Il sistema delle fontane pubbliche di Pompei è stato oggetto negli anni di numerosi studi che hanno affrontato nel tempo problematiche diverse: tipologia e cronologia dei manufatti, funzionalità dell’impianto idrico in epoca antica, rifunzionalizzazione per esigenze di fruizione del sito, problemi conservativi.
La maggior parte delle fontane (ne sono note poco più di quaranta) è costituita da una profonda vasca rettangolare formata da blocchi monoliti posti verticalmente e uniti da grappe di ferro fissate con il piombo. I fondi delle vasche, conservati solo in pochi esemplari e spesso oggetto di rifacimenti moderni, erano probabilmente costituiti da piani in laterizio rivestiti con cocciopesto. La vasca è sormontata da un pilastrino, di solito appoggiato direttamente sul lato lungo parallelo al marciapiede e ornato da un semplice motivo a rilievo. Al centro di questo era sistemato l’erogatore dell’acqua (cannula) a sua volta collegato alla conduttura idrica (fistula).
Fra il 2016 e il 2018 l’Opificio delle Pietre Dure (Settore materiali lapidei, Servizio trasversale materiali archeologici e Laboratorio scientifico) è intervenuto su questa particolare tipologia di manufatti in base a due distinti accordi di collaborazione con l’obiettivo di definire una metodologia operativa studiata in relazione alle specifiche esigenze conservative delle singole fontane, interessate da fattori di degrado ricorrenti dovuti principalmente all’uso e all’interazione dell’acqua sulle superfici lapidee.
Al primo intervento, che ha riguardato le dodici fontane posizionate lungo il nuovo percorso di visita nell’ambito del Grande Progetto Pompei “Progetto Pompei per tutti – Percorsi per l’accessibilità ed il superamento delle barriere architettoniche”, sono seguiti nel 2018 nuovi studi e indagini su ulteriori ventisette fontane che hanno permesso l’acquisizione di un numero considerevole di informazioni in relazione ai materiali costituitivi e allo stato di conservazione dei singoli manufatti. Sono state inoltre effettuate specifiche prove di pulitura, modulate in rapporto ai differenti materiali costitutivi delle fontane e alle varie tipologie di degrado riconosciute (presenza di agenti biodeteriogeni, depositi calcarei, macchie di ruggine, ecc.) in modo da acquisire preziosi dati di conoscenza utili alla predisposizione di un più ampio progetto di restauro delle fontane.
A. Patera, Le fontane di Pompei: studi ed indagini per la conservazione, in F. Sirano (a cura di) Pompei per tutti, Napoli 2016, p. 51.
Sezione successiva