Il dipinto risulta appartenere alla collezione privata fiorentina Ridolfi fino al 1824, per poi entrare, probabilmente a partire da quello stesso anno, a palazzo Pitti. Lo si trova esposta alla Galleria Palatina dal primo gennaio del 1946.
Simonetta Prosperi Valentini Rodinò (1984) riconosce nelle tele di palazzo Pitti le battaglie che Courtois dipinse per il principe Mattias de’ Medici, dopo il suo ritorno a Firenze nel 1656, come documentato dal Baldinucci. Qui la concezione della battaglia “senza eroe” trova la massima affermazione, al punto che, pur nel verismo dettagliato dei particolari, la figura del protagonista, il principe Mattias, viene confusa nella mischia. Le due tele illustrano le vittorie militari del principe Mattias, in particolare la Presa di Radicofani e la Battaglia di Mongiovino e, considerate i suoi capolavori, sono fra le tele di maggior formato da lui realizzate. La Rudolph (1969), che sottolinea l’ampia visione cosmica presente nelle due tele e l’illusionismo ottico cercato dall’artista, è propensa ad anticipare l’esecuzione dei dipinti, ritenendo che il passo del Baldinucci sia piuttosto da riferire a quattro affreschi nella villa di Lapeggi, da lei rintracciati e resi noti.
Dipinto a olio su tela.
La tela originale è di lino, caratterizzata da bassa densità, disposta su telaio con l’ordito in senso orizzontale e la trama in senso verticale.
Come indicato dalle indagini stratigrafiche, sulla tela è stata stesa una prima mano di colla animale come appretto. Lo strato preparatorio sembra essere stato steso in due mani. In entrambe le stesure il legante è oleoso e la colorazione è bruna. Il primo strato è però caratterizzato da granulometria grossolana, mentre il secondo da granulometria più fine. I pigmenti rintracciati sono stati terre, ocre e, in alcuni casi, scagliette di vetro, carbonato di calcio e minio. L’abbozzo preparatorio a chiaroscuri, indagato tramite riflettografia infrarossa eseguita solo su due porzioni dell’opera, è stato eseguito a pennello. La pellicola pittorica, caratterizzata da legante oleoso, è particolarmente sottile. Sempre tramite indagine stratigrafica, sono stati individuati due strati pittorici. La prima campitura è a base di bianco di piombo, leggermente caricato, a seconda delle campiture, con granuli di nero di carbone, nero d’osso, terre, ocre, vermiglione, giallo di stagno e piombo. In particolare per le campiture azzurre, è stato usato oltremare insieme a lapislazzuli a granulometria fine.
Il telaio, probabilmente risalente ad un intervento databile agli anni ’80 del XX secolo, era in legno di conifera, con due traverse verticali di rinforzo. Risultava inadeguato e non funzionale. Il dipinto, foderato nel XIX secolo con una tela di densità molto bassa e costituita da un unico pezzo di tessuto, presentava delle deformazioni accentuate nella parte superiore, dovute ad una diversa adesione tra la tela originale e quella di rifodero. L’adesivo impiegato per la rintelatura ottocentesca era una pasta a base di farina, colla animale e semi di lino. Nella preparazione di tale pasta si erano formati dei grumi che, non rimossi, sono rimasti impressi su tutta la superficie pittorica, ben visibili a luce radente. Sempre lungo il bordo superiore si osservano dei rigonfiamenti causati dal distacco del supporto originale della tela di rifodero. Nella parte inferiore destra, in corrispondenza dei due cavalli a terra, vi erano due piccole lacerazioni a danno della tela originale. Vi era un’altra lacerazione nella parte inferiore del dipinto, sempre a danno della sola tela originale.
Gli strati preparatori e pittorici presentavano l’impronta della tela che si era impressa probabilmente durante l’operazione di foderatura. Gli strati preparatori e pittorici erano anche interessati da diverse lacune, poi stuccate ed integrate ad olio in occasione di restauri passati, localizzate soprattutto nella parte superiore del dipinto. Vi erano altre vecchie ridipinture ad olio, localizzate soprattutto lungo il bordo, ed eseguite su stucchi a cera. Si registravano anche numerose piccole lacune diffuse su tutta la superficie.
