Il Paliotto raffigurante la Trasfigurazione, l’Entrata in Gerusalemme e la Resurrezione di Lazzaro, è ritenuto uno dei più antichi esempi di pittura su tela giunti fino a noi. L’attribuzione all’artista è relativamente recente e la datazione viene fatta risalire intorno al 1270.
Si hanno poche notizie riguardo la sua originaria provenienza. Ciò che si sa è che il Paliotto è giunto presso quella che, all’epoca, era la Galleria del Regio Istituto provinciale di Belle Arti di Siena nel 1894. Precedentemente l’opera si trovava all’interno della Chiesa di Santa Cecilia a Crevole, una chiesetta sperduta nella campagna senese. Purtroppo non abbiamo alcun dato inerente alla storia precedente del dipinto.
Non sappiamo quando e per chi è stato realizzato il Paliotto e non abbiamo nemmeno la certezza che la Pieve di Santa Cecilia sia stata la sua originaria collocazione. Infatti già Enzo Carli nel 1981 aveva avanzato l’ipotesi che la piccola chiesetta di Santa Cecilia, non costituisse l’originaria collocazione.
Il contesto culturale al quale il dipinto appartiene è quello magnificamente illustrato dai dipinti murali venuti alla luce in un antico ambiente posto al di sotto del Duomo senese, soppresso precocemente per consentire l’ampliamento posteriore del Duomo e la realizzazione dell’attuale battistero. Per questo motivo Marco Ciatti, ha azzardato l’ipotesi, sostenuta da Andrea De Marchi, della possibile provenienza del suddetto paliotto da tale ambiente, opzione messa però in discussione dalla incertezza sulla presenza o meno di un altare al quale il paliotto potrebbe essere riferito.
Il dipinto è attualmente conservato presso la Pinacoteca Nazionale di Siena.
Il dipinto è una tempera su tela di cm 187 x 91.
Il supporto è molto sottile e ha una tramatura molto fitta di lino. La tramatura fine e compatta potrebbe essere stata scelta per fornire una superficie liscia e piatta, simile a quella di un supporto ligneo.
Non essendo stata rilevata la presenza di preparazione a gesso, lo strato preparatorio sembra essere unicamente composto da un appretto a colla animale applicato in strato sottile sulla maggior parte della superficie. Ciò è stato confermato sia dall’ analisi in fluorescenza a raggi X, sia da analisi in spettroscopia infrarossa e da cross-sections eseguite su campioni stratigrafici. In certe aree lo strato preparatorio è chiaramente visibile al microscopio ed ha un colore che varia tra il rosso-bruno e il rosso scuro.
In generale è piuttosto difficile collocare la tecnica dello strato preparatorio del paliotto nel contesto della pittura su supporto tessile, dato che sono stati analizzati pochi degli esempi giunti fino a noi. Sebbene la tecnica pittorica e l’aspetto finale siano molto differenti, l’uso della colla senza gesso come strato preparatorio potrebbe essere collegata ai cosiddetti tüchlein, realizzati nei Paesi Bassi dal XV secolo in poi a tempera o gomma vegetale su tela apprettata con colla. In ogni caso, sembra che in origine il paliotto si avvicinasse alla brillantezza della pittura su supporto ligneo.
La riflettografia infrarossa a scansione ad alta risoluzione ha individuato i tratti di un disegno preparatorio schematico che sembra essere stato eseguito con carboncino e un medium liquido applicato a pennello. Inoltre si sono rilevate molte modifiche, in particolare nella città di Gerusalemme sullo sfondo, dimostrando che l’artista ha fatto molti aggiustamenti tra la fase del disegno preparatorio e quella della composizione finale.
Gli sfondi delle tre scene, così come le aureole di Cristo, degli apostoli, dei profeti e di Lazzaro, sono dorati a foglia applicata per mezzo di un mordente oleoso. Tale materiale è di colore rosso-bruno e ha un tono piuttosto simile a quello del colore del bolo rosso solitamente utilizzato nella doratura a guazzo. Il mordente è stato applicato a pennello in due stesure sull’intera superficie destinata alla doratura. Vicino al perimetro del supporto tessile il mordente tende ad essere più sottile, aumentando poi di spessore vicino ai personaggi e alle aureole, dove sono visibili pennellate ben definite. Le analisi in fluorescenza a raggi X mostrano che è stato usato un oro quasi puro.
