
Un’opera straordinaria e misteriosa, risultato di interventi avvenuti nel tempo e ancora non del tutto chiariti, oggetto di un complesso intervento di restauro sia della tavola dipinta che della struttura metallica, che ha coinvolto più settori dell’OPD
Soggetti afferenti ad altri Enti che hanno collaborato alla diagnostica: Piotr Targowski, Magdalena Iwanicka (Uniwersytet Mikolaja Kopernika w Toruniu (NCU), PL ); Maria Perla Colombini, Anna lluveras Tenorio, Alessia Andreotti (SCIBEC – Università degli Studi di Pisa); Raffaella Fontana, Enrico Pampaloni, Marco Barucci (Istituto Nazionale di Ottica – CNR, Firenze).
SSPSAE e per il Polo Museale della Citta di Venezia: Soprintendente ad interim Anna Maria Spiazzi – Gallerie dell’Accademia: direttore Matteo Ceriana.
Apertura, esame e successiva documentazione fotografica specialistica sono stati resi possibili grazie ad un finanziamento della Fondazione Gerda Henkel Stiftung di Düsseldorf.
Il restauro dell’opera è stato presentato alla mostra “Restituzioni”, inaugurata il 22 marzo 2013. L’interesse per il Reliquiario della Vera Croce ha coinvolto una rete di istituti pubblici e privati, legati da motivazioni trasversali intorno ad alcuni aspetti non del tutto chiariti circa le vicende storiche e artistiche dell’opera. Il progetto dell’intervento di restauro nasce in seguito a un primo sopralluogo, sollecitato dalla Soprintendenza Speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Venezia e dei comuni della Gronda Lagunare, per appurare la fattibilità di un parziale smontaggio dell’opera. Il Centro Tedesco di Studi Veneziani chiese infatti di esaminare l’iscrizione posta lungo il perimetro della croce reliquiario bizantina, fissata al centro della tavola di legno. Il piccolo manufatto sembra essere stato il nucleo originale, commissionato da una Irene Paleologina, imparentata con l’imperatore. Dopo una prima campagna di analisi, tra le quali quelle radiografiche, determinanti per la successiva estrazione della croce, venne progettato l’intervento di parziale smontaggio, eseguito poi in loco, all’interno della stessa Galleria dell’Accademia. Risultò comunque evidente l’esigenza di un intervento di restauro, per cui vennero presi accordi per il suo spostamento presso il laboratorio di restauro di Oreficeria dell’Opificio.
La stauroteca è ripartita in tre parti principali: la base in legno, intagliata e dorata; il fusto con nodo sferico ornato da ampie baccellature, assimilabile per estensione a un’asta; la tavola lignea rettangolare in cui è ricavato un ricettacolo cruciforme, dove è alloggiata la croce reliquiario bizantina. La tavola è dipinta con figure riccamente ornate da aureole in argento e cornici impreziosite da gemme incastonate e imperniate. La croce bizantina è in filigrana d’argento dorato e reca al centro la figura di Gesù crocifisso, cesellata e sbalzata su lamina aurea. Otto formelle, dipinte in blu e decorate con roselline in oro dipinto, incorniciano due vetri molati e dipinti con le immagini di Elena e Costantino, quattro teche rettangolari con reliquie e due formelle sbalzate su lamina aurea, assemblate sulla probabile anima lignea attraverso cornici in argento modanato e dorato, applicate con viti e perni.
Lo stato di conservazione dell’opera era nel complesso discreto, poiché non si evidenziavano fenomeni di cedimento strutturale o di dissesto delle varie parti. Gli elementi in argento, in particolare, erano offuscati da una patina nerastra discontinua, legata alla solfurazione della materia. Anche le superfici dipinte mostravano una discontinuità nella stesura della vernice. Inoltre, molti erano i sollevamenti della pellicola pittorica e diffuse le craquelure delle placchette blu e delle medaglie verdi presenti sulla croce filigranata, che destavano particolare preoccupazione.
Il restauro del Reliquiario della vera croce del Cardinal Bessarione ha avuto dunque inizio dallo smontaggio parziale, avvenuto nei giorni 29 e 30 novembre 2010 presso la Galleria dell’Accademia di Venezia, per consentire la lettura dell’iscrizione in greco, non visibile a oggetto montato, ma della cui esistenza si aveva conoscenza grazie alla documentazione, risalente al 1767, che testimoniava l’ultima lettura e trascrizione dell’iscrizione a opera di Giovanni Battista Schioppalalba (In Perantiquam Sacram Tabulam Graecam Insigni Sodalitio Sanctae Mariae Caritatis Venetiarum Ab Amplissimo Cardinali Bessarione Dono Datam Dissertatio, edito in Venezia). Lo smontaggio è avvenuto nel seguente ordine: rimozione delle cornici laterali e della cornice a forma di ‘U’, tramite spatole di varia misura e pinze adatte all’estrazione dei chiodini in rame, che serravano le cornici al supporto ligneo; rimozione delle cornici modanate in argento dorato, poste intorno alla stauroteca e delimitanti le lastre in argento e le teche contenenti le reliquie; estrazione delle lamine in argento dipinte di blu, con applicazioni di rosette in oro; rimozione delle laminette auree sbalzate e dei cristalli graffiti e dipinti; rimozione dei cunei in legno ed estrazione di piccolissimi chiodini in argento che impedivano la fuoriuscita della stauroteca dallo scasso; estrazione della stauroteca in argento dorato. A seguito del trasferimento dell’opera a Firenze, sono state intraprese tutte le operazioni di ricerca diagnostica, fasi di pulitura, consolidamento e protezione, sia sugli elementi metallici che sulla tavola dipinta, per giungere infine al rimontaggio finale.
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