A conclusione dell’intervento di rimontaggio ed integrazione, l’opera ha recuperato l’unitarietà di lettura e la forza espressiva dei suoi preziosi materiali costitutivi.
Allievi SAFS: Tommaso Bogi, Sara Guarducci, Eleonora Pucci, Cosimo Tosi.
Il tavolo, che fu presumibilmente inviato a Vienna intorno alla metà del XVIII secolo ad impreziosire gli arredi della corte di Francesco Stefano di Lorena, è tornato dopo più di due secoli di assenza dai laboratori dove era stato creato.
Sul fondo del piano in marmo nero del Belgio si sviluppa, intorno al motivo centrale del filo di perle, una ricca decorazione naturalistica con fiori, uccelli e racemi. Le quattro zampe a sezione troncopiramidale sono arricchite da un’impiallacciatura in radica su cui sono applicati festoni rettilinei con foglie in rame dorato e frutti in pietre dure.
Per agevolare l’intervento di restauro è stato necessario separare il piano dal telaio ligneo di supporto e quest’ultimo dalle quattro zampe.
Il piano si presentava in buono stato di conservazione, ad esclusione della perdita di due delle perle in calcedonio orientale al centro della composizione. Integrate in un precedente intervento con semplice paraffina, sono state nuovamente realizzate secondo l’antico procedimento: ogni perla è stata realizzata con una sezione circolare di calcedonio con la faccia tergale convessa sulla quale è stata applicata una foglia d’oro, in modo che, sfruttando la naturale trasparenza della pietra, la luce si rifletta sulla superficie convessa restituendo un effetto di rotondità.
Un cabochon mancante sulla fascia perimetrale sopra le zampe è stato intagliato in agata della Germania seguendo la forma e la nuance del suo pendant sul lato opposto.
La cornice in rame dorato e le decorazioni in bronzo dorato della fascia perimetrale, offuscate da un consistente strato di natura organica (cere, vernici e colle) e dai prodotti di alterazione del rame, è stata pulita con ovatta imbevuta di soluzione pulente. I festoni in rame dorato delle zampe sono stati invece smontati e puliti ad umido con bicarbonato di sodio applicato a pennello e spazzolini in setola morbida.
Le foglie mancanti sono state realizzate sagomando lastrine di rame e utilizzando ceselli e punzoni per riprodurne le venature, quindi dorate in bagni galvanici.
Degli originari 108 frutti dei festoni ne rimanevano soltanto 17. I frutti mancanti sono stati realizzati con materiali simili agli originali: partendo dal ciottolo grezzo si è proceduto prima a sbozzare e quindi a modellare, per mezzo di punte rotanti azionate da motori elettrici e polveri silicee abrasive, ogni frutto, per poi lucidarlo con tamponi rotanti e smerigli di granulometria progressivamente più fine. I frutti così realizzati, ad ognuno dei quali è stato praticato un foro per l’imperniatura, sono stati fissati ai relativi piccioli in rame presenti tra le foglie lungo il festone. A conclusione dell’intervento di rimontaggio ed integrazione, l’opera ha recuperato l’unitarietà di lettura e la forza espressiva dei suoi preziosi materiali costitutivi.
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