Studio BBPR, Pupino (Mario) Samonà, Memoriale in onore degli Italiani caduti nei campi di sterminio nazisti, 1979, Centro EX 3, Firenze

  • : Intervento di restauro
  • Stato attività: concluso

Data

Activity information

Informazioni sull’opera

Informazioni storico-descrittive

Nel 1970 l’ANED invia al Museo Nazionale di Auschwitz una richiesta per creare un padiglione italiano dove documentare la drammatica storia della deportazione del popolo italiano. La proposta viene accettata e all’Italia viene assegnato il Blocco 21. Si crea un Comitato operativo di cui fanno parte Gianfranco Maris, Dario Segre, Bruno Vasari, Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Emilio Foà, Teo Ducci e Primo Levi ai quali si aggiungono Ada Buffulini e Italo Gerroni. Il Comitato chiede la collaborazione del regista Nelo Risi; a Luigi Nono (1924-1990) di poter riprodurre nello spazio del Memoriale la composizione Ricorda di quello che ti han fatto in Auschwitz, e affida la parte iconografica e pittorica a Mario “Pupino” Samonà. Il progetto architettonico è commissionato allo Studio BBPR LodovicoAlberico Beljoioso, mentre l’opera viene strutturalmente realizzata dalla ditta Giordano Quattri nel 1979.
Il Memoriale è quindi frutto di una progettazione corale ed è una delle prime installazioni multimediali al mondo. La scelta degli autori è stata quella di utilizzare l’arte come strumento di rappresentazione della storia della deportazione politica e razziale. Nella sua forma a spirale il Memoriale vuole infatti rappresentare la violenza del nazismo che travolge gli italiani nei campi di concentramento e di sterminio. “Nel nostro progetto ci siamo sforzati di ricreare, allusivamente, un’atmosfera di incubo, l’incubo del deportato straziato fra la quasi certezza della morte e la tenue speranza della sopravvivenza, mediante un percorso che passa all’interno di una serie infinita di spire di una grande fascia elicoidale illustrata, che accompagna il visitatore dall’inizio alla fine. È l’idea di uno spazio unitario, ossessivo, realizzato con un ritmo di zone di luce e di ombra che si alternano equidistanti fra loro, consentendo anche la visione attraverso le finestre, degli altri “blocchi” del campo, visione altrettanto ossessiva”. (Ludovico Belgiojoso, Aprile 1980)
Il Memoriale in onore degli Italiani caduti nei campi di sterminio nazisti fu collocato al piano terreno del Blocco 21 tra il luglio e il novembre 1979 e inaugurato dall’ANED, che ne è promotrice e proprietaria, il 13 aprile del 1980.
L’installazione è composta da differenti e numerosi elementi quali le tele (ventitrè di diverse dimensioni e forma), i tubolari metallici della struttura di sostegno, una pedana di camminamento che ricorda i binari ferroviari e l’impianto luci e audio: l’insieme mira a ricreare uno spazio che deve avvolgere e guidare lo spettatore durante il percorso all’interno delle spirali.
Il percorso di visita, che si sviluppa su 80 metri di lunghezza complessiva, vede un primo ambiente che accoglie le prime quattro spirali del tunnel; un corridoio al centro del Blocco con una tela piana al soffitto e pannelli illustrativi alle pareti; il tunnel prosegue in un altro ambiente con cinque spirali; un piccolo ambiente di passaggio che reca una piccola tela al soffitto che conduce al lungo ambiente che conclude il percorso con dodici spirali.  “La spirale è stata pensata come un grande affresco, concepito in parte come una composizione di segni pittorici che lo commentano sottolineandoli e accentuandoli, i valori intenzionalmente emotivi dello spazio architettonico, in parte alludono, attraverso delle immagini evocative della storia italiana dall’inizio del fascismo fino alla deportazione nazista, al succedersi dei momenti drammatici di lotte, di sofferenze, di disperazione e di speranze, con la conclusione di un’apertura verso un mondo migliore che si spalanca al momento della liberazione. Poche le indicazioni scritte; la comunicazione è affidata prevalentemente allo spazio, alle suggestioni della composizione pittorica e alle immagini”. (Ludovico Belgiojoso, Aprile 1980).
Lodovico Barbiano di Belgiojoso e Primo Levi, tra gli autori, sono stati deportati nei campi di sterminio rispettivamente di Auschwitz e Mauthausen.
Nell’ingresso del Blocco 21 (ed ora all’EX3), erano collocati alcuni pannelli illustrativi con fotografie di altri monumenti alla Memoria, presenti in Italia, realizzati dallo studio BBPR.

