Il restauro della corazza, guidato dalle ricerche storico-artistiche e dalle risposte fornite dalla campagna diagnostica eseguita sul manufatte, è consistito in articolate operazioni di pulitura e di consolidamento, e ha previsto la progettazione del supporto ai fini di una corretta esposizione.
La manchira è stata oggetto della tesi di diploma di Licia Triolo a conclusione della S.A.F. dell’Opificio delle Pietre Dure, anno 2009, dal titolo: “I tessili dei samurai e il collezionismo ottocentesco: una manchira dal Museo Stibbert di Firenze. Studio, intervento conservativo e progetto espositivo di un’opera polimaterica”.
Restauratori: Licia Triolo (tesista SAFS); Andrea Santacesaria (supporti lignei temporanei)
Relatori: M. Ciatti, S. Conti, Maria Rizzi, Ilaria Degano, Bruno Radicati.
Parte di un’armatura samurai attribuita all’inizio del periodo Edo (XVII-XIX sec) realizzata in sete policrome, lino, lana, pelle tinta, osso (parti esterne del costume); canapa, maglia metallica e rombi in cuoio bollito (imbottitura interna del costume).
Il costume poteva essere indossato in caso di battaglia sopora il dō, parte superiore della complessa armatura samurai, non si esclude il suo uso anche in tempo di pace. Appare come un gilet chiuso sui fianchi da due abbottonature per lato (osso e seta) con spalline e collo rigidi, decorati ad esagoni. La parte anteriore del costume è chiusa da due fiocchi e decorata interamente con un tessuto di colore blu scuro. Il tessuto che riveste sul fronte e sul retro l’opera è un damasco raffigurante quattro tipologie di draghi il cui corpo disegna un cerchio, su un pattern di fondo composto da due linee rette ed una ondulata con andamento diagonale.
La parte posteriore ha un’apertura al centro in basso (detta bussaki) per permettere di issare i vessilli di battaglia posti sulla schiena. La fodera interna della manchira è in lino di colore azzurro chiaro. Le indagini non invasive (RX) hanno mostrato la presenza di una fitta e bellissima intelaiatura a maglie metalliche ed esagoni in cuoio bollito con il fine di rinforzare il costume da attacchi con lame e allo stesso tempo rendere il samurai libero nei movimenti.
Pessimo. Si osserva un consistente particellato adeso alle fibre e concentrato nella parte alta dell’opera, laddove si trovano le spalline e il colletto.
Sono presenti profonde deformazioni perimetrali e che interessano tutta la struttura, compromettendo lo stato di conservazione del tessuto di fondo.
Si osservano mancanze di ordito consistenti nel tessuto di fondo e una fragilità estesa nelle fettucce di colore viola poste su spalline e colletto.
Laddove si osserva la mancanza di orditi, le trame appaiono slegate e fuorisede, in molti casi spezzate. Queste tipologie di degrado si trovano concentrate nella parte anteriore dell’opera, probabilmente in conseguenza di uno sfregamento con altre parti dell’armatura samurai, che andavano indossate sopra la manchira. Sempre concentrate nelle stesse aree osserviamo la presenza di lacune nel tessuto di fondo.
Vi è una consistente presenza di aloni che potrebbero ricondursi alla sudorazione estesa a tutto il tessuto di fondo e la fodera di colore azzurro chiaro.
La bordura in pelle presenta uno strato di particellato consistente. Notiamo un imbrunimento legato probabilmente alle parti dove e avvenuto un maggiore sfregamento; in svariate zone si osserva la presenza di mancanze di materia probabilmente ascrivibili ad agenti biodeteriogeni.
Non risulta alcun intervento precedente che abbia interessato l’opera o parte di questa.
Le operazioni sono state guidate tanto dalle ricerche storico-artistiche, quanto dalle risposte fornite dalla campagna diagnostica eseguita sul manufatto.
La prima fase ha previsto la scelta e realizzazione del tessuto con funzione di supporto per la fermatura delle trame slegate. Il tessuto in seta, opportunamente tinto e stampato a mano sulla base del modulo a draghi del tessuto di fondo, è stato inserito sotto le zone di degrado che interessavano le spalle e fermato soltanto lungo la bordura in pelle dell’opera.
La seconda fase dell’intervento di consolidamento ha previsto la parallelizzazione delle trame slegate con una fermatura dei filati. La terza fase ha riguardato poi il trattamento delle trame slegate e molto corte. Per queste si è svolto un intervento sperimentale che ha previsto la giunzione delle trame con un prolungamento in filato di poliestere al fine di potere trattare il “nuovo” e più lungo filato inserendolo nel tessuto di supporto.
Progettazione del supporto in plexiglass su misura ai fini di una corretta esposizione.
La scelta si è indirizzata nella realizzazione di una struttura modellata sulla manchira in plexiglass spesso 3 mm.
L. Triolo, Uno ‘scrigno tessile’ prezioso per la storia del Giappone: lo studio per l’intervento conservativo eseguito su una manchira dal Museo Stibbert in «OPD Restauro», 31, 2019, 133-142
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