Il quadro Silvana Cenni fu realizzato da Casorati nel 1922. In un interno, probabilmente nel suo studio, rappresenta una figura femminile seduta su una sedia coperta da un panno decorato e con lo sguardo verso il basso. Alle sue spalle, oltre la finestra aperta, si intravede la chiesa torinese del convento dei Cappuccini. L’identità del personaggio non è nota in quanto il titolo assegnato è d’invenzione. Tuttavia, per il camice che indossa e per i tratti somatici del volto, la critica ha ipotizzato possa trattarsi di un’allieva del pittore, Nella Marchesini, presente nel suo studio a partire dagli anni ‘20.
L’opera presenta un formato inedito all’interno della produzione del pittore, che solitamente preferiva formati quadrati. Maria Mimita Lamberti riporta una testimonianza dell’amico di Casorati, Sergio Saroni, a cui aveva confidato che la Silvana Cenni aveva in origine un altro formato, ridimensionato in un secondo momento dall’autore stesso. In effetti, dall’osservazione del retro, la Lamberti ha potuto riscontrare come la composizione dovesse proseguire oltre i bordi attuali. Inoltre, la studiosa ha messo in relazione il dipinto con un’altra tela, di forma quadrata, Lo Studio (1922-1923) opera perduta nell’incendio di Glaspalast del 1931, raffigurante una modella al centro e due allievi ai lati intenti a disegnare. Supponendo che le due opere potessero avere la stessa impostazione compositiva, la Silvana Cenni costituirebbe la parte centrale di una composizione analoga in cui mancano i due personaggi laterali.
Supporto
Il dipinto è un olio su tela di 204,5 x 104,7 cm ed è firmato in basso al centro.
Allo stato attuale l’opera è costituita da tre tele sovrapposte: la prima e la seconda sono di cotone, la terza di lino. Le prime due tele, pur essendo entrambe di cotone, presentano, da un punto di vista merceologico, caratteristiche diverse. La prima, quella su cui Casorati ha dipinto, è costituita da una pezza unica, di un colore chiaro, biancastro, tessuta con armatura a tela, con un filato regolare sia in trama che ordito. La seconda tela sempre di cotone, risulta costituita da due pezze di tela cucite tra loro con un sopraggitto delle cimose o vivagni, di un colore beige, con armatura a tela. La terza tela, forse di restauro o comunque applicata dopo l’esecuzione pittorica, come vedremo successivamente, è di lino ad armatura tela e presenta una cucitura nella parte bassa del dipinto, ortogonale rispetto all’altezza del dipinto, con un sopraggitto delle cimose.
L’opera è montata su un telaio di legno di abete con particolari incastri angolari ad espansione meccanica; la particolarità di tali incastri, comunque costituiti da una mortasa e un tenone, fa sì che il distanziamento degli elementi lignei, quando effettuato, avvenga in una sola direzione assiale e non in entrambe come normalmente accade con altri tipi di incastri.
Il disegno sottostante
L’indagine riflettografica in infrarosso, eseguita in questo caso con dispositivo scanner Vis-Nir, ha messo in evidenza le linee che sottintendono la costruzione prospettica dell’ambiente architettonico nonché numerosi particolari di disegno tracciato a mano libera. La prima parte ad essere tracciata dovette essere quella relativa alla costruzione degli elementi architettonici con l’ausilio di una matita di carbone, morbida e dotata di una punta di un certo spessore, con cui furono tracciate le linee dei travicelli che costituiscono la tettoia che si intravede dalla finestra dietro la figura di Silvana Cenni. Sempre lungo la tettoia, nella parte inferiore, è ben visibile una linea orizzontale sulla quale sono stati tracciati dei segni di riferimento verso i quali dovevano confluire le linee di costruzione dei travicelli della tettoia stessa, linee che partivano dal punto di fuga. Esso si trova in prossimità dell’orecchio sinistro della figura ritratta. La collocazione di questo punto si approssima a quello che potrebbe essere il punto calcolato sulla base della sezione aurea della superficie dipinta. Dall’osservazione dei margini della tela, che girano sul bordo e si fissano sul dietro del telaio: le linee del disegno di costruzione continuano anche sui bordi ripiegati sul telaio ed indicano quindi come in un primo momento le dimensioni su cui lavorava Casorati fossero state diverse e maggiori delle dimensioni attuali del dipinto. Dallo stesso punto di fuga si proiettano le linee del tavolo contro cui “Silvana” si appoggia, della mensola della finestra, del pavimento che si intravedono ai lati, dei libri che determinano le pagine o la copertina, perfino del rotolo di carta sul pavimento. La riflettografia mette anche in evidenza alcuni cambiamenti avvenuti in corso d’opera: in alto la tettoia doveva essere più grande di quella attuale, così come il tavolo. Solo dopo aver creato lo spazio, Casorati sembra procedere alla creazione della figura centrale attraverso un disegno a mano libera. Sono ben osservabili, infatti, le linee eseguite con un carboncino che con tratti leggeri vicini e ripetuti definiscono le pieghe dell’abito, in particolare i seni della figura che dovevano fare da riferimento anatomico per la costruzione della veste; ma anche le pieghe della stessa, i contorni del volto, richiamando alla mente il modo di costruzione dei volti nell’arte antica del Quattrocento e in particolare quella di Piero della Francesca. Questa impostazione grafica, venne ripassata con un segno molto marcato, con l’intenzionalità di delineare in modo netto le ombre che sarebbero state poi dipinte nella fase pittorica.
