tavolato è composto da 10 assi di varie misure accostate ed incollate a spigoli vivi, con colla di caseina, senza elementi interni di collegamento.
Di seguito, sulle testate in alto e basso, sono state applicate farfalle in legno come rinforzo, lungo le linee di commettitura e su fenditure già evidentemente presenti sin dall’inizio.
Al tavolato fu applicato un particolare sistema di traversatura che ha subito, nel corso del tempo, evidenti modifiche. Sulla base di quelle che sono le tecniche tradizionali di costruzione dei supporti in ambito fiorentino, si può infatti supporre che per le dimensioni dell’opera e per la distribuzione consueta delle traverse, queste fossero in origine quattro, due disposte lungo il bordo superiore e lungo quello inferiore del tavolato; e due centrali. Attualmente ne sono presenti solo tre, la superiore e le due centrali; manca quella inferiore, della quale non si rilevano nemmeno tracce radiografiche relative al sistema di inchiodatura e che quindi, si presuppone, fosse interamente contenuta nella porzione di tavolato resecata.
Misurando la distanza tra le traverse centrali (plausibilmente poste originariamente in modo equidistante dai margini alto e basso del tavolato) e i bordi attuali, notiamo che quello in basso attualmente è ad una distanza dalla traversa inferiore di circa 7/8 cm rispetto allo spazio che avrebbe potuto essere originariamente, se calcolato come uguale a quello che separa tra loro le due traverse della zona superiore. Questo dato, unito all’anomalia, secondo le tradizioni costruttive, data dalla mancanza di una traversa in basso, ci fa supporre che la parte inferiore del dipinto sia stata segata di circa 8 cm asportando così anche la traversa inferiore ivi applicata.

Nella costruzione degli strati pittorici non si trova alcuna tela, né come incamottatura né come protezione parziale delle aree di giunzione delle tavole. Si segnala come la preparazione a gesso e colla abbia la presenza di fibre, in parte stese sul legno e parte, più corte e fini, disperse all’interno del gesso. La considerazione importante da fare in proposito è che un espediente come questo non è una invenzione appartenente al pittore, ma una pratica di lavoro, probabilmente frutto di importazione da altre aree geografiche. Da un punto di vista tecnico la riuscita di questa preparazione come strato di ammortizzamento rispetto ai movimenti del legno è stata eccezionale e ad essa si deve il fatto che, nonostante le forti tensioni causate al supporto dalla traversatura, la pellicola pittorica ha risentito in minima parte dei danni di una certa entità.
Lo stato di non finito del dipinto permette ancora di vedere molte delle fasi di costruzione pittorica utilizzate da Leonardo in corso d’opera, in particolare quelle sotto imprimitura e quelle, più finite e quasi pittoriche, realizzate sopra l’imprimitura.
Di fondamentale importanza è stata la possibilità di ripercorrere le fasi operative di Leonardo sin dall’inizio della lavorazione, dallo strato bianco della preparazione su cui l’artista dové cercare e disporre i punti di riferimento necessari per poi creare l’impianto geometrico intero, per passare poi alla definizione di numerosi particolari e alla loro obliterazione di alcuni di essi nella fase pittorica.
Come fase di studio finalizzati alla realizzazione di questo dipinto, la critica ha da sempre associato due disegni di progetto su carta; quello del Louvre, eseguito a mano libera, dove l’artista studia la composizione quasi come uno schizzo; l’altro, agli Uffizi, dove Leonardo studia meticolosamente l’impianto prospettico delle rovine che poi saranno ricreate sul dipinto. E’ interessante notare come, nonostante fosse stato condotto uno studio preliminare di grande accuratezza e già preliminarmente a questo l’artista avesse schizzato un progetto generale della composizione, dalla riflettografia e dallo studio del dipinto si evince che, arrivato davanti alla tavola, Leonardo costruisce ex novo l’impianto prospettico direttamente sul piano definitivo della preparazione, senza timore di lasciarvi segni di una certa invasività.
Fra i molti temi che emergono dalla lettura dell’underdrawing in relazione alla costruzione della scena, principale è quello della impostazione dell’assetto spaziale, condotto con somma meticolosità prospettica e costruttiva. La riflettografia mostra chiaramente inoltre delle linee oblique che si diramano da un punto marcato da un foro. Si tratta del punto di fuga collocato in corrispondenza dell’albero centrale che affonda le radici nella balza di terreno su cui si staglia la Vergine. Da questo centro si diramano tutte le linee prospettiche tracciate per la costruzione dell’edificio in rovina. Appare evidente inoltre l’intenzionalità di Leonardo di creare un focus in questa parte del dipinto, pieno di significati iconografici e naturalistici, con chiari riferimenti all’albero di Jesse da cui discende la genealogia della Vergine e del Bambino.
Tutte le linee di costruzione prospettica delle rovine sono “guidate”, ovvero tirate con l’ausilio di una riga, e tracciate con un mezzo secco a punta sottile.
Una volta completata la scena in alto, Leonardo ha iniziato a disegnare a mano libera con un mezzo grafico a secco e in seguito raffermò il segno grafico con tratti a pennello intrisi in una acquerellatura nera, che già apporta le prime modifiche rispetto al progetto originario. Seguirono poi delle ombreggiature cromatiche.
A questa fase disegnativa e di prima indicazione delle luci e delle ombre, segue la applicazione di una sottile e semitrasparente imprimitura, non omogeneamente stesa su tutto il supporto, fatta di bianco di piombo disciolto in un legante, che ha lo scopo di fissare, per così dire, il disegno sottostante. Successivamente vengono stese pennellate, intense e marcate, di colore monocromo, che costituiscono la base delle successive velature pittoriche, irregolarmente presenti in maniera quasi impercettibile. Dalle indagini effettuate emerge una grande complessità, maggiore di quanto sarebbe possibile immaginare, almeno da un punto di vista della costruzione dell’immagine. È piuttosto frequente riscontrare, infatti, come Leonardo direttamente sul bianco della preparazione della tavola ricerchi la posizione delle figure disegnando le stesse in più atteggiamenti; oppure come abbia decisi cambiamenti d’idea quando, sopra l’imprimitura, passa a dare le prime stesure di colore realizzando cose diverse da quelle fino a quel momento previste.
Sempre grazie alla nuova riflettografia Multi-NIR, è possibile leggere ancora più in dettaglio gli innumerevoli particolari che affollano la scena. La Vergine seduta poggia i piedi su una roccia che si affaccia su una sorta di pozzo o burrone, del quale non è difficile vedere l’accenno di presenza di acqua. E poi ancora la quantità di volti in profilo sulla parte destra del dipinto che si affollano e si sovrappongono l’uno all’altro, o la quantità di dettaglio delle figure arrampicate sul grande tempio, in parte diruto e in parte in costruzione, rimaste al livello dell’impostazione grafica.
La parte di disegno e di impostazione di ombre e luci fin qui descritta è quella che Leonardo ha realizzato direttamente sul gesso della preparazione. Sulla imprimitura Leonardo iniziò la fase pittorica vera e propria, modellata e modulata con aggiunta di tonalità più calde, a seconda della funzionalità, a definire rilievi, aree e figure. In alcuni punti di massimo chiaro Leonardo iniziò anche a dare alcune pennellate di bianco, per poi interrompersi definitivamente per le vicende che lo portarono a Milano.

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