La tecnica pittorica impiegata è simile a quella dei dipinti su tavola di Guido da Siena e della sua bottega. L’aspetto del dipinto, con pennellate morbidamente tratteggiate, indica che il legante pittorico è presumibilmente tempera a uovo. Gli strati pittorici sono sottili e la texture della fitta tramatura della tela sottostante è piuttosto evidente, anche se la superficie originale doveva essere lucida.
La maggior parte delle informazioni relative alla composizione dei pigmenti è stata ottenuta attraverso l’indagine in fluorescenza a raggi X in associazione a quanto dedotto dalle analisi chimiche. L’incarnato è modellato con varie proporzioni di bianco di piombo e vermiglione su di uno strato di fondo a terra verde e bianco di piombo, al quale in certe zone si aggiunge uno strato giallo. Le ombre sono ottenute lasciando lo strato di fondo scoperto, mentre i principali punti di luce sono dipinti con piccole pennellate sottili. Le ombre principali sono invece definite con sottili linee nere.
In corrispondenza delle vesti delle figure di Cristo, delle due Marie e di Mosè è stato realizzato un modellato cangiante che varia dal viola al blu, dipinto con azzurrite e bianco di piombo e strati sovrapposti di lacca rossa.
Alcune linee, incise direttamente sullo strato pittorico fresco, sono servite come guida per questa variazione di colore.
Le pieghe e i bordi della veste e del manto di Cristo, così come i motivi nei bordi blu verticali, sono definiti per mezzo di decorazioni a foglia d’argento. Il mordente per l’applicazione della foglia d’argento è simile a quello utilizzato per l’oro.
Lo stato di conservazione del paliotto è subito apparso strettamente connesso alle molteplici vicende conservative che si sono stratificate sull’opera.
La presenza di ben tre tele, quella originale e le due di rifodero, creava un sistema rigido e pesante; soprattutto la seconda foderatura presentava ampie aree non del tutto adese alla tela di rifodero intermedia.
Si riscontravano perdite di adesione anche tra la tela originale e quella intermedia, localizzate principalmente lungo il perimetro e in corrispondenza delle lacune e degli strappi.
I fenomeni di degrado della tela originale e di quella intermedia erano quasi totalmente coincidenti; entrambe presentavano in corrispondenza dei bordi estese lacerazioni talvolta rifilate con un taglio netto; inoltre erano evidenti mancanze, tagli e bruciature, concentrati nella zona superiore della scena centrale.
In corrispondenza delle stesure d’azzurrite il supporto originale si presentava quasi completamente lacunoso ed anche lo stato di conservazione della pellicola pittorica sembrava differenziarsi a seconda dei pigmenti impiegati: in presenza del bianco di piombo, lo strato di colore era meglio conservato, i toni intermedi erano quasi scomparsi, mentre tutte le campiture in azzurrite si trovavano in gravi condizioni conservative.
L’intero film pittorico presentava lacune ed abrasioni causando la perdita di numerosi particolari ed anche di intere figure, inoltre si riscontravano opacizzazioni e sbiancamenti causati principalmente dai depositi coerenti ed incoerenti inglobati nella colla presente in superficie.
Molteplici sono stati gli interventi di restauro, tra cui due foderature realizzate in periodi differenti e con metodologie diverse. Risulta però difficile risalire alla datazione dei diversi interventi in quanto si hanno notizie del paliotto solo a partire dal 1862.
La prima foderatura è stata realizzata con un’unica tela di lino ad armatura semplice fatta aderire con colla animale. Probabilmente il degrado della tela originale, soprattutto in corrispondenza delle vesti di Cristo in tutte le scene, ha reso necessaria l’applicazione di questo nuovo supporto già in tempi molto antichi.
