
Riflettografia IR Multinir effettuata con la collaborazione di Sara Micheli e Mattia Patti (INO-CNR Firenze Gruppo Beni Culturali diretto da Luca Pezzati).
Per la Fluorescenza X si ringraziano Claudio Seccaroni e Pietro Moioli (ENEA Roma).
Spettroscopia di riflettanza con fibre ottiche (FORS) effettuata da Mauro Bacci, Lara Boselli, Marcello Picollo, Bruno Radicati (IFAC-CNR).
Spettrofotometria mid-FTIR in riflettanza e Spettroscopia Raman a fibre ottiche a cura di Brunetto Giovanni Brunetti, Alessia Daveri, Costanza Miliani, Francesca Rosi, Antonio Sgamellotti (CNR-ISTM e SMAArt c/o Dipartimento di Chimica Università di Perugia.
Il dipinto, eseguito intorno al 1536, giunse a Firenze nell’estate del 1631 con i beni dei Della Rovere e per quattro secoli è rimasta quasi ininterrottamente negli appartamenti di Palazzo Pitti.
La Bella faceva parte di una serie di capolavori che Vittoria della Rovere aveva conservato fino al 1694 nella “Camera detta della Cappella” del suo appartamento a Pitti e che lasciò in eredità al figlio Francesco Maria. Dopo la sua morte, il fratello Cosimo III li fece restaurare (fra il 1711 e il 1712) e poi collocare nella Sala dell’Udienza Privata (attuale Sala di Saturno).
In quella occasione furono eseguite su questa e sulle altre opere di provenienza urbinate le operazioni di consolidamento dei supporti, pulitura e verniciatura dal “mesticatore” Giuseppe Mangiacani, mentre il ritocco pittorico fu eseguito da Anton Domenico Gabbiani. È probabile che la tela sia anche stata tirata su un nuovo telaio.
Il supporto del dipinto rispetta i canoni tecnici dell’epoca: si tratta di tela di lino con armatura abbastanza serrata su cui è stesa una sottile preparazione a base di gesso e colla animale e un’imprimitura grigio-bruna a base di biacca, nero di carbone, terre/ocre e carbonato di calcio.
Attraverso la riflettografia multispettrale nel vicino infrarosso sono state riscontrate tracce di un underdrawing che delimita gran parte della scollatura dell’abito, alcune pieghe della manica sinistra, nonché parte del motivo decorativo dei ricami. Il disegno, ottenuto con nero di carbone, materiale che assorbe fortemente la radiazione IR, in alcune zone sembrerebbe eseguito a secco.
Il riflettogramma mostra inoltre quello che potrebbe essere una sorta di abbozzo della composizione eseguito a pennello che delimita alcuni contorni della figura e i bordi in pelliccia dei tagli dell’abito.
I pigmenti utilizzati dal pittore sono quelli tipici dell’epoca: biacca, cinabro, lacca rossa, oltremare, azzurrite, giallo di Pb e Sn, nero di carbone, ocre e terre, che vengono adoperati da Tiziano in modo “libero” e moderno.
Le vicende e gli interventi di restauro subiti nel corso dei secoli hanno lasciato evidenti tracce sull’opera, che presentava una morfologia superficiale molto particolare e differenziata per aree. L’andamento a “scodelline” era accentuato per la presenza di numerose crestine di colore in rilievo, soprattutto sugli incarnati e su ampie zone dell’azzurro della veste. Cordonature verticali, dovute con ogni probabilità a un intervento di rintelatura, si notavano su tutta la superficie dipinta.
Il fondo bruno appariva corrugato, poiché la materia pittorica presentava numerosi slittamenti e microfratture. Ritocchi a velatura e a corpo erano presenti in varie zone: sulla manica sinistra, ad esempio, si rilevava un intervento di integrazione estremamente alterato.
Il colore, anche sotto gli spessi strati di vernice, appariva abraso in alcune zone e l’immagine nel complesso risultava alterata da spesse vernici ingiallite che appiattivano l’insieme, falsando i colori e i rapporti cromatici e rendendo illeggibili molti particolari.
Il dipinto era montato su un telaio ottocentesco, in legno di conifera, non più funzionale. Lo scarso tensionamento della tela non creava particolari problemi di stabilità del colore, in quanto sul retro, oltre a una tela di rifodero, era presente una stesura composta da biacca e olio. Adesivo, tela di rifodero e strato protettivo hanno irrigidito il supporto rendendo la tela non più elastica.
