Allievi III anno PFP1 a.a. 2013-2014 – SAFS: Alice Maccoppi, Francesca Siena, Eleonora Vittorini
ISPC-CNR (già ICVBC): Emma Cantisani, Silvia Vettori, Barbara Salvadori
Suggestivo gruppo scultoreo trecentesco in calcare organogeno, originariamente policromo, costituito da Cristo deposto nel sudario, che sta per essere collocato nel sepolcro e sei dolenti a grandezza naturale che lo attorniano su tre lati. Il complesso di statue, dai caratteri di forte pathos e accentuazioni di tipo espressionistico capaci di suscitare un intenso coinvolgimento emotivo nel riguardante, è attribuito al Maestro di Sant’Anastasia e collocato cronologicamente nella prima metà del XIV secolo. Esso proviene dalla chiesa del Santo Sepolcro a Caprino Veronese da dove nel 1980 è stato trasferito, per ragioni di sicurezza, nel Museo civico di Villa Carlotti a Caprino. L’opera, che risulta resecata dell’intera parte inferiore corrispondente alle gambe dei dolenti e allo sviluppo inferiore del sudario e del sarcofago, mostra parecchie trecce di un’antica policromia.
Le sculture in calcare organogeno, originariamente policrome, non sono scolpite a tutto tondo ma presentano molti dettagli nella parte frontale e laterale e solo segni di sbozzatura sul retro.
Le condizioni termoigrometriche, avendo subito significative variazioni nel tempo, sono la più importante causa del degrado oggi presente su questi materiali scultorei.
Il terremoto del 2012 in Veneto ha contribuito a peggiorare una condizione di per sé precaria e bisognosa di un intervento urgente sia di tipo attivo (sui materiali) che passivo (sull’ambiente). A causa delle ultime sollecitazioni telluriche le sculture hanno subìto nuovi danni e per questo attorno a ciascuna figura è stata costruita una gabbia lignea per la messa in sicurezza.
In sintesi, le morfologie di degrado presenti sono: perdita quasi completa delle superfici policrome, abbondante presenza di sali solubili, fessurazioni, fratturazioni, polverizzazione del materiale, perdita di frammenti e scaglie, distacco di elementi significativi, mancanze.
I segni brutali della mutilazione operata sui manufatti con una disomogenea resecazione orizzontale ha comportato la loro riduzione a una serie di busti disarticolati. Questi, con la parte inferiore variamente e gravemente scalpellata, erano segnati da fessurazioni e rotture di varia entità e un processo diffuso di decoesione del materiale che si sfaldava al solo tatto. Consistenti gli interventi precedenti di risarcimento eseguiti con stuccature di malta cementizia o di gesso, impiegato anche per i rifacimenti delle parti mancanti e vari incollaggi. La superficie si presentava coperta da uno spesso deposito di polveri e alterata da stratificazioni di calce, da cui a tratti affioravano tracce di policromia eseguita a tempera. Dai dati offerti dalle indagini effettuate emerge che le statue policrome siano state nel tempo private gradualmente del colore originale con ridipinture eseguite in date ancora da precisare.
Le fasi operative dell’intervento di restauro degli anni Ottanta del Novecento si erano focalizzate sulla prioritaria urgenza di asportare i sali solubili e nel consolidamento della pietra decoesa. A queste operazioni era seguito il riassemblaggio delle varie parti staccatesi e il fissaggio preventivo dei frammenti di colore recuperati. Le fessure e alcune lacune erano state puntualmente stuccate sottolivello. Sulla superficie porosa e con un indice elevato di assorbimento era stato steso un protettivo finale. Durante l’ultimo intervento di restauro (2000) si era proceduto con l’asportazione dei sali e con il consolidamento in profondità del materiale costitutivo.
Le indagini hanno previsto un primo studio delle superfici lapidee sotto luce u.v., i.r. e i.r. falso colore. Dopo questa fase sono state individuate le zone su cui eseguire indagini non invasive con XRF portatile. Sono stati prelevati anche alcuni campioni per l’analisi al SEM (EDS) e GCSM. Per l’indagine petrografica sono stati utilizzati campioni già distaccati ed analizzati con XRD.2
Per quanto concerne i Sali, questi, oltre ad essere analizzati per conoscerne la natura, sono stati sottoposti a prove in laboratorio per poter avere i parametri di deliquescenza degli stessi e poter allestire un adeguato piano di manutenzione.
L’intervento di restauro ha previsto le operazioni di:
Pre-consolidamento del materiale lapideo e pittorico contestuale e/o preliminare alla rimozione delle velinature applicate dal restauratore della Soprintendenza per la movimentazione del Gruppo scultoreo – Pulitura – Estrazione dei sali solubili – Rimozione dei materiali di deposito e applicati negli interventi pregressi – Consolidamento coesivo, adesivo e strutturale – Fissaggio, coesione e adesione del materiale costitutivo e della pellicola pittorica – Inserimento di perni o materiale di rinforzo.
Integrazione, stuccature delle soluzioni di continuità.
Ricostruzione delle parti mancanti sulla figura di Nicodemo: le integrazioni sono state realizzate, dopo un attento studio e diversi confronti con opere coeve, a partire dalla scansione 3D e successiva prototipazione rapida dei volumi.
Studio e realizzazione di un supporto/base autoportante, per singola opera, così da garantire in sicurezza la posizione verticale del busto; a partire dalla scansione delle superfici tridimensionali delle sculture.
Studio e individuazione del microclima più idoneo dell’ambiente espositivo del Mortorio e suo monitoraggio di controllo.
Piano di manutenzione e prevenzione programmata.
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