La Madonna di Citerna è una scoperta, un capolavoro nascosto sotto molte mani di ridipinture che ne celavano la magistrale creazione. Nonostante fosse definita dalla sua targhetta “opera popolare di scarso valore”, rivelava le indiscutibili capacità tecniche del suo modellatore. L’opera è stata oggetto di un vasto e articolato lavoro di ricerca in più campi, da quello storico, a quello scientifico e non ultimo quello stilistico che ha permesso di collocare l’opera nella ben nota bottega della famiglia della Robbia e, più precisamente, a Luca della Robbia il Giovane (Firenze 1475, Parigi 1548).
La scultura in terracotta è formata da tre parti svuotate internamente: il bambino, le gambe della Vergine e il busto della Vergine. Il bambino è dipinto a freddo con una tempera a base proteica, mentre la Vergine è in parte anche invetriata. Sia sul manto e sul velo, invetriati, che sulla veste rossa, dipinta a freddo, sono state eseguite dorature in foglia a decoro dei bordi dei panneggi.
Il fregio della cornice è una terracotta smaltata, foggiata a stampo e rifinita per modellazione diretta, composta da 17 pezzi di cottura, che presentano la caratteristica struttura scatolare, aperta e svuotata sul retro, con diaframmi trasversali di irrigidimento. L’impasto ceramico è di tonalità chiara per la presenza di carbonati.
Gruppo scultoreo
Le tre parti di cui è composto il gruppo scultoreo sono unite tra loro con resina mastice e presentano fino a cinque strati di ridipintura ad olio, sia sulle superfici policrome che sulle invetriate. Il busto della Vergine è rotto in tre porzioni (testa, spalla e braccio destro, parte sinistra del busto), alcune riassemblate con resina mastice, altre con resina poliestere. Manca completamente una porzione di modellato sul ventre e sono perdute la seconda e la terza falange dell’indice e del dito medio della mano sinistra; il naso della Vergine risulta ricostruito con resina mastice e ridipinto.
Lo smalto appare indebolito da craquelures sulla superficie posteriore del busto, e presenta alcune mancanze sul fronte in corrispondenza del velo, sul manto blu e nel risvolto verde all’altezza del basso ventre. Un chiodo in ferro forgiato a mano, fissato a piombo sul polso destro della Vergine, costituisce l’ancoraggio non originale della figura del Bambino al gruppo scultoreo. Al bambino manca totalmente il braccio destro e la testa è fratturata con una fessura che va dalla nuca all’orecchio destro.
Fregio
Il fregio si trovava inserito nell’apparecchiatura muraria dell’altare laterale dedicato alla Madonna del Rosario, nella Chiesa di San Francesco a Citerna (Perugia). I singoli moduli si presentavano in stato frammentario. Sulla superficie degli elementi, oltre a depositi di particellato coerente ed incoerente, erano presenti segni di precedenti interventi, come ridipinture, dorature, nonché ricostruzioni in gesso e stucco. Tra le integrazioni più estese quella del cherubino in alto a destra e la parte bassa dei piedritti della cornice. Erano inoltre evidenti tracce di vernici, ed eccedenze di collanti quali mastice e resine. Il fronte dell’opera mostra alcune mancanze. La vetrina presentava cavillature, sbollature dello smalto, crettature, sollevamenti localizzati ed in parte occultati dai precedenti restauri.
Sul retro, i moduli del fregio erano fissati alla parete con cemento ed elementi metallici (chiodi piegati ad L in acciaio e ferro). La presenza di diversi tipi di malta aerea al di sotto del cemento ha confermato che l’opera era stata oggetto di molteplici ricollocazioni. La cassettatura posteriore dei moduli era lacunosa in molte sue parti. La terracotta non smaltata era inoltre interessata da efflorescenze saline, imputabili alla presenza del cemento.
Le cause di degrado sono individuabili nei diversi interventi antropici subiti dall’opera. Gran parte delle rotture e delle lacune, nonché le localizzate ricostruzioni materiche e i vari strati pittorici risalgono ai differenti interventi di restauro e manutenzione del fregio.
