
Il crocifisso è stato realizzato da un unico blocco di legno per l’intaglio del corpo, del tronco e degli arti inferiori, mentre le braccia mobili, realizzate a parte, risultano inserite in un apposito spazio scavato all’altezza del torace. Il vincolo è garantito tramite l’inserimento di piccoli perni in legno di noce posti in corrispondenza delle clavicole e passanti dal retro verso il fronte. I riccioli dei capelli sono anch’essi intagliati. Il perizoma è in tessuto modellato sul corpo. La policromia originale presenta sottili lumeggiature in oro sui capelli e sulla barba e altre delicate decorazioni, sempre in oro, sul perizoma azzurro.
Nella parte apicale della testa è visibile un foro che presume la presenza di un elemento aggiuntivo ormai perduto, mentre nella schiena è ancora infisso un piccolo gancio metallico al di sotto del quale si trova una minuscola feritoia. Questi due elementi, il foro apicale e il gancio metallico, costituiscono il sistema di aggancio originale del Cristo alla croce, integrativo all’inchiodatura in modo tale da non gravare troppo sull’articolazione delle braccia. Il crocifisso è inoltre ancorato con chiodi in legno ad un’esile croce che presenta uno strato di cromia bianca decorato da cornicette perimetrali, cartiglio e suppedaneo dorati; questa risulta evidentemente non coeva all’opera, ma databile al XX secolo.
La croce è posizionata su di un basamento composto da due moduli, chiaramente riadattati a questa funzione di supporto: quello superiore appare riccamente intagliato e dorato, in stile rococò, e ornato da due braccetti metallici dorati per lato con funzione di porta candele; il modulo inferiore ha forma rettangolare molto semplificata e risulta dorato e decorato con un semplice motivo punzonato a ruzzola.
Prima dell’intervento di restauro, il crocifisso presentava una doratura a foglia oro su tutta la parte frontale; questa risultava diversificata nella brillantezza fra il perizoma, più lucido, e l’incarnato, più opaco. Nella parte tergale era visibile il gesso di ammannitura, con lievi tracce di colore giallo pallido, probabilmente bolo. Lo strato di doratura, difficilmente databile, può essere ipoteticamente riferito ad un periodo fra il XVII ed il XVIII secolo. La presenza di alcune lacune di doratura consentiva di osservare la presenza di alcuni strati filmogeni sottostanti.
Dal punto di vista strutturale, l’opera risulta priva di alcune parti anatomiche: le falangi del dito anulare e del dito mignolo della mano sinistra, il pollice e la falange del dito mignolo della mano destra, parte del ricciolo frontale destro. Erano inoltre presenti alcuni fori di sfarfallamento dovuti ad un attacco di insetti xilofagi.
Sebbene non sia stata rintracciata alcuna documentazione relativa ad interventi precedenti, sussiste però traccia della permanenza dell’opera fra le proprietà della Villa medicea della Petraia, con riferimento ai numeri d’inventario riportati sia sulla croce che su entrambi i moduli costituenti il basamento (il crocifisso era stato infatti erroneamente correlato a quest’ultimo e quindi datato al XVIII secolo).
Durante l’intervento di restauro è risultato evidente che il crocifisso ha subito nel tempo almeno due interventi di trasformazione estetica, riconducibili fondamentalmente ad un cambiamento di gusto, ma anche ad un tentativo di recupero estetico. Infatti, le indagini stratigrafiche hanno mostrato che sul corpo, ad esclusione del perizoma e forse anche del volto, sotto il livello più recente di doratura era stato steso uno strato di ridipintura piuttosto scuro e con una modalità di applicazione tale da far ipotizzare l’effetto ad imitazione della venatura di una specie lignea. I leganti di questa “patinatura a finto legno”, probabilmente grassi o bituminosi, potrebbero averne determinato il parziale distacco. Ad indurre l’intervento di totale doratura del Cristo potrebbero aver concorso altri fattori, sia di natura estetica sia conservativa: il crocifisso era infatti danneggiato da un attacco xilofago diffuso e dalla perdita di una porzione di policromia e preparazione in corrispondenza del collo del piede destro, che arrivava fino al livello del supporto ligneo; verosimilmente nello stesso arco di tempo si è verificato uno spacco in senso longitudinale in prossimità della scapola destra, congiuntamente alla rottura parziale del perno interno avente funzione di collegamento fra il braccio e il corpo e, quindi, al relativo indebolimento dell’ancoraggio. Lo strato di ammannitura, preparatorio per la sovrastante doratura, ha colmato la vasta lacuna sulla caviglia e sigillato lo spazio di articolazione fra la scapola e il braccio, bloccandone di fatto il movimento. A questa fase corrisponde, molto probabilmente, il rifacimento della falange dell’anulare della mano destra.
