La Pianeta alluvionata che versava in condizioni pessime è stata oggetto di una tesi sperimentale che ha mirato principalmente alla comprensione delle muffe presenti sull’opera e alla loro rimozione, attraverso vari tipi di puliture.
La pianeta è stata oggetto della tesi di diploma di Marina Zingarelli a conclusione della S.A.F. dell’Opificio delle Pietre Dure, anno 2005, dal titolo: “L’unica pianeta dell’ex Museo del Risorgimento di Firenze: il difficile recupero dopo l’alluvione del 1966”.
Restauratrice: Marina Zingarelli (Tesista SAFS)
Relatori: S. Conti, M. Ciatti, C. Lalli, L. Lucchesi.
La particolarità di un tessile apparentemente comune sta nell’ipotetica appartenenza al padre barnabita Ugo Bassi, “seguace” di Giuseppe Garibaldi nelle guerre per l’unificazione dell’Italia.
Un’altra caratteristica che differenzia la pianeta da qualsiasi altra della sua categoria è l’essere stata una sfortunata protagonista dell’evento che il 4 novembre del 1966 “sconvolse il mondo intero”: l’alluvione di Firenze.
L’opera è un abito liturgico, per l ‘esattezza una pianeta, realizzata con un tessuto in taffetas laminato, con lamina d’argento, broccato. Il modulo decorativo propone simboli della cultura siciliana sia di carattere religioso che laico: grandi fiori, elementi architettonici, carri della tradizione popolare.
Taffetas laminato, broccato
L’opera, alluvionata nel 1966, si presentava in uno stato di conservazione pessimo.
Lo stato di conservazione strutturale del tessuto in fibra animale sembrava essere discreto, in base ad una prima indagine, ma dopo le indagini si è verificato essere pessimo, mentre lo stato di conservazione della fibra vegetale della fodera era evidente fosse pessimo, con ampie lacune di tessuto e attacchi di natura biologica.
Tutto l’oggetto era interessato da depositi generici di polveri superficiali e da abbondanti attacchi biologici di diverse tipologie. Altri tipi di degrado erano costituiti da macchie di colore rossastro, di cui non si conosceva la natura, evidenti sia sul retro dell’oggetto che sul fronte, distribuiti su tutta la superficie in forma di grandi aloni.
Un’altra forma di degrado era un deposito di lanugine di colore grigio, probabilmente dovuto all’inglobamento di polveri, spesso presente sopra gli attacchi biologici costituendo con questi ultimi un unicum.
Come il tessuto principale, anche la fodera versava in uno stato di degrado pessimo, presentando numerose lacune. In buona parte la fibra era carbonizzata e, quasi sicuramente, attaccata dagli attacchi fungini. Erano presenti numerose macchie, in particolare di colore nero corrispondenti a incrostazioni; la fibra costituente la struttura tessile risultava pesantemente irrigidita.
Il manufatto risultava interessato da un attacco biologico dovuto alla crescita di elementi fungini. Le analisi hanno permesso di isolare e documentare strutture fungine appartenenti al genere dei Penicillium.
I funghi appartenenti al genere Penicillium sono comunissimi e diffusi ovunque (nell’aria, nel suolo, sulla carta, sul legno) la loro crescita è favorita da condizioni di alta umidità e temperatura compresa in un range di 20-25 °C e ovviamente dalla disponibilità di materiale organico da metabolizzare.
La pianeta è stata pertanto aspirata in settori, secondo la suddivisione dettata dalla distribuzione dei galloni, pulita dopo numerosi test di pulitura con microaspirazione controllata, e in seguito umidificata a freddo in modo graduale.
Le parti, separate, sono state oggetto di una pulitura per immersione con detergente non ionico; è stata loro fatta una pulitura su tavola a bassa pressione con miscele opportunamente testate di detergenti e solventi; la fase finale ha previsto un consolidamento per adesione a seguito di una estesa ricerca a livello internazionale sui migliori adesivi in uso su supporti tessili.
Infine le varie parti della pianeta sono state ricomposte a cucito.
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