Tecnica esecutiva

La struttura portante che forma la spirale sulla quale è tensionata la tela dipinta, è costituita da due tubolari metallici (Ø 4,5 cm) piegati in modo da comporre entrambi un segmento di spirale, posti a una distanza l’uno dall’altro di circa 170 cm.
La lunghezza complessiva di ogni tubolare è di ca.12 metri. La spirale ha una altezza massima da terra di ca. 295 cm e una larghezza massima di ca.465 cm, ed è ancorata a parete e al pavimento.
Le tele. L’intera installazione è costituita da ventitré tele dipinte. Diciotto di queste misurano circa 12,50 x 2,20 m, e sono montate sui tubolari in maniera tale che le due estremità di ciascuna si trovino al di sotto della passerella, in modo che la spirale risulti otticamente continua. Tre tele hanno dimensioni di circa 8 x 2,20 cm e sono poste a passaggio tra un ambiente e l’altro; altre due tele di forma rettangolare (10×2 m e 2,6 x 2 m), tensionate su un telaio lineare costituito anch’esso da tubolari metallici, sono posizionate sul soffitto dei due corridoi che collegano tra loro gli ambienti in cui si sviluppa il Memoriale.
La tela del supporto è costituita da un tessuto in cotone non mercerizzato, priva di appretto. Si caratterizza da un’armatura tela, con un rapporto trama-ordito pari 1:1; la riduzione è molto elevata, risultando una tessitura molto fitta e compatta.
È ipotizzabile che le tele siano state tagliate in porzioni di lunghezza variabile dai 10 ai 12,5 m all’interno degli ambienti della Ditta Quattri che ne curò la realizzazione, e poi preparate mediante un fondo acrilico a base di Bianco di Titanio, steso ad areografo in strato sottile, solo sul lato che avrebbe ricevuto la pittura.
Lungo entrambi i lati lunghi delle tele sono stati realizzati dei bordi, ripiegando e incollando il tessuto sul retro della tela stessa per circa 7 cm con un adesivo a base di polivinilacetato.
I bordi, per tutta la loro lunghezza, sono stati successivamente fustellati per l’inserzione di occhielli in alluminio, a una distanza di circa 20 cm tra loro, che hanno infine accolto i ganci metallici a “S”, ai quali sarebbe stata successivamente agganciata la corda elastica utilizzata per tensionare le tele sulla struttura metallica
Durante il montaggio del Memoriale, protrattosi da agosto a novembre del 1979, si sono manifestate gravi difficoltà per l’impossibilità di adattare la forma rettangolare dei teli alla sagoma dei settori di spirale
Tutte le ventuno tele, in origine di forma rettangolare, hanno quindi subito delle modifiche strutturali al fine di portele tensionare alla spirale con sezione ellittica della struttura metallica, conferendo loro una forma a “S”.
Le tele, divise per lo più in tre settori, sono state ricomposte con giunzioni di testa tenute da fasce di tela, applicate sul retro con adesivo sintetico; solo in un caso la giunzione è realizzata sovrapponendo i lembi di tela dipinta. La forma, così modificata, si adattava al verso dei singoli settori della spirale: la partenza con accentuata curvatura; la volta, ad arco molto ribassato; il ritorno a terra con accentuata curvatura, in posizione sfalsata.  Le tre porzioni tessili, che dopo la modifica della forma costituiscono la tela, appartengono comunque alla stessa tipologia di tessuto in cotone.
Pellicola pittorica. Pupino Samonà, dipinge le tele procedendo per fasi e utilizzando tecniche artistiche differenziate.
Sulla preparazione a base di Bianco di Titanio in legante acrilico ha realizzato la sequenza narrativa con la quale sono rievocati in chiave figurativa gli avvenimenti politici italiani intercorsi fra la fine della prima guerra mondiale e quella della seconda.
