Il complesso intervento ha comportato lo smontaggio delle dieci grandi formelle, di alcuni fregi del battente sinistro e il conseguente riassemblaggio. La pulitura delle ampie zone dorate, inizialmente effettuata con soluzione complessante, si è poi avvalsa dell’innovativa ablazione laser, grazie ad una sperimentazione appositamente avviata.
Soprintendenti OPD: Umberto Baldini, Margherita Lenzini Moribondo, Anna Forlani Tempesti, Antonio Paolucci, Giorgio Bonsanti, Cristina Acidini, Bruno Santi, Isabella Lapi, Marco Ciatti
Presidente dell’Opera di Santa Maria del Fiore: Galliano Boldrini, Urano Tafani, Anna Mitrano, Franco Lucchesi
Direzione del restauro: Loretta Dolcini, Stefano Francolini, Annamaria Giusti
Restauratori OPD: Stefania Agnoletti, Annalena Brini, Fabio Burrini, Paolo Nencetti, Ludovica Nicolai, Nicola Salvioli
Restauratori collaboratori: Daniele Angellotto, Svèta Gennai, Chiara Valcepina, Andreina Andreoni, Francesca Kumar, Chiara Gabbriellini, Francesca Rossi, Giovanni Marussich, Renzo Turchi, Giancarlo Raddi delle Ruote, Angelo Venticonti
Laboratorio scientifico OPD: Alfredo Aldrovandi, Andrea Cagnini, Carlo Galliano Lalli, Giancarlo Lanterna, Mauro Matteini, Arcangelo Moles, Maria Rosa Nepoti, Daniela Pinna, Simone Porcinai, Maria Rizzi, Barbara Salvadori, Isetta Tosini
Settore Climatologia OPD: Roberto Boddi, Sandra Cassi, Marco Ciatti, Andrea Crescioli, Cristina Danti, Ermanno Piani, Paola Camera e Fabio Sciurpi (collaboratori)
Opera di Santa Maria del Fiore: Patrizio Osticresi, Paolo Bianchini, Enzo Viciani, Marcello del Colle, Timothy Verdon
Alta sorveglianza della Soprintendenza Speciale al Polo Museale di Firenze: Licia Bertani, Maria Matilde Simari
Collaborazioni scientifiche: Massimo Leoni, Emilio Mello, Paolo Parrini (Istituto Guido Donegani di Novara), Marco Calzolai, Leonardo Massotti (Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni, Facoltà di Ingegneria, Università di Firenze), Giampiero Bernardini, Cristina Squarcialupi, Renza Trosti (Dipartimento di Mineralogia, Università degli Studi di Firenze, Istituto di Scienza della Terra); Sara Goidanich, Lucia Toniolo, Laura Brambilla, Davide Gulotta (Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria chimica “Giulio Natta”, Politecnico di Milano); Rocco Mazzeo, Silvia Prati, Daria Prandstraller, Anna Addis (Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician, Università di Bologna); Roberto Pini, Renzo Salimbeni, Salvatore Siano (Istituto di Fisica Applicata “Nello Carrara”, CNR, Firenze); Dario Camuffo, Chiara Bertolin (Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima, CNR, Padova)
Caratterizzazione dei materiali e studio della conservazione: Salvatore Siano, Gian Luca Garagnani, Mattia Merlin, Emilio Mello, Sonia Mugnaini, Marcello Miccio, Ferdinando Marinelli, Pietro Bertelli, Fonderia Artistica Mariani S.r.l., Salvadori Arte S.r.l., Edilberto Formigli, Alessandro Pacini
Documentazione: Gabriella Batista, Loretta Dolcini, Annamaria Giusti (Ricerche d’archivio); Loriana Campestrelli, Elisabetta Dini, Giuseppina Falugiani, Stefania Giordano, Rebecca Giulietti, Giuliana Innocenti, Anna Mieli, Elena Nazzari, Perla Roselli, Villelma Vignoli (Archivio dei restauri OPD); Marco Brancatelli, Lamberto Cerretini, Paolo Tovoli, Aurelio Amendola, Edoardo Loliva, Niccolò Orsi Battaglini, Antonio Quattrone, Nicola Salvioli, Paolo Tosi, Bruno Vannucchi (Riprese fotografiche); Paolo Tovoli, Nicola Salvioli (Riprese filmate); Nicola Salvioli, Chiara Martinelli, Anna Maria Giusti (Video); Lorenzo Sanna, Ettore Usini (Rilievo 3D)
Segreteria della Direzione dell’OPD: Patrizia Fibbi, Loriana Campestrelli, Lillina di Mucci
Assistenza al cantiere: Alessandro Tirinnanzi, Cristina Valenti, Alberto Zuffanelli