Strati preparatori e pittorici
Per quanto riguarda la conoscenza degli strati preparatori e pittorici, in questa fase di studio del dipinto non si sono compiuti prelievi di materiale per svolgere l’analisi chimica degli inerti e dei leganti, rimandando questo tipo di indagine ad un momento successivo da programmare nel caso in cui il dipinto venga sottoposto a restauro. Ad una osservazione anche microscopica, la preparazione appare di colore biancastro, stesa in spessori minimi non tanto per costituire uno strato compatto e regolare sulla tela ma per chiuderne gli interstizi della trama, lasciando una superficie leggermente scabra.
Per quanto riguarda il medium usato per legare i pigmenti, da alcuni aspetti della superficie pittorica si può azzardare l’ipotesi che il legante sia stato costituito da una schiuma o da un’emulsione di materiali diversi. Lo testimonierebbero le micro bollicine che è possibile vedere sulla superficie pittorica in molte zone del dipinto che potrebbero dipendere dalla formazione instabile di bolle d’aria sulla superficie di un liquido, quando questo viene sottoposto ad agitazione. Anche gli spessori delle diverse campiture cromatiche appaiono irregolari con stesure corpose per quanto riguarda gli incarnati e la veste, e più omogenei e regolari per le pareti della stanza.
Ai fini della comprensione di questo processo lavorativo si sono rivelati particolarmente interessanti i risultati scaturiti dalla Fluorescenza X in combinazione con i risultati della Radiografia X. La restituzione radiografica dell’intero dipinto mostra una immagine che si discosta dall’aspetto del dipinto visto a occhio nudo, non perché vi siano dei cambiamenti avvenuti in corso d’opera sul piano figurativo, ma per l’aspetto che la radiografia mostra delle stesure pittoriche. Infatti, in radiografia, queste appaiono più nette di quanto si possa osservare direttamente sull’opera, dove il colore è steso in modo omogeneo e senza evidenti rilievi. Le aree del dipinto, quelle relative allo sfondo paesaggistico, la chiesa dei Cappuccini e gli edifici circostanti, nel dettaglio radiografico appaiono eseguite con pennellate veloci e corpose di colore, campendo ogni singola area che era stata fissata nella fase precedente dal disegno preparatorio. È evidente l’attenta esecuzione pittorica e la chiara intenzione di stare dentro questi limiti stabiliti del disegno, a tal punto che si è creato in queste aree un contorno “di rispetto” che in radiografia, per via dei diversi assorbimenti della radiazione, appare nero e che marca ogni singola campitura rispetto a quella vicina. Questo effetto radiografico è dato dal fatto che le campiture sono state eseguite con un colore radiopaco, cioè ad alto peso molecolare; e che tra una stesura di colore e l’altra non vi è un materiale altrettanto radiopaco. Questo contorno “di rispetto” non è evidente a occhio nudo: a visione diretta invece le stesure pittoriche si congiungono l’una con l’altra senza soluzione di continuità. Le analisi in XRF hanno svelato questo aspetto, dando la possibilità di formulare alcune ipotesi sulla tecnica pittorica utilizzata da Casorati in questo dipinto. Infatti, andando a effettuare dei punti di misura in corrispondenza di queste aree, abbiamo potuto stabilire che il colore utilizzato per l’abbozzo è costituito principalmente da bianco di piombo, mentre il colore soprastante è composto in buona parte da bianco di zinco, un pigmento costituito da un elemento chimico dal basso peso molecolare e per questo poco evidente in RX. Tuttavia lo zinco non è presente solo come pigmento bianco, ma lo si ritrova in varie percentuali anche in altri pigmenti che formano la tavolozza dell’opera: nei bianchi della veste e degli edifici, nei rossi delle labbra e dei tetti, nei verdi della decorazione del tappeto, nei beige dei libri, negli incarnati, ecc. Sembrerebbe probabile dunque una scelta deliberata, da parte di Casorati, nell’impiegare una tavolozza di colori che possedevano particolari caratteristiche cromatiche: una tavolozza dai toni pacati e dai tenui contrasti di colore.