Sia nei disegni preparatori, eccezionalmente realizzati dall’artista per questa installazione, che nelle parti figurative, realizzate in maniera scarna ed essenziale, dell’opera finale, sono state usate tecniche pittoriche che più frequentemente troviamo sui supporti cartacei, tra cui il pastello, l’acquerello, il pennarello, la matita. I materiali impiegati per la parte figurativa sono del resto in linea con l’intento di Samonà: «Gli inserti figurativi col tempo andranno scomparendo, ho utilizzato un tipo di colore differente che sbiadisce a contatto con la luce: i ritratti scompariranno; rimarrà un fantasma subliminale…una traccia di colore a raccontare di quella tragedia dell’umanità fino all’esplosione della libertà...». Nonostante quanto dichiarato dall’artista, le tracce di colore non sembrano aver perso troppa nitidezza e si presentano ancora ben definite. È probabile che Samonà abbia utilizzato dei pigmenti fuggitivi o un legante poco coerente solo in alcuni tratti, ora non ben individuabili.
Le tele sono state dipinte con tecniche miste ma soprattutto con colori acrilici con i quali Pupino Samonà ha realizzato, ad aerografo e in strati variabili, i grandi archi intrecciati tra loro. I colori utilizzati sono pochi ma hanno un forte significato simbolico: “il giallo, il rosso, il bianco e il nero che rappresentano simbolicamente l’etnia ebraica, il socialismo, i cattolici e l’oscurantismo nazifascista” (Pupino Samonà). Vi è una predominanza iniziale solo del rosso sul nero, ma quasi subito il nero si espande e prevale anche sul giallo, fino a che, nell’ultima spirale del percorso, il nero lascia il posto ai colori positivi, rosso-giallo-bianco, simboli della vittoria degli ideali socialisti e della dissoluzione delle tenebre della persecuzione nazista.
Tutti i colori della tela denominata S17, oggetto di tesi SAF-OPD, sono stati esaminati con le tecniche d’indagine XRF, Raman, FORS, mentre i prelievi sono stati analizzati al Microscopio Ottico, al Microscopio Elettronico a Scansione e con la PY-GC-MS.
I colori degli inserti figurativi nella porzione centrale della tela.
Sono stati utilizzati almeno due tipologie diverse di nero per definire i contorni e le linee generali della composizione. La maggior parte dei contorni sono stati eseguiti con un nero matt, caratterizzato da un tratto molto simile a quello dei pastelli e dalle matite a carboncino. Le analisi non hanno dato conferme relative al legante, mentre, per quanto riguarda il colorante, le analisi Raman hanno identificato il Carbon Black.
L’altro nero di colore più intenso, lucido e più corposo, simile ai tratti eseguiti con i pastelli ad olio.  è stato utilizzato per eseguire alcuni dettagli della parte figurativa. Le analisi hanno rilevato la probabile presenza del Carbon Black, e di acidi grassi a catena dispari e colestani, caratteristici di un grasso di tipo animale.
I tratti di colore rosso tendente al bruno hanno un aspetto lucido se osservati in controluce. Le analisi conducono all’ipotesi che il materiale sia a base di Ematite utilizzato con pastelli a olio o cere.
L’aspetto del colore rosso più chiaro è matt anche in controluce. Si tratta di pastelli o carboncini con un legante gommoso.
Sono presenti due tipi di verde, uno più scuro e l’altro più chiaro, di aspetto lucido se osservati in controluce: simili ai pastelli a olio e alle cere. Per quanto riguarda il colorante, probabilmente si tratta di una miscela di ftalocianina blu con del giallo.
Per i tratti di colore azzurro si tratta di un blu ftalo. Non si hanno informazioni relative al legante, ma i tratti azzurri dell’opera, di aspetto lucido, hanno molte similitudini con i tratti eseguiti a cera.