Nell’intervento si è inteso di proporre una recuperata consonanza fra la figura del Cristo e del supporto nel suo insieme, ad eccezione però della croce: il basamento, seppure stilisticamente discordante rispetto alla figura, è stato considerato un assemblaggio ormai storicizzato e quindi da recuperare; la croce, viceversa, è stata sostituita con una nuova appositamente realizzata in legno di noce ed esemplata su quelle di altri crocifissi di Benedetto da Maiano e di pitture a lui contemporanee, sia nella forma sia nelle dimensioni, e lo stesso criterio è stato scelto per il titulus INRI. Lo scopo principale del restauro è stato quindi quello di riacquistare il livello di policromia originale e ripristinare la funzionalità dell’articolazione delle braccia e la completezza dell’anatomia delle piccole ma significative parti mancanti.
A seguito dei risultati delle indagini diagnostiche e in base agli incoraggianti esiti dei saggi di pulitura, si è progressivamente eleminato lo strato corrispondente alla doratura. L’eliminazione è avvenuta parzialmente a secco poiché, in alcuni punti, perfino lo strato di gesso sottostante l’oro si era distaccato completamente avendo inglobato il leggero strato di colore marrone apposto sulla cromia originale. Laddove persisteva un’aderenza, si è provveduto, lavorando via via su porzioni di piccole dimensioni, all’iniziale eliminazione della foglia, sfregando la superficie metallica con un tampone di cotone inumidito in modo da riuscire ad agire sul sottostante livello di bolo e quindi raggiungere agevolmente lo strato di gesso. Per l’eliminazione controllata dell’ammannitura, che in alcuni punti aveva considerevolmente occluso e modificato il modellato, sono stati applicati impacchi di gel semi-rigido di agarosio al 3,5% in acqua demineralizzata; in alternativa, per ridurre il rilascio di soluzione acquosa, è stato usato in maniera il gellano come gelificante. Il lavaggio finale, per togliere i residui, è stato fatto, proteggendo la cromia originale con carta giapponese anche a più strati, sempre con tamponi di cotone inumiditi e di piccole dimensioni. La ridipintura marrone è stata rimossa meccanicamente a bisturi.
Dal punto di vista strutturale, la matrice lignea è stata consolidata con iniezioni, attraverso i fori di tarlo, di Rexil all’8%. Le cavità più grandi sono state colmate con Balsite, mentre quelle di dimensioni minori con uno stucco di ArbocelBWW40, Klucel G e etanolo o, in alternativa, con cotone idrofilo imbevuto di Acril 33. Dopo la rimozione del braccio destro, si è provveduto a recuperare lo spacco interno inumidendo il legno con impacchi di cotone imbevuto di acqua calda, e la piccola porzione distaccata è stata fatta riaderire con DapGlue Wedwood. Le mancanze materiche (dita, ciocca di capelli) sono state ricostruite in Balsite. Anche le lacune del perizoma sono state integrate con lo stesso composto a base di Arbocel BWW40 usato per i fori di tarlo, o con TNT incollato con Plextol B500; il film pittorico azzurro del perizoma è stato quindi consolidato con Aquazol 200.
Infine, si è proceduto con l’integrazione delle lacune con uno stucco di gesso e colla animale, con l’integrazione pittorica (ad acquerello sugli incarnati e sui capelli, con colori acrili sul perizoma) e con la protezione finale con Regal Retouching Varnish. L’equilibratura estetica finale è stata effettuata con Gamblin Conservation Colors.
M.C. GIGLI, A. GRIFFO, L. SPERANZA, Il restauro di un piccolo Crocifisso ligneo della Villa della Petraia attribuito a Benedetto da Maiano e bottega, in OPD Restauro n. 27, Firenze, Centro Di, 2015, pp. 114-134.
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