Sono almeno cinque (quante sono le ridipinture) gli interventi precedenti, ma non documentati. Sul retro della Madonna si legge la scritta “A.D.1839 Amato del Citerna Ristauro” a datare probabilmente l’ultimo intervento sul colore. Le rotture sono da imputare a cadute della scultura dall’alto, ma le diverse colle impiegate fanno sì che si possa parlare di almeno tre momenti traumatici per il complesso scultoreo: il più vecchio, che vede l’impiego di resina mastice, potrebbe risalire al 1839; il secondo, in cui è stato impiegato il gesso, potrebbe essere il sisma del 1917; l’ultimo, in cui è stata usata resina poliestere per gli incollaggi, è da collocare successivamente al 1933.
Sono stati analizzati sia gli smalti (quattro campioni) che gli strati pittorici in sezione lucida.
Gruppo scultoreo
La scultura è stata smontata nelle sue tre parti mediante gel di acetone, mantenendo però gli incollaggi tra i pezzi frammentati. Gli smalti in buone condizioni sono stati puliti mediante impacchi con soluzione satura di carbonato d’ammonio supportata da cotone idrofilo, mentre le porzioni ridipinte che celavano la decorazione con foglia d’oro a missione sono state trattate con un solvent gel a Ph8 a base di alcol isopropilico, alcol benzilico e TEA: dopo la rimozione dei primi due strati di colore, si è proceduto con gli strati successivi per via meccanica sotto microscopio ottico, via via consolidando le dorature con resina poliacrilica.
L’invetriatura sul retro del busto della Vergine è stata consolidata con infiltrazioni di resina polivinl-butirrale sovrapponendo piccoli pesi in attesa dell’indurimento della resina; gli strati di ridipintura sono poi stati rimossa per graduale esfoliazione tramite ablatore ad ultrasuoni.
La pulitura delle policromie a freddo è avvenuta alternando l’impiego del già citato solvent gel a quello dell’ablatore ultrasuoni, a seconda delle necessità specifiche, previa pre-consolidamento dello strato pittorico mediante polivinil butirrale.
Le integrazioni materiche sono state realizzate utilizzando uno stucco da interni miscelato con resina poliacrilica. Le integrazioni cromatiche sulle ricostruzioni che interessavano la superficie invetriata sono state eseguite con colori ad acquerello secondo la tecnica del puntinato, mentre le lacune nello strato dello smalto sono state colmate a velatura. Per le superfici dipinte a freddo invece è stato scelto il metodo della selezione cromatica, sempre ad acquerello.
La grande integrazione sul ventre della Vergine è stata realizzata con una pasta epossidica leggera (Balsite) senza farla aderire direttamente alla ceramica, ma dotandola di una calamita che la ancora ad una struttura interna di nuova progettazione. Si tratta di una struttura in acciaio inox che vincola tra loro i due pezzi di cottura che compongono la figura della Vergine senza bisogno di ulteriori sistemi di adesione (stucco o colla). Il chiodo che teneva in posizione il Bambino sul braccio della Vergine è stato sostituito con un perno in acciaio inox.
Fregio
Dopo aver eseguito gli esami scientifici su alcune ridipinture e sulle porzioni di doratura si è studiata la metodologia d’intervento. Si è deciso di non mantenere le dorature a mordente presenti al di sopra delle ridipinture perché non coerenti con la storicità dell’opera. Nel progetto di restauro si sono previste differenti metodologie di pulitura, meccanica e chimica, sia sul fronte che sul retro. Dopo la pulitura, i frammanri dei singoli moduli sono stati incollati e le parti mancanti ricostruite con uno stucco acrilico rinforzato con fibra di vetro, che garantisse stabilità meccanica.
Al termine del restauro è stato realizzato un aggancio meccanico su pannello alveolare in alluminio e fibra di vetro sagomato, che accoglie i singoli pezzi e che viene ancorato alla parete per il nuovo allestimento.
Il ritocco pittorico è stato eseguito secondo il metodo del puntinato con colori ad acquerello.
Afra, F. Kumar, L. Speranza, Una Madonna col Bambino dalla Chiesa di San Francesco a Citerna: proposta di attribuzione e montaggio meccanico, OPD RESTAURO, 20, 2008, pp.171-194
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