Anche la parte figurativa delle tele delle estremità (aggiunte dopo la modifica del supporto) è stata realizzata con almeno due tipologie diverse di nero che coincidono con quelle utilizzate nella porzione centrale. In entrambi i casi, il Carbon Black è il colorante di base dei materiali artistici utilizzati.
Non è stato possibile identificare il legante e il colorante del colore rosso chiaro, ma sembra simile a quello ottenuto dalle cere o dai pastelli ad olio. In questo caso la lucidità della superficie è alterata dalla presenza di un fissativo leggermente lucido.
I colori utilizzati per realizzare le campiture realizzate con la tecnica ad aerografo (l’intreccio di archi) hanno come legante un copolimero di EA/MMA, caratteristico della pittura acrilica in dispersione acquosa (Spettrofotometria FT-IR e PY-GC-MS)
Per quanto riguarda la tavolozza, si tratta prevalentemente di coloranti sintetici: le misure XRF e le analisi al SEM relative alle campiture eseguite con l’aerografo hanno evidenziato l’assenza di elementi cromofori. L’individuazione dei coloranti è stata svolta con la Spettrofotometria Raman, che ha determinato la presenza del colorante sintetico Rutilo per il bianco, Yellow 1 per il giallo e il Carbon Black per il nero. Per quanto riguarda il rosso, è stato evidenziato l’utilizzo di due coloranti diversi a seconda delle fasi di realizzazione del Memoriale. Infatti, la tela centrale presenta un rosso a base del colorante denominato Red 3, mentre il colorante utilizzato per le tele delle due estremità aggiunte successivamente è il Red 112. La differenza tra questi due coloranti è leggermente visibile, in quanto il Red 112 è lievemente più brillante.
Su tutta la superficie pittorica, probabilmente prima che le tele venissero modificate nella forma attuale, durante l’estate del 1979, è stato applicato ad aerografo, in maniera discontinua, un fissativo che non ha conferito alla superficie semi opaco; che ha inoltre garantito stabilità alle stesure pittoriche a secco impiegate da Samonà nelle porzioni centrali.
Sembra, invece, che sulle estremità della tela (aggiunte a seguito della modifica), sia stato steso un fissativo con duplice funzione di protettivo-fissativo, di natura acrilico-vinilica, dopo il ritensionamento sulla struttura metallica. Ciò spiegherebbe la marcata risposta in fluorescenza UV presente solo sulla superficie a vista, e perché le campiture non a vista non emettano una fluorescenza NIR durante le analisi Raman.
Una differente presenza di protettivo alle estremità aggiunte potrebbe essere dovuta alla necessità di proteggere queste zone maggiormente esposte al passaggio dei visitatori e quindi alla possibilità di danneggiamenti accidentali, oppure, per una protezione più efficace del colore poiché in maggior misura soggette a ricevere, per caduta, un cospicuo deposito atmosferico.
La pedana. Nel Blocco 21, così come negli spazi dell’EX3, i visitatori camminano, lungo il percorso all’interno delle spirali, su di una pedana, alta circa 30 cm da terra, costituita da moduli composti da assi di legno di conifera (2x1m) accostate le une alle altre. I moduli sono ancorati al pavimento per mezzo di una intelaiatura di ferro posta a circa 25 cm di altezza dal pavimento.
Una balaustra lignea alta 36 cm, disposta lungo tutto il perimetro della pedana, delimita lo spazio tra il tavolato e le tele.
Impianto luci e audio. I singoli elementi che compongono l’illuminazione sono avvitati lateralmente alla pedana. Al di sotto di essa, si trovano gli altoparlanti e l’impianto audio. Quello originale smise di funzionare pochi anni dopo l’inaugurazione del Memoriale. Gli altoparlanti di forma sferica erano sospesi dal pavimento e legati precariamente al profilato metallico con il filo elettrico. Non erano dislocati nei due ambienti di passaggio.