Contabilità: Gianna Concina
Contributi a studi e ricerche correlati al restauro: Simonette Brandolini d’Adda (Friends of Florence); Gary M. Radke (Syracuse University, Syracuse); Angelica Rudenstine (The Andrew W. Mellon Foundation, New York)
Ditte fornitrici di strumentazioni, attrezzature e servizi specialistici: El.En S.p.A (Sistemi laser); Cloema S.c.r.l. (Supporti e movimentazione delle ante); Giuseppe Mealli S.r.L., Sergio Tosi S.r.l. (Carpenteria metallica); Sol Group, La Saldotecnica S.a.s., Gruppo Sapio S.r.l. (Fornitura di azoto per climatizzazione); Tecnoglass S.n.c. di Giurlani Calloud, Gabriella & C. (Vetrine in corso d’opera); Goppion S.p.A. (Vetrina definitiva); LSI Laboratori di Strumentazione Industriale (Sensoristica per il controllo durante l’immissione di azoto nelle vecchie teche); Giorgione Bormac S.r.l. (Sensoristica per il controllo durante la sperimentazione finale sui possibili metodi di climatizzazione, e strumentazione di controllo all’interno della teca attuale)
Copia della Porta: Galleria Frilli, Firenze
Finanziamento della copia: Choichiro Motoyama
Progettazione dello smontaggio dal Battistero: Gastone Petrini
Smontaggio e trasferimento all’Opificio, montaggio della copia: Riccardo Dalla Negra, Franco Vestri, Enzo Viciani, Paolo Bianchini
Imballi e trasporti delle singole formelle in Firenze e per esposizioni: A.I.F., Arteria S.r.l., Borhi Internazional S.p.A., Bortolus S.n.c., Saima Avandero S.p.A., Universal Express S.p.A.
Progettazione della movimentazione e strutture per la destinazione in Museo: Leonardo Paolini, Matteo Paolini
Progetto di allestimento museografico: Natalini Architetti, Guicciardini & Magni architetti, Massimo Iarussi
Trasferimento finale in Museo: Arteria S.r.l., Carmine Pepe
Finanziamenti: Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Opera di Santa Maria del Fiore, Rachel e Don Valentine, Gioia e John Arrillaga della Fondazione non-profit Friends of Florence
Si tratta della seconda, grande impresa del Ghiberti per il Battistero fiorentino, dopo la realizzazione di una prima porta in bronzo dorato, attualmente collocata sul lato settentrionale. Appunto il successo ottenuto da questa prima porta determinò l’ affidamento al Ghiberti, nel 1425, di una seconda porta con rilievi di bronzo dorato, conclusa nel 1452 e collocata sull’ingresso principale, di collegamento alla prospiciente cattedrale.
Porta detta “del Paradiso” per ragioni liturgiche (da qui entravano i battezzandi che con il Sacramento si sarebbero vista aperta la via della salvezza), nella tradizione popolare la porta è ritenuta tale per la sua straordinaria qualità artistica e per la profusione dell’oro, che riveste i dieci rilievi con Storie del Vecchio Testamento e il fregio di incorniciatura delle due ante, con figure intere e teste di profeti e sibille.
Tappa traumatica nelle vicende della porta è stata quella dell’alluvione del 1966, che spalancò e fece oscillare i pesanti battenti, determinando l’espulsione dal telaio bronzeo di sei delle dieci formelle, che per fortuna non ricevettero quasi danno nella caduta.
Nella sua lunga storia la porta, che si voleva sempre luminosa e brillante, ha subito varie e spesso traumatiche puliture, di cui sono segno evidente le numerose graffiature e le abrasioni della doratura, visibili in più zone.
Almeno in un periodo lo splendore della porta fu tuttavia offuscato da un’intenzionale patinatura scura, testimoniataci nel secondo ‘700 dal pittore Raffaello Mengs, che chiedeva di poterla rimuovere, ottenendo risposta negativa. Le documentazioni fotografiche del secolo scorso mostrano tuttavia la doratura tornata in vista, e tale mantenuta con saltuarie puliture, l’ultima delle quali risale agli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale.