Come accennato prima il supporto è costituito da tre tele sovrapposte di cui la terza sembra essere stata applicata in occasione di un intervento successivo alle stesure pittoriche. Ne sarebbero testimonianza gli arrotondamenti che il colore mostra in corrispondenza dei cretti o di qualche ringrosso dei fili della prima tela. Arrotondamenti che si sarebbero potuti verificare in occasione di una foderatura che genericamente si effettua esercitando una pressione su un piano di contrasto per favorire l’adesione delle tele. Per quanto riguarda le dimensioni del dipinto, osservando i bordi ripiegati delle tele, possiamo rilevare che i lati delle tre tele mostrano dei chiari segni di tagli effettuati, anche grossolanamente, e che coincidono esattamente per tutte e tre tele di supporto. Dalle indagini non è possibile stabilire di quanto sia stata ridotta la tela rispetto alle misure iniziali.
Realizzato da circa un secolo, il dipinto si presenta in buono stato di conservazione; le trasformazioni naturali del legante dovrebbero essersi ormai esaurite per il passare del tempo.
Sono evidenti quelle caratteristiche dovute ai ritiri e agli assestamenti dei materiali che hanno procurato (ma il processo è ancora in corso) le linee di rottura del colore formando il cretto. Questo fenomeno è particolarmente rilevabile dalla documentazione in luce radente che evidenzia un andamento irregolare su tutta la superficie pittorica, come quello che ad esempio si rileva in coincidenza delle assi del telaio, o meglio ancora, sul volto di “Silvana”. Generalmente il colore appare ben adeso agli strati preparatori, anche se in alcune zone si rilevano dei leggeri sollevamenti in corrispondenza delle crettature che risultano più evidenti sulle campiture chiare, come la veste bianca e gli incarnati. Sono altresì da segnalare altri aspetti conservativi che, se anche non costituiscono una minaccia imminente alla conservazione del dipinto, è opportuno sottolineare in previsione di spostamenti dell’opera per partecipare a mostre. Il primo problema viene dalla deformazione degli incastri del telaio e dalla conseguente perdita di funzionalità del telaio stesso nel fornire il sostegno meccanico alla tela e al suo tensionamento. Questa perdita, nel caso in cui il degrado avanzasse, potrebbe compromettere ulteriormente la planarità della tela e quindi la sua ottimale conservazione. In effetti alcuni di questi aspetti si sono già manifestati, in particolar modo agli angoli del dipinto dove già si riscontrano dei danni a livello di supporto e di colore, come dimostrano i restauri pittorici già eseguiti in passato in queste zone. Altri fenomeni di consunzione e mancanze di colore si trovano in prossimità del bordo in alto e in quello a sinistra, a seguito dello sfregamento avvenuto tra tela e cornice durante i numerosi spostamenti che l’opera ha subito per esposizioni e mostre. Un altro aspetto conservativo da prendere in considerazione è quello legato alla leggibilità del dipinto. Infatti sulla superficie pittorica si rileva la presenza di vecchie integrazioni pittoriche di varia entità, già cromaticamente discordanti rispetto al colore originale; la più estesa di queste si trova sullo sfondo, tra il busto di “Silvana” e la sua mano sinistra. Comunque l’aspetto che incide maggiormente sulla presentazione estetica dell’opera, alterandone in parte l’equilibrio cromatico, è la presenza irregolare di una vernice ingiallita, con zone più o meno opacizzate, poiché il fenomeno dell’ossidazione ne ha ridotto la trasparenza. L’insieme di questi due fattori, restauri pittorici alterati e verniciatura irregolare, inizia ad assumere un peso tale da incidere sull’aspetto cromatico del dipinto interferendo in modo negativo sulla sua stessa leggibilità. La cornice presenta numerose lacune e cadute di colore con preparazione del supporto a vista, nonché graffi, ammaccature, ritocchi e ridipinture alterati.
Sezione successiva