Le recenti vicende del Memoriale da Auschwitz all’Ex-3

L’opera, accusata di non rispondere alle nuove “linee guida” che il Museo di Auschwitz si era dato dopo la caduta del Muro di Berlino, fu chiusa al pubblico nel 2009 dalla direzione che nel 2014 arrivò a minacciarne lo smontaggio e la distruzione. A seguito della decisione delle Autorità polacche di eliminare dal campo di Auschwitz il Memoriale italiano, il Governo italiano incaricò il Ministero per i Beni e le Attività Culturali del trasferimento dell’opera in Italia. Furono al contempo avviate le ricerche per trovare una nuova e degna sede espositiva a questa importante opera d’arte e per predisporre un nuovo Memoriale secondo le indicazioni ricevute. L’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro era stato incaricato nel 2011 delle prime verifiche relative alla fattibilità tecnica dello smontaggio dell’opera e del suo trasferimento in altro luogo. Quando nel 2015 divenne noto che la nuova sede sarebbe stata Firenze all’ISCR fu affiancato l’Opificio delle Pietre Dure. Su progetto dell’ISCR e con il coinvolgimento della Ditta CBC – Conservazione Beni Culturali le operazioni di documentazione, smontaggio e trasporto furono eseguite. Particolarmente elicato e complesso fu lo smontaggio dell’opera per le sue grandi dimensioni e per le condizioni ambientali avverse, ed i circa 550 metri quadrati di tela dipinta furono suddivisi in ben 23 rulli predisposti secondo le migliori condizioni per la buona conservazione dell’opera, così come furono smontati gli altri elementi costitutivi. Tutte le operazioni furono accuratamente documentate dall’I.S.C.R. anche con una ripresa in 3D, di fondamentale importanza in vista del successivo rimontaggio. Una ditta specializzata assicurò il viaggio sino a Firenze dove tutti gli elementi del Memoriale furono accolti il 1° febbraio 2016 ed immagazzinati nei locali dell’EX-3 e costantemente monitorati dall’O.P.D. per assicurare il rispetto delle ottimali condizioni di conservazione. In vista del futuro rimontaggio del Memoriale l’O.P.D. decise di approfondire lo studio delle sue condizioni che ben presto si dimostrarono assolutamente bisognose di un restauro. Le tre finalità dell’O.P.D.: operatività, ricerca e formazione sono state tutte coinvolte in questo importante progetto. Il laboratorio di restauro dei dipinti su supporto mobile assegnò anche una tesi di laurea della Scuola di Alta Formazione per definire un progetto di intervento, con la collaborazione dei restauratori e degli esperti scientifici. I risultati dello studio furono poi condivisi con la proprietà, l’A.N.E.D. , il Comune di Firenze e la Regione Toscana ed iniziarono così le trattative per riuscire a renderlo concretamente fattibile. Il necessario sostegno economico fu assicurato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, mentre i grandi spazi indispensabili furono messi a disposizione da Firenze Fiera. L’O.P.D. mantenne la Direzione dei lavori e la consulenza tecnica del restauro di cui è stata incaricata la ditta Cooperativa Archeologia che si è dotata per l’occasione delle necessarie competenze. L’intervento ha riguardato il risanamento strutturale delle tele dipinte, la loro pulitura dallo sporco e dalle macchie accumulatesi durante gli anni della prima esposizione e la predisposizione per il tensionamento sulla struttura di sostegno che, nel frattempo veniva anch’essa ripristinata. Di grande importanza è stato il continuo e stretto rapporto tra gli architetti incaricati dell’allestimento e i restauratori per poter così predisporre in modo opportuno il difficile rimontaggio del Memoriale. Si è trattato dunque di uno dei più grandi e complessi progetti di conservazione e restauro mai compiuti su di un’opera d’arte contemporanea che è stato reso possibile dal grande spirito di collaborazione di tutti gli Enti e soggetti coinvolti tutti profondamente motivati dalla necessità etica e civile di assicurare la fruizione di questo memoriale italiano di Auschwitz alle future generazioni affinché tutti i significati che esso rappresenta non andassero nel tempo dimenticati. La ricostruzione strutturale e ambientale interna è stata fedele per ricostruire e riproporre non solo l’opera intesa come un insieme di tele dipinte ma soprattutto tutte le sensazioni che il percorso interno suscitava.

Next section