Niccolò di Ser Sozzo, Frontespizio miniato del “Caleffo Bianco dell’Assunta”, 1336 ca., Archivio di Stato, Siena

  • : Intervento di restauro
  • Stato attività: concluso

Dati

Informazioni sull’attività

Informazioni sull’opera

Informazioni storico-descrittive

Quello dell’Assunta è uno dei cinque “Caleffi” conservati presso l’Archivio di Stato di Siena. È chiamato “Bianco” per il colore del cuoio che in passato ne rivestiva la coperta, mentre l’appellativo “dell’Assunta” gli deriva dalla miniatura, posta nel frontespizio in un fascicolo aggiunto in una data di poco successiva alla conclusione del manoscritto.
Considerata uno dei capolavori dell’arte senese della prima metà del XIV secolo, la miniatura è opera di Niccolò –  figlio di Sozzo di Stefano anch’egli miniatore – che si firma in caratteri oro sul pavimento in basso a destra. Raffigura l’Assunzione della Vergine in cielo circondata da ventiquattro angeli in volo di cui quattro reggono la mandorla. In basso è San Tommaso, in ginocchio, con accanto la cintola che secondo il racconto del Vangelo la Vergine lasciò a terra per dare un segno tangibile della sua Assunzione. La cornice a motivi geometrici presenta agli angoli i santi Patroni della città: Crescenzio, Savino e Vittore e Ansano, a figura intera nell’angolo in basso a sinistra. Circonda il riquadro una ricca decorazione a motivi geometrici, tralci vegetali stilizzati e drolerie, tutte giocate su un intenso cromatismo di colori corposi e smaltati. Il richiamo alla città di Siena torna ancora nella parte bassa della pagina dove sono i tre stemmi: al centro la Balzana, simbolo del Comune con ai lati due stemmi del Popolo.
Per quanto riguarda la datazione la critica è oggi pressoché concorde a collocarla verso la fine del Quarto decennio del XIV secolo, in un epoca di poco successiva alla conclusione del Caleffo che contiene la trascrizione di privilegi imperiali, bolle papali, patti con famiglie e con la città dal 813 al 1336.

Tecnica esecutiva

La tecnica di esecuzione è raffinatissima secondo i caratteri tipici della miniatura gotica. Terminata la parte scritta, il testo veniva affidato al miniatore che ne eseguiva preliminarmente il disegno. In questo caso l’artista ha utilizzato uno stilo di piombo per le parti a motivi geometrici e prospettici, mentre i profili delle figure sono definiti da un leggerissimo inchiostro bruno steso a pennello. La realizzazione della miniatura ha preso avvio dall’applicazione dell’oro in foglia, utilizzato in questo caso per la parte centrale, le aureole ed alcuni elementi vegetali; tracce di argento in foglia si riscontrano invece nei vessilli, anche se molto abrasi.
Le parti a colore sono state trattate con campiture omogenee di pigmenti individuati nel corso del presente restauro grazie ai risultati di analisi non invasive come la Fluorescenza X (XRF), la Fluorescenza UV, la Riflettografia IR in b/n e in falso colore. Possiamo quindi dire che i rossi sono ottenuti con cinabro, minio e lacche, i verdi con pigmenti a base di rame, i toni bruni con ocre e terre, mentre le parti in azzurro sembrerebbero essere state realizzate con lapislazzuli data la loro invisibilità all’XRF. La miniatura è stata infine lumeggiata a biacca e rifinita con oro a pennello.

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