La tavola fu commissionata a Leonardo nel 1481 dai canonici regolari di Sant’Agostino per l’altar maggiore della chiesa di San Donato a Scopeto, che si trovava su una piccola collina fuori Porta Romana a Firenze. Il dipinto fu interrotto per la partenza di Leonardo verso Milano, partenza che lasciò comunque il grande dipinto incompiuto.
Il supporto ligneo dell’Adorazione misura attualmente 244 cm in larghezza e 240 in altezza. Il tavolato è in pioppo ed ha uno spessore medio di 4 cm. Il tavolato è composto da 10 assi di varie misure accostate ed incollate a spigoli vivi, con colla di caseina, senza elementi interni di collegamento.
Di seguito, sulle testate in alto e basso, sono state applicate farfalle in legno come rinforzo, lungo le linee di commettitura e su fenditure già evidentemente presenti sin dall’inizio.
Al tavolato fu applicato un particolare sistema di traversatura che ha subito, nel corso del tempo, evidenti modifiche. Sulla base di quelle che sono le tecniche tradizionali di costruzione dei supporti in ambito fiorentino, si può infatti supporre che per le dimensioni dell’opera e per la distribuzione consueta delle traverse, queste fossero in origine quattro, due disposte lungo il bordo superiore e lungo quello inferiore del tavolato; e due centrali. Attualmente ne sono presenti solo tre, la superiore e le due centrali; manca quella inferiore, della quale non si rilevano nemmeno tracce radiografiche relative al sistema di inchiodatura e che quindi, si presuppone, fosse interamente contenuta nella porzione di tavolato resecata.
Misurando la distanza tra le traverse centrali (plausibilmente poste originariamente in modo equidistante dai margini alto e basso del tavolato) e i bordi attuali, notiamo che quello in basso attualmente è ad una distanza dalla traversa inferiore di circa 7/8 cm rispetto allo spazio che avrebbe potuto essere originariamente, se calcolato come uguale a quello che separa tra loro le due traverse della zona superiore. Questo dato, unito all’anomalia, secondo le tradizioni costruttive, data dalla mancanza di una traversa in basso, ci fa supporre che la parte inferiore del dipinto sia stata segata di circa 8 cm asportando così anche la traversa inferiore ivi applicata.
Nella costruzione degli strati pittorici non si trova alcuna tela, né come incamottatura né come protezione parziale delle aree di giunzione delle tavole. Si segnala come la preparazione a gesso e colla abbia la presenza di fibre, in parte stese sul legno e parte, più corte e fini, disperse all’interno del gesso. La considerazione importante da fare in proposito è che un espediente come questo non è una invenzione appartenente al pittore, ma una pratica di lavoro, probabilmente frutto di importazione da altre aree geografiche. Da un punto di vista tecnico la riuscita di questa preparazione come strato di ammortizzamento rispetto ai movimenti del legno è stata eccezionale e ad essa si deve il fatto che, nonostante le forti tensioni causate al supporto dalla traversatura, la pellicola pittorica ha risentito in minima parte dei danni di una certa entità.
Lo stato di non finito del dipinto permette ancora di vedere molte delle fasi di costruzione pittorica utilizzate da Leonardo in corso d’opera, in particolare quelle sotto imprimitura e quelle, più finite e quasi pittoriche, realizzate sopra l’imprimitura.
Di fondamentale importanza è stata la possibilità di ripercorrere le fasi operative di Leonardo sin dall’inizio della lavorazione, dallo strato bianco della preparazione su cui l’artista dové cercare e disporre i punti di riferimento necessari per poi creare l’impianto geometrico intero, per passare poi alla definizione di numerosi particolari e alla loro obliterazione di alcuni di essi nella fase pittorica.
Come fase di studio finalizzati alla realizzazione di questo dipinto, la critica ha da sempre associato due disegni di progetto su carta; quello del Louvre, eseguito a mano libera, dove l’artista studia la composizione quasi come uno schizzo; l’altro, agli Uffizi, dove Leonardo studia meticolosamente l’impianto prospettico delle rovine che poi saranno ricreate sul dipinto. E’ interessante notare come, nonostante fosse stato condotto uno studio preliminare di grande accuratezza e già preliminarmente a questo l’artista avesse schizzato un progetto generale della composizione, dalla riflettografia e dallo studio del dipinto si evince che, arrivato davanti alla tavola, Leonardo costruisce ex novo l’impianto prospettico direttamente sul piano definitivo della preparazione, senza timore di lasciarvi segni di una certa invasività.
