
Il San Giovanni Evangelista è stato realizzato per una delle nicchie di Orsanmichele ed è generalmente collegato a un acquisto del 1377 da parte dell’Arte della Lana di “un blocco di marmo di Pisa” per realizzarvi il santo patrono. Fu destinata al tabernacolo tra via de’ Lamberti e via Calzaiuoli, da dove venne rimossa a principio del Cinquecento e sostituita con la statua in bronzo di Baccio da Montelupo.
Il San Giovanni venne spostato allo Spedale degli Innocenti, che faceva parte della corporazione dell’Arte della Lana, ed esposto in uno degli orti. Sul finire dell’Ottocento, a causa dei visibili danni alla scultura che avevano portato alla caduta di una mano e alla mutilazione dell’altra, si decise di ricoverarla nel museo del Bargello da dove fu ritirata solo nel 1915 per esporla di nuovo al Museo degli Innocenti. A seguito dell’alluvione di Firenze, del 1966, la scultura fu trasferita nei depositi dov’è rimasta imballata, avvolta in un telo di iuta che ha lasciato dei segni evidenti sul marmo, chiusa in una cassa di legno, fino al 2003.
Lo studioso Gert Kreytenberg ha attribuito l’opera allo scultore Simone Talenti, attivo intorno agli anni Cinquanta del Trecento nei cantieri di Santa Maria del Fiore, della Loggia dei Lanzi e di Orsanmichele. La scultura è stata realizzata mostrando grande attenzione alla resa dei volumi e all’espressività del volto, molto vicino agli esiti pittorici contemporanei. A questo bisogna aggiungere che l’intera scultura era in origine dipinta in superficie e ne sono rimaste solo poche e esili tracce.
L’opera è costituita da un unico blocco di marmo statuario lavorato a ferro e mazzuolo. La parte retrostante, nonostante non fosse visibile perché la statua era da collocarsi in una nicchia, è stata lavorata inizialmente con subbia e gradina fino ad arrivare a un trattamento del materiale buono e non superficiale. La parte frontale è finemente rifinita e trattata per ottenere una lucidità di superficie. Anche i due basamenti presentano una simile lavorazione e recano la scritta a caratteri gotici “SANTUS JOHES EVANGELISTA”. Il basamento senza iscrizione si presume realizzato in epoca successiva.
La scultura presentava le problematiche derivate dall’esposizione in un ambiente esterno. Nel dettaglio la superficie era interessata da depositi di particolato atmosferico e film biologici. L’azione dell’acqua aveva provocato la corrosione del materiale lapideo con una conseguente presenza di patine di ossidazione.Il marmo presenta un’alterazione cromatica dal bruno al giallo dovuta, probabilmente, all’applicazioni di patine.
Altri fenomeni di degrado legati alla perdita di materiale sono stati causati da impatti (durante gli spostamenti della scultura) e da interventi di restauro pregressi durante i quali sono state utilizzate lame metalliche che hanno causato l’abrasione della superficie. In generale su tutta l’opera vi sono numerose rotture e scheggiature in particolare sulle pieghe del panneggio e nelle parti più aggettanti. Sulla superficie si sono anche verificati segni dovuti al contatto prolungato con il telo di iuta che ha lasciato una sorta di “impronta”.
Inoltre, l’opera non ha un appoggio stabile dovuto alla mancanza di una parte della base dove si osservava una fenditura che attraversava l’intera base per circa 60 cm e un’altra per tutta la circonferenza di uno dei basamenti.
Sono state effettuate diverse analisi di micro prelievi per studiare la presenza di residui di cromie e patine:
L’intervento di restauro si è concentrato nella pulitura dei depositi o altri materiali stratificati sulla superficie.
Si è proceduto inizialmente con una spolveratura mediante pennelli a setola morbida e un microaspiratore, rimuovendo anche le nidificazioni degli insetti. Gli schizzi e le gocciolature di calce sono stati rimossi con il bisturi dopo averli ammorbiditi. La malta di congiunzione con il basamento è stata abbassata con mazzuolo e scalpello, ammorbidita con impacchi di cotone idrofilo e acqua deionizzata e, successivamente, eliminata con spazzolini e bisturi.
Le prove di pulitura per la scelta della metodologia più adatta sono state fatte nella parte inferiore a tergo. Si è optato per l’applicazione di impacchi con acqua deionizzata in sepiolite e Arbocel (in rapporto 70-30%) su carta giapponese, lasciando un tempo di contatto di un’ora e mezzo. Nelle aree dove i depositi avevano inglobato sostanze di natura grassa è stato aggiunto carbonato di ammonio (in soluzione al 5%) un tensioattivo (Tween 20 al 3%) per facilitarne la rimozione, seguito a risciacqui con acqua deionizzata.
Per quanto riguarda l’eliminazione del film biologico, sulla parte frontale del basamento della scultura, sono stati effettuati impacchi di sepiolite con una soluzione di acqua e cloruro di benzalconio al 5% applicati su carta giapponese, seguiti da abbondanti risciacqui. È emerso uno spesso strato di calcare che è stato eliminato con impacchi di resina a scambio ionico.
Le macchie e aree alterate cromaticamente sono state trattate con il laser in modalità Q-switching per uniformare l’insieme, avendo cura di preservare le tracce di policroma della superficie.
La fenditura di uno dei basamenti è stata integrata con resina epossidica (Epo 150). Dopo la pulitura si è fatta evidente una frattura passante nella parte laterale del San Giovanni che è stata trattata rinforzandola con Araldite e spolverando polvere di marmo per consentire la tenuta della stuccatura con PLM/S, polvere di marmo e Acril AC 33 al 4%.
Le superfici interessate dal dilavamento dell’acqua sono state protette con cera Multiwax applicata in soluzione al 2%.
Isidoro Castello, Alessandra Griffo, San Giovanni Evangelista, 1377 ca. Simone Talenti (1330/1340-1381) Firenze, Istituto degli Innocenti, in “OPD. Restauro”, 19, 2007, pp. 278-285.
Per un discorso più ampio sull’intero progetto di Orsanmichele cfr. Orsanmichele and the history and preservation of the civic Monument (proceeding of the symposium organized by the Center of Advanced Study in the Visual Arts, National Gallery of Art. The symposium was held in Washington October 7, 2005 and in Florence October 12-13, 2006), edited by Carl Brandon Strehlke, Yale University Press, 2012.
L’opera è esposta alla mostra in corso presso gli Uffizi dal titolo Bagliori Dorati. Il gotico internazionale a Firenze 1375-1440.
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