Nel corso del tempo l’opera ha ricevuto molti altri interventi di restauro e manutenzione, oltre al già citato restauro del 1711: nell’ottobre 1776 Giuseppe Magni effettuò sul dipinto, inventariato allora come “Principessa giovine” nell’elenco relativo a quattordici quadri “restaurati e rinfrescati”, una “rinfrescatura” che generalmente consisteva nel passare sull’opera prima acqua, poi olio di papavero per togliere la polvere e lo sporco superficiale, e quindi effettuare ritocchi a olio per nascondere lacune o macchie.
Dopo tale intervento La Bella, in precedenza relegata in una stanza al pianterreno, tornò ad essere esposta nell’appartamento di Pietro da Cortona.
Seguì nel 1799, successivamente all’invasione francese, il trasferimento di questa e di altre opere della Palatina in Francia, dove furono esposte al Louvre. Se durante il trasferimento da Firenze a Parigi dai verbali relativi risulta che La Bella non aveva avuto danni, risentì probabilmente in un momento seguente delle mutate condizioni climatiche e fu per questo sottoposta nel 1804 a un intervento di restauro completo.
Il dipinto venne infatti rintelato da Fouque, il quale dopo la foderatura vi applicò “une couche de couleur derrière” per proteggere la tela dall’umidità.
Il successivo risarcimento della superficie pittorica è cronologicamente collegabile con i lavori fatti nello stesso periodo da Hooghstoel sopra diversi quadri, fra i quali “un portrait de Titien”.
L’intervento francese ebbe esito positivo e, al momento del suo rientro a Firenze nel 1815, La Bella di Tiziano fu ancora una volta definita “in buono stato”.
Il trionfale ritorno delle opere d’arte trafugate durante l’occupazione francese venne celebrato con una mostra all’Accademia di Belle Arti, al termine della quale i dipinti furono portati a Pitti. Prima dell’esposizione Vittorio Sampieri fece un rapido intervento su quasi tutte le opere per poi procedere ad un restauro più accurato, una volta che ne fu stabilita la definitiva collocazione.
In seguito alle operazioni di rinnovamento dell’allestimento della Galleria Palatina intraprese da Antonio Ramirez di Montalvo e andate avanti dal 1828 al 1833, Domenico del Podestà revisionò tutti i dipinti della collezione granducale, ivi compresa La Bella.
Negli anni successivi il dipinto risulta in buono stato conservativo, ma certamente deve aver ricevuto altri interventi di manutenzione, di cui peraltro non vi è documentazione.
Nel 1982 è stata eseguita da Paolo Gori una verniciatura con vernice mastice.
Accertata la stabilità del colore, è stata scartata l’ipotesi di eliminare la vecchia rintelatura, optando piuttosto per un progetto ispirato alla filosofia del minimo intervento. Quindi è stata eseguita una revisione del telaio e successivamente la pulitura, mettendo a punto attraverso i test di solubilità una miscela di solventi idonea, con valore di Fd 71, dispersa in emulsione cerosa.
L’intervento è stato eseguito gradualmente, eliminando gran parte delle spesse vernici presenti sul colore e anche le numerose ridipinture. A seguito di una precedente operazione di pulitura che aveva abraso il colore originale, invece di eseguire un ritocco puntuale sulle zone interessate, fu steso dal restauratore uno spesso strato di vernice caricata con pigmento, a cui si erano aggiunte ulteriori verniciature. Nel tempo questi materiali si sono alterati, anche dal punto di vista morfologico, e la pittura originale, una volta recuperata, è risultata molto abrasa, soprattutto sul fondo, caratterizzata da una crettatura scura, evidente soprattutto sugli incarnati.
Il ritocco è stato eseguito ad acquerello sulle stuccature, mentre sugli incarnati, per attenuare i segni scuri del cretto, è stata adoperata la tempera, più coprente e poco alterabile nel tempo.
La verniciatura è stata eseguita a spruzzo con mastice in essenza di trementina.
Per completare il ritocco pittorico, eseguito in modo estremamente limitato per mantenere la freschezza del colore originario, sono stati impiegati i colori a vernice stesi con il metodo della selezione cromatica. Sul fondo l’intervento è stato attuato per ringranare le diffuse abrasioni.
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