Annibale Carracci, Cristo in Gloria e Santi, 1600 ca., Galleria Palatina, Le Gallerie degli Uffizi, Firenze

  • : Intervento di restauro
  • Stato attività: concluso

Dati

Informazioni sull’attività

Informazioni sull’opera

Informazioni storico-descrittive

Nel 1600 il cardinale Odoardo Farnese aveva fatto costruire nell’eremo di Camaldoli una cella dedicata alla Maddalena di cui deteneva il patronato e in cui fu collocato il quadro che alla fine del secolo fu portato a Firenze dal Gran Principe Ferdinando. A questo periodo risale l’ingrandimento dell’opera mediante l’aggiunta di una fascia dipinta da Niccolò Cassana, e l’inserimento in una cornice monumentale intagliata e dorata.
Il dipinto raffigura nell’alto Cristo in gloria affiancato dai santi Pietro e Giovanni Evangelista; in primo piano in basso sono rappresentati sulla destra il committente presentato da sant’Odoardo/Edoardo re d’Inghilterra, dal quale Odoardo Farnese discendeva per parte di madre, e sulla sinistra sant’Ermenegildo primo re visigoto di Spagna e, in posizione arretrata, la Maddalena con le braccia sollevate. La marginalità della figura della Maddalena negli intenti del committente, nonostante la pala fosse destinata a un altare dedicato a questa santa, è confermata anche dalla sua assenza, a fronte della presenza del Cristo e degli altri quattro santi, nel paliotto e nella pianeta fatti approntare dallo stesso cardinale, con interventi pittorici di Annibale, ora conservati presso il Museo dell’Opera del Duomo di Firenze.
La scena è caratterizzata da uno scorcio dal basso verso l’alto, in linea con la pittura illusionistica veneziana e con la destinazione a pala di altare, che proietta la visione verso il cielo e la figura di Cristo, mentre i personaggi in primo piano condividono lo spazio con lo spettatore

Tecnica esecutiva

Come consueto presso i Laboratori della Fortezza, l’opera è stata inizialmente sottoposta a un check-up di indagini diagnostiche non invasive, con lo scopo di raccogliere il maggior numero di informazioni sulla tecnica esecutiva e sullo stato di conservazione: a tal fine sono state effettuate, oltre alla campagna fotografica ripetuta durante tutte le fasi dell’intervento, riprese radiografiche sia in lastra che in digitale, riflettografia scanner multi-Nir e indagini XRF puntuale e a scansione su piccole aree. Sono stati infine prelevati dodici microframmenti di pellicola pittorica da sottoporre a indagini stratigrafiche al microscopio ottico e al SEM, nonché altri quattro campioni di vernice da caratterizzare mediante indagini micro-FTIR.
Il supporto (194×142,5 cm) è costituito da due pezze di tela di lino ad armatura semplice con una riduzione di 13 fili per centimetro, larghe rispettivamente 76 e 66 centimetri, con una variazione di mezzo centimetro circa, giuntate in senso verticale; la composizione pittorica è stata impostata in modo tale che la cucitura a sopraggitto non interferisse con i volti o con parti figurative fondamentali.
In altezza il dipinto è stato modificato due volte. Il primo ampliamento, in basso, è avvenuto in fase di esecuzione della pala, recuperando circa sette centimetri della tela originale già preparata. Il secondo ampliamento, in alto, con una fascia di 13 centimetri, è stato invece realizzato molti decenni dopo l’esecuzione della pala, successivamente all’arrivo nelle collezioni granducali. In radiografia si osservano molto bene i punti di cucitura, applicati dopo avere spianato il bordo della tela che era ripiegato sul telaio. Anche la tela aggiunta è di lino, ad armatura semplice, con una riduzione di 9 fili per centimetro. Con lo scopo di pareggiare i livelli della pittura originaria con quelli della fascia aggiunta è stata stesa a spatola una mestica rossa che aveva anche la funzione di fondo cromatico su cui far risaltare la stesura pittorica azzurra. Annibale ha steso direttamente sulla tela, in un unico strato, una mestica con legante oleoso.
La tela aggiunta da Cassana è stata invece preparata con gesso e colla caricata con poco bianco di piombo, terre o ocre e un ulteriore strato a base di terre e ocre in cui la presenza di ematite caratterizza il colore rosso che è evidente anche dalle numerose abrasioni della materia pittorica.
Annibale ha lasciato a vista questa preparazione nei mezzi toni in penombra o lungo i profili degli incarnati e delle vesti, con una texture non completamente liscia ma che manifesta dei tratti di granulosità che affiorano talvolta sulla superficie pittorica. Questa caratteristica, dovuta a una scarsa macinazione delle terre componenti la mestica, affiora negli scuri e nel paesaggio mentre i carnati ed i panneggi mostrano un’apparenza più liscia, a causa di differenti spessori e composizione degli strati pittorici nonché a una maggior presenza di biacca. Le striature create dal pennello sui fondi cromatici e l’aggiunta del nero alle terre con cui l’imprimitura era preparata incidono sull’impostazione coloristica di tono freddo del cielo.
Ulteriori fondi cromatici sono circoscritti a precise zone che costituiscono il sottofondo per alcune stesure di colore. Salvo casi rarissimi, le indagini riflettografiche in multi-NIR non hanno evidenziato presenza di tracce disegnative al di sotto della pellicola pittorica
Uniche eccezioni a quanto appena riferito sono state riscontrate in corrispondenza delle mani giunte di Odoardo Farnese e della figura della Maddalena.
Nel primo caso le riflettografie mostrano infatti un’impostazione leggermente differente dei pollici, col profilo delle mani verosimilmente tracciato con un medium grafico secco. Più interessante è invece il caso riferito alla Maddalena, della quale in riflettografia si nota il disegno completo del braccio sinistro, tracciato con un medium secco o a pennello con un impasto quasi arido.
Alcuni pentimenti sono rilevabili alla visione infrarossa nella posizione delle mani della Maddalena, le cui dita erano più flesse. Il viso di sant’Edoardo era stato impostato in una precedente stesura con l’occhio più chiuso e abbassato e il profilo adunco, particolari evidenti non solo in riflettografia ma anche dalla leggera ombreggiatura che traspare nelle campiture del cielo. Anche la gamba di sant’Ermenegildo aveva, nel ginocchio, una linea leggermente più ampia e il profilo dei cespugli doveva essere in primo piano,

