Quello dell’Assunta è uno dei cinque “Caleffi” conservati presso l’Archivio di Stato di Siena. È chiamato “Bianco” per il colore del cuoio che in passato ne rivestiva la coperta, mentre l’appellativo “dell’Assunta” gli deriva dalla miniatura, posta nel frontespizio in un fascicolo aggiunto in una data di poco successiva alla conclusione del manoscritto.
Considerata uno dei capolavori dell’arte senese della prima metà del XIV secolo, la miniatura è opera di Niccolò – figlio di Sozzo di Stefano anch’egli miniatore – che si firma in caratteri oro sul pavimento in basso a destra. Raffigura l’Assunzione della Vergine in cielo circondata da ventiquattro angeli in volo di cui quattro reggono la mandorla. In basso è San Tommaso, in ginocchio, con accanto la cintola che secondo il racconto del Vangelo la Vergine lasciò a terra per dare un segno tangibile della sua Assunzione. La cornice a motivi geometrici presenta agli angoli i santi Patroni della città: Crescenzio, Savino e Vittore e Ansano, a figura intera nell’angolo in basso a sinistra. Circonda il riquadro una ricca decorazione a motivi geometrici, tralci vegetali stilizzati e drolerie, tutte giocate su un intenso cromatismo di colori corposi e smaltati. Il richiamo alla città di Siena torna ancora nella parte bassa della pagina dove sono i tre stemmi: al centro la Balzana, simbolo del Comune con ai lati due stemmi del Popolo.
Per quanto riguarda la datazione la critica è oggi pressoché concorde a collocarla verso la fine del Quarto decennio del XIV secolo, in un epoca di poco successiva alla conclusione del Caleffo che contiene la trascrizione di privilegi imperiali, bolle papali, patti con famiglie e con la città dal 813 al 1336.
La tecnica di esecuzione è raffinatissima secondo i caratteri tipici della miniatura gotica. Terminata la parte scritta, il testo veniva affidato al miniatore che ne eseguiva preliminarmente il disegno. In questo caso l’artista ha utilizzato uno stilo di piombo per le parti a motivi geometrici e prospettici, mentre i profili delle figure sono definiti da un leggerissimo inchiostro bruno steso a pennello. La realizzazione della miniatura ha preso avvio dall’applicazione dell’oro in foglia, utilizzato in questo caso per la parte centrale, le aureole ed alcuni elementi vegetali; tracce di argento in foglia si riscontrano invece nei vessilli, anche se molto abrasi.
Le parti a colore sono state trattate con campiture omogenee di pigmenti individuati nel corso del presente restauro grazie ai risultati di analisi non invasive come la Fluorescenza X (XRF), la Fluorescenza UV, la Riflettografia IR in b/n e in falso colore. Possiamo quindi dire che i rossi sono ottenuti con cinabro, minio e lacche, i verdi con pigmenti a base di rame, i toni bruni con ocre e terre, mentre le parti in azzurro sembrerebbero essere state realizzate con lapislazzuli data la loro invisibilità all’XRF. La miniatura è stata infine lumeggiata a biacca e rifinita con oro a pennello.
I problemi conservativi della miniatura erano legati soprattutto alla sua collocazione in una posizione, quale il frontespizio, fortemente esposta all’usura. L’uso assiduo e poco attento nel corso dei secoli aveva causato danni soprattutto lungo i margini del foglio che mostravano piccole rotture, abrasioni e perdite di materia. Nelle parti centrali invece lo strato pittorico appariva piuttosto ben conservato ad eccezione di alcuni sollevamenti di colore e di oro nella zona dell’aureola della Vergine, causati dalla presenza di due pieghe diagonali prodottesi a causa del generale irrigidimento del supporto per le non ottimali condizioni di conservazione.
La preziosità della miniatura e l’impossibilità di garantirne le condizioni conservative ottimali lasciandola all’interno del Califfo – per altro non ancora restaurato – ha fatto optare, in fase di restauro, per la sua rimozione dal codice ed il montaggio con “falsi margini” all’interno di un passe-partout.
Il restauro ha previsto le seguenti fasi:
Il restauro nel Settore Disegni e Stampe ha coinvolto anche il fascicolo che conteneva la miniatura. I fogli sono stati puliti con una miscela idroalcolica. La parte manoscritta è stata deacidificata con nanocalce in alcool isopropilico; le lacune sono state integrate con carta giapponese; spianamento della pergamena in camera di umidità e sotto peso. Il fascicolo è stato infine ricomposto ed inserito in una scatola idonea per la conservazione.
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