L’opera proviene dalla collezione di Luigi XIV che riunì, tra gli anni ’60 e ’80 del ‘600, un centinaio di vasi in porfido, alabastro e marmi colorati, grazie ad una politica di acquisti presso il mercato romano, oltre che di commissioni affidate ai più abili intagliatori delle botteghe romane, a cui venivano forniti i pregiati materiali lapidei da lavorare, spesso di recupero, quali colonne antiche, ma anche provenienti dalle cave.
Solo i vasi in alabastro e in porfido della collezione furono destinati alla Galleria degli Specchi, dove si trovava anche questa navicella, identificata in un inventario del 1722 che la descrive su uno zoccolo in marmo verde antico.
Il vaso è composto di tre parti – un bacino ovale inserito su un piede rettangolare ed un coperchio – intagliate in un unico blocco di alabastro calcareo caratterizzato da una tessitura zonata, la cui provenienza è stata individuata nelle cave di Iano di Montaione in provincia di Firenze.
Al suo arrivo in laboratorio si presentava in un grave stato conservativo, caratterizzato da graffi diffusi, micro fessurazioni superficiali, numerose lacune di dimensioni modeste attribuibili ad urti accidentali ed importanti mancanze che interessavano un lato e la base del bacino, il coperchio ed il piede, quest’ultimo completamente perduto.
Dopo aver eseguito la pulitura e il consolidamento delle micro fessurazioni con resina epossidica, le più deturpanti tra le lacune più piccole sono state risarcite con uno stucco acrilico.
Per la ricostruzione delle lacune più grandi è stata realizzata una modellazione 3D in resina stereo litografica, secondo una procedura studiata ed applicata in tempi recenti all’interno dell’Opificio. Tale sistema prevede la realizzazione di un calco virtuale, che per le mancanze del bacino è stato realizzato partendo da una scansione fotogrammetrica della parte integra del vaso, la cui simmetria ha permesso di riproporre la stessa forma sul lato lacunoso; diversamente, per il piede è stata eseguita la scansione del basamento di un vaso gemello proveniente dalla stessa serie di Versailles. Sulla base dei calchi virtuali sono state realizzate le stampe 3D che, nel caso del piede e della base del vaso, sono state ulteriormente rinforzate con un’anima in alluminio, necessaria per garantire al manufatto un’adeguata stabilità strutturale.
L’intervento pittorico sulle superfici delle integrazioni è stato eseguito ad acquerello con il metodo della selezione cromatica, completato dalla verniciatura finale.
Sulle parti originali in alabastro è stato applicato un protettivo superficiale a base di cera microcristallina.
C. Innocenti, A. Patera, B. Rondot, L. Lazzarini, C. Martinelli, F. Toso, M. Mercante, Studio e integrazione delle mancanze di un vaso a navicella in alabastro (1670-1680), proveniente dalla collezione di Luigi XIV della Reggia di Versailles, in “OPD Restauro”, 31/2019 (2020), pp. 143-152
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