Palma il Vecchio, Polittico di San Giacomo Maggiore, 1520 ca., Chiesa di San Giacomo, Peghera (BG)

  • : Intervento di restauro
  • Stato attività: concluso

Dati

Informazioni sull’attività

Informazioni sull’opera

Informazioni storico-descrittive

Il Polittico di San Giacomo Maggiore, eseguito intorno al 1520 è una delle poche opere di Palma il Vecchio attualmente presenti nella provincia bergamasca. Dimensioni totali cm 261 x 204 x 12 (17,5 con scatolatura)
L’opera è stata collocata fin dalla sua realizzazione sull’altare maggiore della chiesa di San Giacomo Maggiore (eretta nel 1378) a Peghera, piccolo centro montano della Valle di Taleggio. Il polittico è costituito da sei pannelli distribuiti su due ordini e da una lunetta inseriti in una cornice (non è più presente la cornice originale ma una risalente al secolo scorso): nel registro inferiore sono collocati i tre pannelli di dimensioni maggiori raffiguranti i santi Giacomo, posto al centro, stilisticamente derivato da un modello belliniano, Sebastiano, a sinistra e Rocco a destra; nel registro superiore ci sono i tre pannelli più piccoli con Cristo nel sepolcro tra Sant’Ambrogio e Sant’Antonio Abate mentre nella cimasa a forma centinata è raffigurato il Padre Eterno. L’iconografia risponde ad un momento ben preciso, ovvero alla fine di una grave ondata di pestilenza nell’area lombarda -non a caso San Rocco e San Sebastiano sono i Santi che proteggono da questo tipo di epidemie-. Sant’Ambrogio invece fu il flagellatore degli eretici ariani, mentre Sant’Antonio Abate viene invocato per la protezione degli animali e contro gli incendi. L’attribuzione al Palma del polittico di Peghera è stata individuata per mezzo delle ipotesi stilistiche poiché non ci sono pervenuti documenti di alcun tipo; questo, però, non ha costituito un ostacolo per giungere infine ad un giudizio unanime da parte della critica. È probabile che alla loro esecuzione abbiano collaborato anche aiuti, poiché questi dipinti sembrano solo in parte di mano del maestro.
Difficoltà maggiori e discordanze hanno invece riguardato la datazione, che infine è stata ricondotta intorno al secondo decennio del Cinquecento.

Storia conservativa
La cornice che racchiude le tavole risale ai primi del Novecento: quella originaria fu tolta probabilmente in occasione dei lavori di ristrutturazione della chiesa, durante i quali venne costruito un nuovo altare di marmi policromi al posto di quello ligneo, iniziale collocazione del polittico. Si può verosimilmente supporre che la sostituzione, oltre a motivi di gusto, possa essere ricondotta anche a gravi problemi di conservazione.
Le notizie relative al Polittico ci informano che è stato oggetto di almeno quattro restauri documentati: al 1886 e al 1906 risalgono i primi due, eseguiti da Cavenaghi; i successivi interventi furono effettuati nel 1920 da Mauro Pellicioli e nel 1958 da Alessandro Allegretti (dello studio Pellicioli). Notizie dettagliate in merito agli interventi di Cavenaghi non ce ne sono, ma esistono soltanto generiche informazioni: sappiamo peraltro che i restauri riguardarono l’intero dipinto, dal supporto al colore.
Il restauro del 1920 è avvenuto all’indomani della Grande Guerra su una serie di opere di Bergamo e provincia, ritornate nella sede di provenienza dopo essere state ricoverate a Roma per preservarle da possibili danni derivanti dal conflitto. L’ultimo intervento del 1958 è consistito in alcune fermature di colore e ritocchi.
È opportuno rilevare che il ripetersi degli interventi sul Polittico a così breve distanza l’uno dagli altri denuncia una situazione di condizioni conservative problematiche e non definitivamente risolte.

Tecnica esecutiva

Il supporto di ciascun pannello è di legno di pioppo, costituito da due assi poste in verticale; l’unica opera costituita da una sola asse orientata in orizzontale è la lunetta con il Padre Eterno le cui traverse sono poste in obliquo, convergenti in alto e fermate con piccoli chiodi. Il sistema di controllo è costituito da traverse in abete: nei tre pannelli più grandi la struttura è tenuta da tre coppie di nottole fermate con coppie di chiodi di sezione regolare a “T” rovesciata. Delle altre due tavole il Sant’Ambrogio non ha più il sistema originario di controllo, sostituito in precedenti interventi, mentre i due pannelli rimanenti (Pietà e Sant’Antonio Abate) conservano le traverse originali di abete rastremate inserite in tracce a sezione trapezoidale per circa un terzo dello spessore.
Lungo la commettitura delle tavole, esclusa la lunetta, sono state inserite due farfalle di pioppo, poste in prossimità dei margini alto e basso. Stesso tipo di lavorazione: le assi sono state rettificate singolarmente ed accostate a spigoli vivi senza elementi interni di collegamento. Non c’è la presenza di tela fra legno e preparazione.
Il dipinto è eseguito con colori a olio e tutta la parte pittorica, compresi gli strati di preparazione, è costituita da stesure di esiguo spessore. Sono rilevabili i segni del pennello nella stesura dell’impasto oleoso, caratterizzata da vari sistemi di applicazione: appaiono infatti sia pennellate a corpo che fluide, diluite; campiture a velatura, oppure sovrapposizioni di campiture; è stata utilizzata anche la tecnica al risparmio, che sfrutta lo strato di preparazione come trasparenza; in alcune zone, soprattutto del pannello con il Padre Eterno si nota l’impronta della trama di un tessuto: qui è stata probabilmente impiegata la tecnica “a tampone” ottenuta immergendo un lembo di stoffa nel colore e picchiettandolo sulla superficie da colorare.
I materiali costituenti gli strati preparatori e pittorici sono quelli comunemente utilizzati all’epoca: le risposte ottenute dalle indagini scientifiche (Fluorescenza X, sezioni stratigrafiche) hanno indicato che Palma ha utilizzato i pigmenti tradizionalmente impiegati; la specificità che questo tipo di pittura ha mostrato risiede casomai nell’accostamento e nelle successioni di stesure allo scopo di ottenere particolari effetti cromatici.  Anche la presenza di stesure colorate di sottofondo e/o di imprimiture, rilevate nei campioni stratigrafici, contribuiscono a dare effetti di brillantezza al colore. L’indagine in infrarossi b/n eseguita durante una fase avanzata della pulitura ha messo in evidenza la presenza di alcuni segni che possono essere ricondotti a un disegno preparatorio nel pannello con La Pietà, nella quale si notano sottili tracce di costruzione del braccio destro di Cristo e altri piccoli segni probabilmente utilizzati come riferimento per la corona di spine, eseguita invece in un’altra posizione. Altrove le differenze rilevabili rispetto alla stesura finale sembrano essere attribuibili, più che a un disegno vero e proprio, a stesure pittoriche sottostanti, cambiate in corso d’opera. Tali pentimenti riguardano soprattutto la posizione delle gambe del San Rocco che sono state oggetto di almeno due cambiamenti. Anche lo scollo, la spalla destra del San Giacomo e il libro risultano variate nelle loro dimensioni: alcune di queste trasformazioni si possono rilevare anche a luce visibile.
Sono presenti incisioni tracciate sulla superficie per delimitare le parti geometriche, come ad esempio il sepolcro di Cristo e il pastorale di sant’Ambrogio.

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