Il piano di tavolo, rimasto a lungo nei depositi del Museo del Prado a causa del lacunoso stato di conservazione, proviene dalla collezione di Don Rodrigo Calderòn, nobiluomo che godette per un certo periodo di grande favore presso la corte del re Filippo III. Si tratta di un’opera sicuramente realizzata dalla Manifattura Granducale e si può ipotizzare che sia stata donata da Ferdinando all’influente nobiluomo spagnolo.
Al suo arrivo nel laboratorio dell’Opificio il piano si presentava in un pessimo stato conservativo, dovuto principalmente ad importanti e diffuse lacune, imputabili sia ad asportazioni intenzionali (come nel caso dei materiali più preziosi quali lapislazzuli e corallo) che alla perdita delle proprietà adesive della colla a caldo, causa, quest’ultima, anche del distacco della lastra centrale in alabastro orientale, che si presentava, oltre che decoesa, fratturata e lacunosa. La superficie appariva molto abrasa, offuscata ed ingiallita da depositi stratificati di natura organica ed inorganica.
Dopo la pulitura preliminare dell’intera superficie e la rimozione dei residui del collante dalle lacune, è stata affrontata la problematica relativa all’integrazione delle lacune. Una dettagliata mappatura ha evidenziato che le lacune esistenti risultavano facilmente ricostruibili, poiché erano identificabili sia il disegno originale ed i materiali delle parti mancanti; si è scelto perciò di realizzare le integrazioni impiegando materiale analogo a quello originale, per poi ricollocarle nei rispettivi alloggiamenti incollandole con l’adesivo tradizionale a base di colofonia e cera d’api.
Nel caso particolare della perduta coppia di uccellini affrontati, di cui rimaneva solo la sagoma, in assenza di riferimenti formali oggettivi si è optato, dopo uno studio di simili modelli contemporanei al manufatto, per una ricostruzione arbitraria, ma perfettamente removibile dal relativo alloggiamento tramite calamite.
L’angolo mancante è stato ricostruito in marmo bianco, fissato con perni e resina al piano originale, successivamente “scassato” e integrato nella decorazione, infine patinato per armonizzarsi con la parte originale.
La lastra centrale in alabastro orientale è stata integrata nelle parti mancanti e fatta riaderire al supporto mediante riscaldamento della superficie e iniezioni di alcool etilico, operazioni che hanno consentito un recupero delle proprietà adesive originarie della colla tradizionale.
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