
Il Martirio di San Bartolomeo è oggi conservato alla Galleria Palatina di Firenze. Ne è documentata la presenza a Palazzo Pitti nel 1828; se ne ipotizza quindi un ingresso precedente a tale data. Venne spostato nel 1940 presso la Villa medicea di Poggio a Caiano, per poi tornare nel 1944 a Palazzo Pitti.
La tela è stata a lungo identificata come quella descritta da Giovanni Cinelli nel 1677 in casa Capponi nel quartiere fiorentino di San Frediano. Come notato da alcuni recenti contributi critici, la descrizione di Cinelli sembra riferirsi ad un dipinto di analogo soggetto ma con sviluppo compositivo verticale e quindi non all’opera in esame.
In passato la datazione del dipinto è stata individuata da alcuni studiosi nella fine del secondo decennio del XVII secolo. Secondo altri studiosi (N. Spinosa), sulla base di riferimenti stilistici, l’opera sarebbe invece databile in un periodo che va dal 1626 alla fine alla fine del terzo decennio del XVII secolo. Nel caso in cui la datazione della tela fosse quella proposta da Spinosa, si escluderebbe che all’opera della galleria Palatina possa riferirsi il pagamento di cento ducati versato a Ribera il 13 ottobre 1618 da Vincenzo Vettori, agente mediceo a Napoli.
Il soggetto del dipinto sembra ispirarsi abbastanza fedelmente alla Legenda Aurea di Iacopo da Varazze, secondo la quale Bartolomeo, dopo aver guarito la figlia indemoniata del re armeno Polemio, causò la conversione del sovrano e di tutta la popolazione al cristianesimo, suscitando le ire di Astrage, fratello del re. Astrage, appresa la notizia che la statua dell’idolo Baldach era stata frantumata dalla fede di Bartolomeo che si era rifiutato di adorarla, ordinò che l’apostolo venisse prima percosso e successivamente scorticato vivo. Nell’opera in esame Bartolomeo, sdraiato e denudato dalle vesti, sta per subire il supplizio. Nello stesso momento un personaggio vestito di stracci è intento a legargli le caviglie e il carnefice sulla destra è in attesa di adoperare il coltello che stringe nelle mani con lo sguardo rivolto verso lo spettatore con un atteggiamento simile a quello del satiro del Sileno ebbro di Capodimonte.
Dell’opera sono note varie redazioni, per lo più ritenute copie o prodotti di bottega, tra le quali quelle conservate presso i depositi delle Gallerie Fiorentine, l’Accademia di San Fernando a Madrid, il Musée des Beaux-Arts di Grenoble e il Museo Nacional de arte Antigua di Lisbona, a dimostrazione della fortuna goduta dal dipinto ab antiquo.
Dipinto a olio su tela.
La tela non è osservabile direttamente, vista la presenza di un supporto ausiliario. Tramite indagine radiografica è possibile comunque riconoscere un tessuto ad armatura tela, caratterizzato da bassa densità.
Lo strato preparatorio è una mestica di colore bruno con legante di natura oleosa. Le analisi stratigrafiche hanno evidenziato che tale strato è composto da terre, ocre, poco nero fumo e abbondanti scagliette di vetro. In diversi campioni si nota anche la presenza di rari grani di minio. L’indagine radiografica ha evidenziato una regolare mancanza della preparazione, mediamente di 5 cm, lungo l’intero perimetro del dipinto. Questa situazione, visibile anche a luce radente e riflessa, potrebbe essere attribuita alla fase di rimozione del telaio originale sul quale aveva aderito l’ammannitura migrata attraverso la trama del supporto.
Il film pittorico è costituito da pigmenti in legante di natura oleosa. Le figure sono state eseguite attraverso una sovrapposizione di stesure che, partendo dalle tonalità cromatiche scure, arrivano a quelle più chiare. I punti di massima luce sono stati creati con pennellate molto rapide e corpose. Gli incarnati risultano eseguiti con bianco di piombo, poche ocre, rarissimi grani di lacca rossa e nero fumo. Nelle restanti stesure pittoriche più scure, oltre al nero di zolfo, alle terre e alle ocre, sono stati trovati rari granuli di oltremare e di ematite.
Il dipinto non presentava particolari problemi di conservazione in quanto aveva subito un intervento di restauro in epoca recente. Il supporto si trovava in buono stato e presentava una tela di rifodero probabilmente applicata agli inizi del XX secolo. Il sistema era montato su un telaio più largo rispetto all’originale, forse risalente all’intervento di inizio del XX secolo. La lettura della superficie pittorica appariva alterata ed appiattita da uno strato di vernice ingiallita. Il diffuso offuscamento rendeva praticamente illeggibili molti particolari dei personaggi protagonisti della scena, considerando anche il fatto che la cromia del dipinto è già di per sé molto scura. La documentazione in fluorescenza ultravioletta eseguita sull’opera confermava la presenza dello spesso e disomogeneo strato filmogeno.
Al fine di restituire la leggibilità e un equilibrio cromatico all’opera, si è proceduto alla pulitura del dipinto. Per l’assottigliamento graduale dello strato di vernice sono stati eseguiti i test di solubilità ed è stata individuata la miscela di solventi più appropriata. La maggior difficoltà è stata quella di trovare il giusto rapporto cromatico tra le parti chiare in massima luce, come la figura di San Bartolomeo e il drappo bianco, e le parti scure, come il manigoldo di destra e le figure maschili sullo sfondo.
La pulitura ha evidenziato limitate mancanze di colore e circoscritte ridipinture ad olio, mentre sono apparse le numerose abrasioni localizzate prevalentemente sullo sfondo.
Durante la pulitura e grazie all’indagine multispettrale nel vicino infrarosso è stata scoperta la firma del pittore, appena percepibile, sul basamento su cui è appoggiato San Bartolomeo. La scritta riporta “Joseph de Ribera Setaben” e altri caratteri non più riconoscibili.
Successivamente si è proceduto alla stuccatura a base di gesso e colla. La fase della reintegrazione pittorica è stata eseguita con colori a tempera, scelti perché molto coprenti, applicati col metodo della selezione cromatica.
La prima stesura di vernice, mastice sciolta in essenza di trementina, è stata applicata a pennello. La vernice finale, una resina chetonica in solvente con aggiunta di stabilizzatore per ridurre gli effetti della radiazione UV, è stata applicata a spruzzo.
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