Presso l’Opificio delle Pietre Dure è stato possibile indagare i vecchi restauri eseguiti su alcuni vetri antichi dalla prestigiosa raccolta del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, una delle più importanti collezioni storiche di vetri, il cui nucleo principale deriva dalle raccolte mediceo-lorenesi.
L’intervento si è sviluppato in due fasi diverse.
La prima, nel maggio 2017, ha previsto il restauro di 24 reperti destinati a far parte della mostra Pretiosa vitrea. L’arte vetraria antica nei musei e nelle collezioni private della Toscana, tenuta al Museo Archeologico Nazionale di Firenze dal 17 ottobre 2017 al 29 gennaio 2018.
Un secondo gruppo di vasi antichi in vetro, il cui restauro si è concluso a novembre 2022, è stato affidato ai laboratori dell’Opificio delle Pietre Dure a ottobre 2019, anche con finalità didattiche e di ricerca sulle vecchie tecniche di restauro per la Scuola di Alta Formazione di Studio dell’Istituto, dato che molti di questi reperti, provenendo da una collezione storica, hanno subito interventi conservativi in passato fra la seconda metà dell’800 ed i primi decenni del 900.
Le indagini preliminari, oltre ad essere finalizzate ad indirizzare il percorso conservativo, sono state utili anche allo studio dei materiali impiegati nei precedenti interventi, in quanto i problemi di conservazione dei vasi giunti in laboratorio erano in gran parte dovuti al degrado dei prodotti utilizzati nei vecchi restauri, alla loro particolare natura ed al loro naturale invecchiamento.
In passato, i prodotti a disposizione dei restauratori erano costituiti prevalentemente da sostanze organiche di origine animale o vegetale, in quanto la ricerca sui collanti sintetici e la loro commercializzazione si sviluppano solamente a partire dagli anni ‘30 del Novecento.
Prima di allora, i materiali utilizzati nel restauro del vetro non facevano filtrare la luce e, quindi, non riuscivano a mimetizzarsi con le parti originali, obiettivo perseguito nei vecchi restauri. Per questo non è raro che frammenti di vetro non pertinenti venissero inseriti per sostituire le parti mancanti nei vasi originali.
Oggi sono disponibili sul mercato vari prodotti che consentono di intervenire sui reperti in vetro con un impatto minore rispetto al passato. Gli adesivi impiegati garantiscono un’ottima presa con spessori sottilissimi.
Oltre che per l’assemblaggio dei frammenti tra loro, le stesse resine sono impiegate anche per la ricostruzione delle parti mancanti. Il loro indice di rifrazione, molto vicino a quello del vetro, permette di ottenere integrazioni che si armonizzano con le parti originali, pur mantenendo la loro riconoscibilità rispetto alle parti antiche. Inoltre queste resine possono essere colorate, ottenendo le gradazioni cromatiche desiderate.
Bonaiuti, D. Angellotto, E. Bartolini, V. Collina, Il restauro conservativo dei vetri archeologici. Osservazioni su manufatti dalle antiche collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Firenze,in “OPD Restauro”, 29/2017 (2018), pp. 108-119
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