La lettura della superficie pittorica appariva alterata ed appiattita da uno strato di vernice particolarmente spesso ed ingiallito, probabilmente applicato durante il restauro del XIX secolo. Risultavano completamente illeggibili sia le figure a cavallo che i paesaggi raffigurati a sinistra e nel centro del dipinto, così come tutti i piccoli particolari. Tale strato risultava costituito prevalentemente da resina mastice e da minime tracce di resina di conifera invecchiata. In qualche campione si riscontra anche la presenza di bianco di piombo e carbonato di piombo. L’identificazione della resina è stata eseguita tramite spettrofotometria FT-IR.
Come primo intervento si è proceduto con la pulitura, assottigliando lo spesso strato di vernice e rimuovendo le ridipinture che, in alcuni punti, coprivano il colore originale. Per la pulitura sono stati usati solvent gel a differenti polarità. Il controllo con radiazione UV fatto durante e dopo la pulitura, ha dato la certezza di aver lasciato un sottile strato di vernice al di sopra della pellicola pittorica. Le vecchie stuccature e le ridipinture più tenaci sono state ammorbidite con i solvent gel e poi rimosse con l’azione meccanica di un bisturi.
Per quanto riguarda l’intervento sul supporto, si è proceduto alla protezione del film pittorico con carta giapponese e resina acrilica. Con il dipinto adagiato su un piano, la tela è stata liberata dal telaio e dalla tela di rifodero. La rimozione della foderatura è stata eseguita a secco data la scarsa forza di adesione tra i due tessuti. Dopo la rimozione dei residui di pasta dal retro della tela originale, le zone deformate sono state riportate in posizione planare mediante somministrazione di umidità controllata da un tessuto in goretex. Solo dopo questa operazione sono state risarcite le lacerazioni effettuando le saldature filo-filo, mediante resina poliammidica e termocauterio chirurgico. In presenza di mancanze del tessuto, la continuità strutturale è stata assicurata inserendo innesti di tela con caratteristiche simili a quelle della tela originale. Sull’intera superficie, sempre operando da tergo, è stata distribuita a pennello una stesura di Plexisol P550. Le lacerazioni e le lacune risarcite sono state rinforzate applicando sul retro un tessuto di poliestere monofilamento apprettato con Plextol B500. La resina sintetica è poi stata riattivata mediante calore, inserendo il dipinto all’interno di un sacco sigillato, con gli opportuni strati distaccanti e ammortizzanti, all’interno del quale è stata creata una depressione. Il dipinto è stato poi foderato, considerando la fragilità del filato, le notevoli dimensioni dell’opera, l’estrema fragilità dei bordi verticali. La foderatura è stata eseguita con tessuto in fibra di poliestere, sul quale è stata applicata a spruzzo una miscela di Plextol B500 e Dispersione K360. Le due tele sono state fatte aderire mediante applicazione di calore, inserendo il dipinto all’interno di un sacco sigillato all’interno del quale è stata creata una depressione. La foderatura così eseguita ha garantito di poter mantenere il sistema il più leggero possibile, un minimo impiego di adesivo distribuito solo sulla tela da rifodero e grande reversibilità. Il dipinto è stato poi montato su un nuovo telaio ad espansione angolare.
Si è poi proceduto con la stuccatura delle lacune, con gesso e colla animale e con conseguente ricostruzione dell’andamento della superficie. L’integrazione pittorica è stata eseguita con basi cromatica a tempera. La superficie del dipinto è stata poi verniciata con resina mastice applicata a pennello, diluita in essenza di trementina con aggiunta di Tinuvin 292. Il ritocco pittorico è stato poi portata a termine con colori a vernice della linea Gamblin Conservation Colors con tecnica della selezione cromatica. La verniciatura è stata ultimata con resina chetonica, applicata a spruzzo, diluita in White Spirit con aggiunta di Tinuvin 292.
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