
La Madonna con Bambino è da sempre attribuita ad Andrea Mantegna. Dal 1851, in seguito al lascito del conte Carlo Marenzi, fa parte della collezione dell’Accademia Carrara di Bergamo, ma non si hanno notizie precedenti al trasferimento in Galleria, se non la citazione del dipinto, come appartenente alla collezione Marenzi, all’interno della guida di Bergamo scritta da Girolamo Marenzi nel 1824. L’assenza di documenti non permette sia di avanzare ipotesi sull’origine del dipinto, anche se le ridotte dimensioni (cm 44 x 32) suggeriscono una destinazione privata, sia di definirne la cronologia, per la quale la critica è da sempre divisa. Collocata variamente, dall’inizio del periodo mantovano (Paccagnini, 1961), al periodo della Camera degli Sposi (De Nicolò Salmazo, 2004), a fine carriera (Longhi, 1962, Lightbowm, 1986). Ultimamente Agosti G. Agosti, 2008) data il dipinto alla fine degli anni Settanta, avvicinandolo al Cristo morto di Brera.
Il dipinto è realizzato con una particolare tecnica artistica, genericamente indicata come “tempera magra”, che è molto differente dai consueti dipinti a tempera o ad olio, ed estremamente fragile e delicata. L’aspetto arido e opaco è infatti tipico di questa tecnica che non prevedeva la verniciatura finale, trattamento dal quale il dipinto è stato risparmiato durante tutta la sua storia conservativa. In passato, molti dipinti del genere sono stati pesantemente alterati dagli interventi di restauro a causa della mancata comprensione della specificità dei materiali e degli effetti espressivi ricercati dall’artista. Nel nostro caso, invece, ci troviamo di fronte ad un caso eccezionale di un’opera che ha sostanzialmente mantenuto, nonostante i danni, l’effetto artistico ricercato da Mantegna.
Realizzato su una tela di lino molto sottile, caratterizzata da un titolo di 23 fili/cm sia in trama che in ordito, il dipinto non presenta uno strato preparatorio tradizionale, ma solo una stesura di appretto a base di amido, colla animale e una piccola quantità di carbonato di calcio, che aveva la funzione, saturando la tela, di renderla meno flessibile e assorbente in modo da facilitare la successiva esecuzione pittorica. La pellicola pittorica è talmente sottile da assecondare perfettamente l’andamento della tela, la cui texture, seppur serrata, conferisce allo strato pittorico un aspetto leggermente granuloso.
L’esecuzione pittorica è realizzata grazie a veloci stesure di colore diluito, senza stratificazioni successive. La tavolozza dell’artista prevede bianco di piombo, cinabro, giallo di piombo e stagno, blu di lapislazzuli, lacca rossa e nero a base di carbonio.
Minuziosi sono i chicchi di corallo del bracciale del Bambino, stesi sopra l’incarnato con piccoli tocchi di cinabro e illuminati da una piccola goccia di bianco di piombo. Altro elemento di grande ricercatezza è rappresentato dalla pennellata di oro in conchiglia che impreziosisce lo sguardo della Vergine. Lo stesso oro a conchiglia costruisce con pennellate sottilissime una ricca decorazione sul manto e sulla veste della Vergine.
Nel 1992 la Madonna con Bambino è stata oggetto di studio da parte dell’Opificio delle Pietre Dure, che ha evidenziato uno stato di conservazione tale da impedirne il prestito anche in occasione di mostre ad alto contenuto scientifico. Tale studio è stato poi ripreso e approfondito nel 2008 e ha portato alla definizione del progetto di restauro concluso nel 2012.
La superficie pittorica presentava numerose e diffuse micro cadute che si concentravano maggiormente in corrispondenza della fronte del Bambino. Anche il supporto tessile, da parte sua, era affetto da rotture di origine accidentale malamente risanate con stuccature e ritocchi ormai notevolmente alterati. La principale causa di degrado era però rappresentata dal sistema di tensionamento: l’ancoraggio per mezzo di chiodi che vincolava la tela al telaio ligneo non originale comportava una concentrazione di carico lungo gli angoli e i margini del dipinto. Questa disomogeneità, già propria del sistema di tensionamento, con il tempo è stata aumentata dal cedimento di alcuni punti di ancoraggio e ha determinato, assieme ai movimenti del supporto tessile dovuti a variazioni termo-igrometriche, l’indebolimento dell’adesione della pellicola pittorica in corrispondenza dell’incrocio tra trama e ordito. Grazie alla collaborazione di numerosi esperti, sia interni che esterni all’OPD, si è impostato un progetto di ricerca per risolvere le questioni conservative integrando le scelte di restauro con quelle relative alla conservazione preventiva.
Il progetto di intervento si è finalizzato all’ottenimento di uno stato tensionale omogeneo attraverso il tensionamento controllato e costante di ogni singolo filo e il contemporaneo controllo microclimatico dell’opera per evitare cambiamenti di umidità relativa che, determinando i movimenti della tela, sono alla base della mancanza di tenuta del colore.
L’intervento si è così indirizzato verso l’ottenimento di una generale uniformità del supporto che avrebbe poi concesso la trasmissione omogenea della forza applicata per tensionare il dipinto.
Per tale motivo siamo intervenuti restituendo continuità ai fili interrotti in corrispondenza degli strappi e delle lacune corrispondenti alla chiodatura mediante giunzioni “di testa”, ovvero saldando il capo di ciascun filo interrotto all’estremità del corrispettivo, fino a ricreare una situazione di assoluta continuità. L’integrità della zona perimetrale era fondamentale per far sì che la tensione applicata potesse propagarsi, attraverso i fili intrecciati in trama e ordito, e raggiungere così le parti più interne del dipinto. Le saldature sono state effettuate con una miscela di colla di storione e amido di frumento secondo il cosiddetto metodo Heiber. Si sono così risanati i vari tagli e i circa 100 fori dei chiodi inserendo innesti ricavati da una tela di lino di densità simile a quella originale e opportunamente invecchiata.
Vista la particolare tecnica a tempera magra priva di verniciatura si è deciso di limitare la pulitura alla sola rimozione delle stuccature e ridipinture che, oltre ad essere alterate, erano costituite da materiali non idonei e in forte spessore che contribuivano a generare tensioni.
Per riprodurre il particolare effetto estetico che contraddistingue l’opera, è stato necessario, sia per la fase stuccatura che di ritocco, riproporre formulazioni simili a quelle utilizzate dall’artista.
Il sistema di tensionamento è stato progettato e quindi realizzato grazie ad una campagna sperimentale portata avanti in collaborazione con ricercatori di laboratori privati e dell’Università.
Individuando nel supporto tessile un ruolo predominante sugli altri materiali costitutivi la Madonna con Bambino, è stato realizzato un modello matematico sulla base dei parametri meccanici ricavati da test di trazione effettuati su una tela di lino simile a quella originale e invecchiata artificialmente. Si sono così simulate varie configurazioni e si è individuata la quantità e la distribuzione del carico in modo tale da ottenere un tensionamento continuo ed elastico. Grazie a queste simulazioni è stato possibile realizzare un telaio in alluminio sul quale il dipinto è stato montato in maniera misurabile e regolabile attraverso un sistema di dinamometri agganciati lungo nuovi margini ai bordi della tela antica; la tela si trova così non più ancorata al telaio, ma sospesa e costantemente controllata nel suo tensionamento.
Il telaio si trova all’interno di un contenitore che, oltre a proteggere dalla polvere, consente una costante stabilizzazione dei valori microclimatici interni, garantendo così un continuo equilibrio termo-igrometrico e tensionale.
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