Fra i molti temi che emergono dalla lettura dell’underdrawing in relazione alla costruzione della scena, principale è quello della impostazione dell’assetto spaziale, condotto con somma meticolosità prospettica e costruttiva. La riflettografia mostra chiaramente inoltre delle linee oblique che si diramano da un punto marcato da un foro. Si tratta del punto di fuga collocato in corrispondenza dell’albero centrale che affonda le radici nella balza di terreno su cui si staglia la Vergine. Da questo centro si diramano tutte le linee prospettiche tracciate per la costruzione dell’edificio in rovina. Appare evidente inoltre l’intenzionalità di Leonardo di creare un focus in questa parte del dipinto, pieno di significati iconografici e naturalistici, con chiari riferimenti all’albero di Jesse da cui discende la genealogia della Vergine e del Bambino.
Tutte le linee di costruzione prospettica delle rovine sono “guidate”, ovvero tirate con l’ausilio di una riga, e tracciate con un mezzo secco a punta sottile.
Una volta completata la scena in alto, Leonardo ha iniziato a disegnare a mano libera con un mezzo grafico a secco e in seguito raffermò il segno grafico con tratti a pennello intrisi in una acquerellatura nera, che già apporta le prime modifiche rispetto al progetto originario. Seguirono poi delle ombreggiature cromatiche.
A questa fase disegnativa e di prima indicazione delle luci e delle ombre, segue la applicazione di una sottile e semitrasparente imprimitura, non omogeneamente stesa su tutto il supporto, fatta di bianco di piombo disciolto in un legante, che ha lo scopo di fissare, per così dire, il disegno sottostante. Successivamente vengono stese pennellate, intense e marcate, di colore monocromo, che costituiscono la base delle successive velature pittoriche, irregolarmente presenti in maniera quasi impercettibile. Dalle indagini effettuate emerge una grande complessità, maggiore di quanto sarebbe possibile immaginare, almeno da un punto di vista della costruzione dell’immagine. È piuttosto frequente riscontrare, infatti, come Leonardo direttamente sul bianco della preparazione della tavola ricerchi la posizione delle figure disegnando le stesse in più atteggiamenti; oppure come abbia decisi cambiamenti d’idea quando, sopra l’imprimitura, passa a dare le prime stesure di colore realizzando cose diverse da quelle fino a quel momento previste.
Sempre grazie alla nuova riflettografia Multi-NIR, è possibile leggere ancora più in dettaglio gli innumerevoli particolari che affollano la scena. La Vergine seduta poggia i piedi su una roccia che si affaccia su una sorta di pozzo o burrone, del quale non è difficile vedere l’accenno di presenza di acqua. E poi ancora la quantità di volti in profilo sulla parte destra del dipinto che si affollano e si sovrappongono l’uno all’altro, o la quantità di dettaglio delle figure arrampicate sul grande tempio, in parte diruto e in parte in costruzione, rimaste al livello dell’impostazione grafica.
La parte di disegno e di impostazione di ombre e luci fin qui descritta è quella che Leonardo ha realizzato direttamente sul gesso della preparazione. Sulla imprimitura Leonardo iniziò la fase pittorica vera e propria, modellata e modulata con aggiunta di tonalità più calde, a seconda della funzionalità, a definire rilievi, aree e figure. In alcuni punti di massimo chiaro Leonardo iniziò anche a dare alcune pennellate di bianco, per poi interrompersi definitivamente per le vicende che lo portarono a Milano.
Il supporto
Attualmente si può rilevare che lo stato di conservazione del supporto è determinato dal rapporto di coesistenza tra un tavolato con assi tendenti all’imbarcamento e al restringimento ed un sistema di traversatura piuttosto rigido. Le assi hanno mostrato la tendenza alla deformazione ed hanno trovato una forte opposizione nelle traverse. Il tavolato pertanto si è sconnesso in cinque parti con profonde linee di separazione tra le assi. Ognuna di esse si è imbarcata ed infossata in corrispondenza delle giunzioni. L’incurvamento ha provocato l’apertura di quattro commettiture creando uno spazio tra le assi a sezione triangolare, sebbene assai stretto, tendente a chiudersi verso gli strati preparatori e pittorici ed aperto verso il retro. Contemporaneamente, tale deformazione si è ripercossa sulla superficie anteriore, in corrispondenza delle quattro commettiture, causando un ritiro da compressione che ha provocato contrazione e sollevamento con andamento a cresta della superficie pittorica. L’entità del fenomeno è assai importante. Si può rilevare che le aperture sul retro abbiano una larghezza che varia da 2 a 3,5 mm ed una profondità media di quasi 3 cm. Questo ci indica come le assi siano profondamente separate e la tenuta degli incollaggi originali sia attualmente molto debole.