La tavolozza
I pigmenti sono stati indagati con analisi in fluorescenza x puntiforme e ad aree e successivamente sono stati effettuati alcuni prelievi sulle parti marginali dell’opera.
Bianchi: Le nuvole sono dipinte con biacca e l’affiorare del manto rosa di Cristo al di sotto non è dovuto alla consunzione della materia, ma effetto voluto che contribuisce alla resa dei piani di profondità.
Carnati: Nei lineamenti, e in evidenza particolarmente nell’occhio di sant’Ermenegildo, si individuano molto bene le fasi successive della pittura con lo scuro della preparazione a vista, su cui le pennellate del carnato e le sopracciglia e le ciglia sono state applicate successivamente. Nei carnati, considerando l’assoluta compattezza della materia e l’assenza di mancanze di colore o di ritocchi, non sono stati eseguiti prelievi.
Blu: In sintonia con le altre opere di Annibale anche qui le stesure di blu sia sul cielo che sui manti sono state realizzate con oltremare e bianco di piombo . Mentre, come detto precedentemente, gli strati preparatori dell’originale e dell’aggiunta sono nettamente differenziati, dai prelievi effettuati sul cielo sia sull’aggiunta che sull’originale risulta che Carracci e Cassana hanno utilizzato lo stesso pigmento, il lapislazzuli. L’unica parte su cui è stata utilizzata l’azzurrite risulta essere il blu della veste dello storpio, suggerita dalla presenza di rame all’analisi XRF.
Verdi: Il verde utilizzato risulta essere terra verde, unita ad altre terre e ocra.  L’effetto cromatico dell’utilizzo della terra verde si manifesta con tonalità poco sature rispetto ai pigmenti a base di rame (ad es. la malachite), ma un fattore positivo è la maggiore stabilità del pigmento. Anche nel Cristo in gloria l’utilizzo di un verde meno saturo è funzionale alle dominanti coloristiche del dipinto.
Rosa: I rosa sono realizzati con due stesure a base di lacca rossa, la prima caricata con maggior quantità di bianco di piombo, la seconda, più ricca di lacca, applicata per le velature più scure.
Gialli e bruni: Il giallo della corona di sant’Edoardo, dalle analisi XRF risulta invece essere giallo di piombo e stagno scurito con terre, utilizzato anche nella veste gialla. Il giallo del libro invece risulta essere a base di ocra, mentre gli effetti cangianti del giallo sopra il viola nel manto di sant’Ermenegildo, dalla lettura delle sezioni stratigrafiche, sembrerebbero ottenuti con una stesura di litargirio data successivamente sopra la lacca.
I bruni sono realizzati facendo uso di terre ed ocre.

Sezione successiva