La seconda foderatura, sicuramente molto più recente, ha invece visto l’utilizzo di una tela in lino misto canapa piuttosto spessa che risulta sovradimensionata rispetto alla delicata tela di lino originale, anche se già foderata. In questo caso l’incollaggio tra le due tele di rifodero è avvenuto per mezzo di amido applicato in modo disomogeneo. Presumibilmente questo secondo intervento si è reso necessario a causa della lacerazione dei bordi sia della tela originale sia di quella intermedia, nonché di alcuni tagli, spaccature, uno sfondamento e una bruciatura a danno di entrambe le tele. Non sappiamo se questa seconda tela di rifodero sia da collegare all’intervento pittorico databile tra il 1907, anno della pubblicazione di una foto del paliotto privo di tali ritocchi, e il 1932, anno di inaugurazione della Pinacoteca Nazionale. Tale intervento pittorico ha previsto delle stuccature a gesso e colla. Allo stesso intervento sono riconducibili delle ridipinture diffuse su tutta la superficie che hanno in parte coperto il film pittorico originale e che non sempre si accordavano con la cromia originale.
Sulla pellicola pittorica era inoltre presente un sottile strato filmogeno individuato come colla animale e cera. Tale presenza è collegabile sia alla foderatura più antica, per la migrazione della colla di adesione verso la superficie o per gli adesivi usati per eventuali velinature protettive, sia a passate fermature del film pittorico e dell’oro.
Sulla pellicola pittorica si è inoltre riscontrata la presenza di consunzioni che probabilmente potrebbero essere imputabili ad una pulitura aggressiva effettuata in un precedente restauro.
L’intervento su un’opera rara e fortemente rimaneggiata ha implicato un approccio quanto mai cauto. La pulitura è stata condotta in modo molto graduale, con lo scopo di diminuire gli squilibri dovuti all’alterazione dei materiali originali e di quelli aggiunti successivamente; inizialmente tale operazione ha previsto l’assottigliamento dei materiali filmogeni presenti in superficie mediante diversi metodi di pulitura a base acquosa. Si è poi deciso di proseguire l’assottigliamento delle sostanze superficiali utilizzando formule solventi altamente addensate incapaci di penetrare nel substrato e completando l’assottigliamento attraverso una pulitura meccanica sotto il controllo dello stereomicroscopio.
Nel caso delle numerose ridipinture è stato deciso di rimuovere solo quelle che sormontavano il film pittorico originale e quelle alterate cromaticamente, mantenendo le altre.
Sono invece state rimosse tutte le stuccature perimetrali novecentesche che sormontavano la pittura e creavano tensioni sulla tela.
Successivamente si è proseguito con l’intervento strutturale, rimuovendo la tela di rifodero novecentesca in quanto non più in grado di svolgere alcuna funzione di sostegno, mantenendo invece la foderatura intermedia che forma quasi un tuntt’uno con quella originale.
Dopo aver rimosso il telaio, la rimozione dell’ultima tela di rifodero è avvenuta per separazione meccanica. In seguito alla pulitura meccanica del retro della tela si è effettuato il recupero della planarità e successivamente, in corrispondenza dei diffusi distacchi tra tela originale e tela di rifodero, si è ritenuto necessario ristabilire l’adesione mediante un adesivo in forma addensata, più idoneo per l’opera in questione.
L’intervento strutturale è proseguito con il risanamento dei tagli e delle lacune che interessavano entrambe le tele, per mezzo di incollaggi filo-filo di testa, saldando il capo di ciascun filo interrotto all’estremità del corrispettivo. Inoltre si sono rettificati i margini applicando lungo il perimetro un inserto continuo in tela, all’interno del quale il dipinto va ad inserirsi tramite un’adesione filo-filo.
In considerazione dell’estrema fragilità delle tele, si è ritenuto necessaria un’ulteriore foderatura (comprensiva dell’estensione perimetrale) per la quale è stata impiegata una tela poliestere e un adesivo sintetico.
Il telaio novecentesco, in quanto non più funzionale, è stato sostituito con un pannello dotato di un sistema elastico regolabile, in grado di controllare i movimenti del sistema di tele in relazione ad eventuali variazioni termo-igrometriche.
Dopo aver tensionato l’opera sulla nuova struttura di sostegno si è proceduto con l’integrazione pittorica mediante velature sottotono ad acquerello, lasciando a vista le lacune della tela intermedia. Infine si è adeguato il tono dell’inserto perimetrale a quello della tela intermedia.
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