Lo stato di conservazione del dipinto
Per quanto riguarda lo stato di conservazione del dipinto, ad una attenta osservazione, si possono notare alcune situazioni di degrado correlate alla tecnica di esecuzione ed ai precedenti interventi di restauro.
Sulla superficie pittorica, in corrispondenza di alcune commettiture delle tavole, sono visibili sollevamenti della preparazione e del colore dovuti ai movimenti del supporto.
La crettatura del colore segue un andamento orizzontale, molto probabilmente a causa della presenza dei filamenti che sono stati applicati su tutto il tavolato, prima della stesura della preparazione a gesso e colla.
In alcune zone limitate, la crettatura ha dato luogo a sollevamenti del film pittorico con relative piccole cadute di colore.
Sulla veste del personaggio a sinistra, in alcune aree, si nota una caratteristica particolare della materia pittorica: il film sembra slittato e, di conseguenza, fra le isole di colore è visibile la preparazione. Tale fenomeno potrebbe essere stato causato dall’uso, da parte di Leonardo, di un eccesso di legante nell’impasto cromatico, piuttosto che da interventi di restauro precedenti.
Al di là di questi problemi di degrado, l’aspetto più evidente dello stato di conservazione è la scarsa leggibilità della composizione, dovuta alla presenza di patinature, vernici ossidate (aggiunte in precedenti interventi di restauro e manutenzione), depositi atmosferici e vecchi ritocchi alterati.
In alcuni casi, ad esempio, si percepiscono in superficie striature di materiale non originale; si tratta di vernici stese a pennello che, essendosi opacizzate, risultano visibili. D’altra parte il dipinto, nei secoli, ha subito numerosi interventi di manutenzione e restauro documentati.
La presenza di vernici diffuse su tutta l’opera è documentata dalle immagini in Fluorescenza UV, che mettono in evidenza, inoltre, la disomogeneità delle stesure. In alcune zone la fluorescenza indica che in passato sono stati eseguiti parziali interventi di pulitura e, per quanto riguarda i ritocchi, ne segnala numerosi eseguiti sopra le vernici
Altri ritocchi alterati sono visibili ad occhio nudo, in alcuni casi eseguiti per attenuare l’effetto biancastro di alcune crettature.
A seguito di queste osservazioni, la presenza di patinature e di stesure di vernici pigmentate fa supporre che ci sia stata una precisa volontà, sottesa ai precedenti interventi, di rendere il dipinto più omogeneo, di attenuare i contrasti: l’Adorazione è un’opera non finita, che presentava disomogeneità e differenze di stesure tipiche di livelli di avanzamento differenziati, che gli interventi successivi hanno voluto trasformare in un dipinto monocromo.
L’intervento di pulitura
La pulitura del dipinto, già auspicata da tempo si era resa necessaria e non più procrastinabile non solo per i livelli di forte opacizzazione dei materiali non originali applicati sulla superficie nel corso dei secoli e che ne rendevano assai limitata la leggibilità, ma, come già detto, anche per gli effetti di contrazione di questi materiali, che già da tempo esercitavano una azione di strappo sugli strati preparatori e pittorici, mettendone a rischio la conservazione. Come detto in precedenza, una delle motivazioni che hanno indotto gli organi della tutela della Galleria degli Uffizi ad avviare la procedura del restauro di quest’opera consisteva nel fatto di ricercare, attraverso la pulitura della superficie pittorica, la possibilità di recuperare dei valori espressivi più consoni al dipinto che risultava invece trasfigurato da quegli interventi che se in passato di volta in volta lo avevano “rinfrescato”con l’andare del tempo lo hanno invece reso illeggibile sottraendolo non solo alla consultazione pubblica ma anche al mondo degli studi.
È comunque importante che si abbia la consapevolezza del fatto che il risultato finale del restauro ci offre adesso la possibilità di apprezzare un’opera, ma che questa è molto diversa da come appariva al momento in cui Leonardo la lasciò interrotta. Questo è il risultato delle alterazioni inevitabili che i materiali hanno sofferto nel tempo.
A restauro ultimato è possibile riconoscere molti dei temi che saranno presenti nelle opere successive di Leonardo: la battaglia dei cavalli anticipa già gli schizzi preparatori per la mai realizzata Battaglia di Anghiari; il radicamento nella roccia delle radici dell’albero previene il cosiddetto “monocromo” della Sala delle Asse; il pozzo o baratro ai piedi della Madonna accompagnerà poi Leonardo nella Vergine delle Rocce e nella Vergine con la Sant’Anna del Louvre; la mano con l’indice alzato che troviamo in due episodi sull’Adorazione sarà il gesto enigmatico del San Giovanni Battista del Louvre.