Per riapplicarle con agio, i battenti furono forati in più punti, e le formelle “avvitate” al loro alveo bronzeo con perni passanti. Questo intervento, “pratico” quanto poco rispettoso dell’integrità della porta, ha tuttavia offerto delle facilitazioni quando si è trattato di avviare il restauro attuale, consentendo di svitare ed estrarre dal telaio le formelle a suo tempo cadute. Il laborioso intervento, in corso dagli anni’80, è stato determinato dai risultati di una campagna diagnostica, che ha dimostrato come il rivestimento aureo, applicato all’origine al bronzo con la tecnica dell’amalgama di mercurio, non aderisse più al bronzo ma ad uno strato di ossidi, alcuni molto aggressivi, che cristallizzando sotto l’oro avevano determinato prima il sollevamento dello stesso sotto forma di “bolla”, e quindi, con l’espulsione del cristallo minerale, l’aprirsi di minuscoli ma diffusi crateri nell’oro. Questo fenomeno, inarrestabile senza il restauro e successiva protezione della porta, avrebbe nel tempo determinato la graduale e totale perdita della doratura.
Per la pulitura della porta dai depositi di superficie che la offuscavano quasi totalmente, nonché degli ossidi instabili presenti sotto la doratura, il Laboratorio Scientifico dell’Opificio mise a punto, nei primi anni ’80, un sistema di pulitura chimica con impacchi di sali di Rochelle, che ha funzionato in maniera ottimale sulle singole formelle, a suo tempo cadute e pertanto estraibili dalla porta. Questo metodo richiede infatti, dopo un bagno completo nei sali di Rochelle, ripetuti lavaggi che eliminino ogni residuo di questa sostanza, che potrebbe potenzialmente innescare nuovi processi corrosivi.
Dopo la rimozione e restauro di quattro formelle, nel 1990 è stata tolta dal Battistero l’intera porta, contestualmente sostituita da una copia bronzea, nella certezza che solo la conservazione dell’assieme in un ambiente isolato anche dall’ossigeno possa garantire la stabilità, e pertanto innocuità, degli ossidi che è necessario lasciare sotto l’ oro, in quanto è su di essi che posa l’oro stesso e la loro asportazione ne determinerebbe la scomparsa.
Il restauro ha a quel punto conosciuto una pausa, per la difficoltà a continuare col metodo dei lavaggi chimici sulle formelle e rilievi della porta che fin dall’origine erano saldamente incastrati nel telaio bronzeo, fuso in un pezzo unico con l’ anta. Nel 1996 il restauro è ripreso, con la decisione di smontare i singoli rilievi dorati per poterne effettuare i completi lavaggi e risciacqui: questi non sarebbero stati possibili mantenendo i rilievi in opera, con il rischio che il solvente chimico potesse, attraverso le numerose microfratture del bronzo, penetrare e restare a tergo dei rilievi, innescando da lì eventuali, futuri fenomeni di corrosione. Ad oggi sono state smontate e restaurate due formelle e sei elementi del fregio, con un lavoro estremamente lungo e complesso, che consiste nel creare di volta in volta un telaio d’ acciaio adattato agli sviluppi diversi del perimetro del rilievo da togliere; incollare il tealaio al minuscolo perimetro non dorato che contorna i rilievi, e valutando con appositi strumenti che la pressione esercitata sia conforme in ogni punto del perimetro, tentarne la trazione ed estrazione dal fronte della porta. Per quanto la superficie di contatto fra i rilievi e l’ alveo che li incassa sia di alcuni millimetri, va superata la resistenza opposta dagli ossidi che hanno in qualche modo “saldato” le parti fr a loro, e vanno preliminarmente rimosse, agganciandole ed estraendole, le numerose “zeppe” di bronzo infilate e ribattute lungo i margini fin dall’ origine, per evitare che ci fossero interspazi fra i rilievi e l’ alveo. Un’operazione del genere, in qualche modo imprevedibile per ogni singolo rilievo, richiede grande manualità tecnica, tempi lunghi non facilmente preventivabili e una certa percentuale di rischio, viste le fessurazioni presenti in alcuni rilievi.
In considerazione di ciò, di recente si sono sperimentate e testate scientificamente le possibilità del laser infrarosso, già da alcuni anni usato per i materiali lapidei ma ancora quasi inedito per i metalli. I test di pulitura dai depositi e dagli ossidi hanno dato risultati paragonabili a quelli del lavaggio chimico, a fronte del quale il laser ha il notevole vantaggio di non lasciare residui, e quindi di poter essere utilizzato senza necessità di smontare i rilievi. Anche l’effetto estetico, nel recupero della luminosità dell’ oro, è buono e non difforme da quanto operato finora. Ancora un lungo lavoro è necessario, dato che il laser lavora attraverso un raggio puntiforme, e la superficie da pulire è molto estesa e articolata plasticamente: si auspica tuttavia che entro il lustro che si apre ora la porta, restaurata e ricomposta nelle sue parti, possa essere stabilmente presentata nel Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore, entro una grande teca con gas inerte, al cui progetto già stanno lavorando l’Opificio e il Getty Institute for Conservation di Los Angeles.
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