
La scultura raffigurante la Maddalena penitente, ha una “storia personale” piuttosto travagliata, legata ai difetti di cottura che hanno portato ad ampi rimaneggiamenti, di difficile collocazione temporale. La scultura appartiene alla categoria delle terrecotte policrome dipinte a freddo. È alta 1,63 mt e consta di tre pezzi di cottura. Sul retro possiamo vedere come l’opera sia nata per essere addossata ad una parete e non concepita per una visione a tutto tondo. La forma poco rifinita e abbozzata lo suggerisce.
Il pezzo superiore ha subito una problematica durante la cottura. Probabilmente è esploso, come si dice nel gergo tecnico, a causa di spessori disomogenei tra loro e probabilmente per la formazione di bolle d’aria provocate da un’insufficiente compattazione dell’argilla. La presenza del cuore nero nello spessore della materia testimonia un difetto di cottura alla “nascita” della scultura e una fragilità intrinseca della terracotta, che appare polverulenta e facilmente scalfibile a bisturi.
I due pezzi sottostanti invece, non hanno subito questo difetto; la terracotta appare di un colore più intenso e presenta una materia più coesa e compatta.
Le numerose rotture nel pezzo superiore hanno portato ad un intervento piuttosto invasivo per la ricomposizione dei frammenti effettuato con gesso impiegato con la funzione di collante. Numerose sono inoltre le ricostruzioni in stucco delle parti mancanti. Le mani originali in terracotta sono andate perdute, e quelle pervenute ad oggi sono frutto di una ricostruzione in gesso, peraltro incompleta.
Durante la campagna diagnostica sono emersi ampi rimaneggiamenti con numerosi strati di ridipintura. Il film pittorico è molto fragile e tende a sollevamenti e distacchi. Inoltre, la preparazione a gesso e colla è molto friabile e polverulenta, probabilmente a causa della permanenza in ambienti molto umidi.
L’intervento di restauro è iniziato con la rimozione dal retro delle spesse stuccature intorno al collo, per procedere al distacco della testa, instabile rispetto alla parte inferiore.
L’interno dell’opera era riempito con una colatura di gesso grossolano sul fondo della scultura e rinzaffato con abbondanti stuccature nei punti di giunzione dei tagli di cottura. Questo, è stato eliminato il più possibile meccanicamente per alleggerire il peso complessivo.
Preliminarmente all’intervento di pulitura delle superfici, è stato eseguito un consolidamento del film pittorico mediante iniezioni localizzate di colla di pelli. Dove la preparazione si faceva più spessa, è stato effettuato un consolidamento con Paraloid al 5%. La pulitura della superficie policroma è stata realizzata sia per via umida con l’applicazione di un gel chelante senza acqua, sia meccanicamente a bisturi, per garantire una pulitura selettiva. Tuttavia, a termine di questa, lo strato pittorico originale si è rivelato molto lacunoso e ridotto ad isole di colore.
Le stuccature volumetriche sono state realizzate con Polyfilla da interni, mentre quelle superficiali, molto estese, con gesso e colla.
Considerato lo stato molto frammentario e lacunoso del film pittorico antico, è stato scelto di effettuare un intervento di ritocco pittorico parziale, lasciando a vista isole di terracotta, per non appesantire il risultato estetico finale. Il ritocco è stato a eseguito a selezione cromatica con colori ad acquerello. Come protezione finale è stata eseguita una verniciatura con Regal Varnish matt.
Le mani della maddalena, frutto di una ricostruzione in gesso, sono state rimosse ed è stato deciso di effettuare una ricostruzione materica totalmente amovibile. Non sapendo esattamente come fossero le mani originali, si è impostato il lavoro focalizzandosi sulla modellazione virtuale.
Si proceduto all’acquisizione digitale tridimensionale dell’opera.
Per la modellazione virtuale si è impiegato software di editing 3D e software di sculpting 3D.
In previsione di una successiva integrazione superficiale delle mani lo spessore della superficie esterna è stato modellato virtualmente circa 2 mm sottolivello. La scansione 3D, precisa al decimo di millimetro, ha garantito la buona riuscita della ricostruzione e montaggio.
Il file è stato trasposto in copia fisica mediante prototipazione rapida. La stampa 3D è stata effettuata con la tecnica FDM a deposizione di filamento fuso, utilizzando come materiale il PLA.
Una volta costatato che il modello e le fratture combaciassero perfettamente in maniera univoca, si è creato uno spazio per l’inserimento di una calamita fissata con resina epossidica a livello della superficie. La modellazione, in leggero sottolivello, ci ha permesso l’integrazione superficiale con resina epossidica in pasta. Una volta catalizzata, si è rifinita con carta vetrata a grana sottile e ritoccata con leggere velature ad acquarello capaci di intonare il colore della resina, già simile alla terracotta, alla superficie originale.
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