L’intervento sul supporto
Le assi del supporto, per l’invecchiamento e per le condizioni morfologiche degli anelli di accrescimento, si erano imbarcate entrando fortemente in contrasto con le due traverse centrali tenute da ponticelli metallici. La tensione che scaturiva da tale contrasto teneva sotto tensione i ponticelli stessi che sono fissati al supporto con due coppie di chiodi ripiegati e ribaditi sotto la preparazione. Considerato che il contrasto incontrollato tra le parti era tutt’ora attivo, con compressione sul fronte e estensione sul retro, nel tempo potevano prodursi altre sconnessioni tra le assi e conseguenti fratture sugli strati di preparazione e colore.
Come si evince da tutte queste osservazioni, il fenomeno delle tensioni diverse che sottoponevano a stress i vari elementi della costruzione del tavolato erano gravi e molto forti, tanto da far temere, a buona ragione, che nel tempo avrebbero continuato ad esercitarsi e avrebbero aggravato le problematiche già in atto. Le condizioni di precario equilibrio del dipinto rendevano evidente che si dovesse intervenire sulle traverse per ridurre le tensioni nel supporto ed evitare così altre possibili sconnessioni o fessurazioni. Le traverse centrali, bloccate dai ponticelli, dovevano essere estratte così da ottenere che non ci fossero più sollecitazioni sui chiodi di fissaggio che rischiavano di far uscire le punte dei chiodi sul fronte dell’opera. Per estrarre le traverse si è scelto di effettuare un taglio longitudinale, nel senso dello spessore, per tutta la lunghezza. Nel frattempo il tavolato è stato dotato di un sistema provvisorio di controllo, attraverso una intelaiatura e delle traverse regolabili il cui controllo è stato di volta in volta adeguato al lento incurvarsi delle tavole.
Successivamente si è proceduto al risarcimento delle sconnessioni e delle fessurazioni agendo con una fresa conica con angolo di 6 gradi. Questo insieme di operazioni ha avuto l’effetto previsto: cioè le tensioni si sono scaricate e il supporto nel suo insieme ha assunto una moderata curvatura, compatibile con il naturale imbarcamento da invecchiamento delle assi e che non modifica né disturba la lettura dell’opera dal fronte. Nelle tracce lungo le commettiture, opportunamente pulite, sono stati aggiustati piccoli cunei di pioppo antico incollati con colla polivinilica. Sono state ricostruite alcune parti deteriorate del supporto. Le farfalle sono state estratte dalle sedi, ridotte di due millimetri alle testate, nel senso della lunghezza, per eliminare il contrasto tra di esse e il supporto. Le loro sedi sono state rettificate e integrate nello spessore, in quanto molte si sono rivelate essere imperfette fin dall’origine; le farfalle sono state poi riposizionate all’interno delle loro sedi e fermate con colla vinilica. Gli spazi creatisi a causa della riduzione delle farfalle sono stati chiusi con liste di balsa.
Le due traverse centrali sono state ulteriormente tagliate in senso longitudinale per ricavare una traversa frutto di un assemblaggio di due corpi: uno flessibile, posizionato in aderenza al supporto; cui si appoggia un secondo corpo composto dall’unione di tre liste diverse: una, quella necessaria al taglio per estrazione e le altre due ricavate dall’alleggerimento del corpo unico originale. Le tre liste sono state unite con colla su una base curva di sezione adeguata all’imbarcamento medio del supporto. Le traverse così modificate hanno un buon rapporto tra rigidità ed elasticità. Il collegamento tra esse e il supporto si avvale dei ponticelli originali e di due ancoraggi da noi aggiunti ai lati estremi per controllare il supporto nelle parti di maggiore deformazione per l’imbarcamento.
Inoltre, dato che il lato inferiore del tavolato era privo, a causa della sua resecazione antica, di una traversa, e dato che l’area corrispondente appariva particolarmente debole ed esposta a rischi di degrado, si è scelto di ripristinare un sistema di controllo anche su questo bordo.
Infine i tasselli del bordo superiore sono stati incollocati nelle loro sedi con colla vinilica; le parti mancati sono state integrate con pioppo antico e con piccole liste di balsa, tagliate a misura, per colmare le imperfezioni esistenti dalla resecazione operata in fase di costruzione originale.
Sezione successiva