Il Memento mori e l’analogo Pannello di Cosimo conservato al Museo del Tesoro dei Granduchi, sono le uniche opere appartenenti all’arista conservate in Italia. I due pannelli furono commissionati dalla corte inglese per il duca modenese Alfonso IV d’Este e il granduca fiorentino Cosimo III de’ Medici, entrambi in stretto rapporto con Londra per diversi motivi. L’allegoria modenese è legata al matrimonio contratto nel 1673 tra il duca di York James Stuart, fratello del re d’Inghilterra Charles II Stuart, e Maria Beatrice d’Este, figlia del duca Alfonso IV. Il rilievo in legno celebra il trionfo della morte sul potere e la gloria dei re e dei principi e fu commissionato come dono per il giovane Francesco II d’Este, fratello di Maria Beatrice, in commemorazione della morte di Charles II, uno dei principali esponenti della casata reale degli Stuart. Il nome del sovrano compare, infatti, in una delle medaglie intagliate al centro del pannello “CAROL II DEI GRATIE”. Non vi sono dubbi sull’attribuzione dell’opera, dal momento che, sempre in una delle medaglie centrali, immediatamente sotto al teschio, troviamo la firma dell’artista “GGIBBONS INVENTOR et SCULPSIT LONDINA” accompagnata dal suo autoritratto.
Caratteristiche costruttive
La composizione del rilievo ligneo si sviluppa secondo modelli e schemi tipici del Gibbons, basati su una simmetria visibile nonostante l’esuberanza decorativa dell’intaglio.
L’elaborato intaglio è applicato su di un pannello rettangolare composto da sei tavole in larice, disposte con la venatura in senso orizzontale, incollate tra loro e rinforzate con tre traverse della stessa specie lignea inchiodate sul retro della struttura. Il pannello è delimitato da una cornicetta a becco di civetta. Il decoro ad intaglio, un vero e proprio ricamo barocco, è realizzato in legno di tiglio e raffigura girali fitomorfi, frutti, fiori, spighe, conchiglie e un trofeo centrale col tema funebre.
Un’attenta osservazione, supportata dalle indagini radiografiche, ha permesso di ricostruire in linea di massima i diversi passaggi operativi: una piattaforma lignea, di circa 3,5 cm di spessore, composta da varie assi assemblate tra loro, è servita da base per l’intaglio, realizzato sagomando il disegno e procedendo poi con gli strumenti per lavorare il legno. Questo primo livello è stato applicato al pannello di supporto tramite chiodi di lunghezza adeguata e privi della testa, per non danneggiare il legno nei vari fissaggi. I restanti ornamenti sono stati intagliati a parte e, una volta terminati, vincolati alla base con colla e piccoli chiodi. Gli elementi più complessi e di maggiore spessore, come il trofeo centrale, fulcro dell’opera e con un’impostazione quasi a tuttotondo, sono stati anch’essi ricavati dall’incollaggio di tre tavolette di tiglio.
La preparazione e il colore
Il pannello era originariamente di colore azzurro. La preparazione era a base di carbonato di calcio unito a poco gesso in colla animale. La cornice risulta dorata con oro in foglia. Sulla finitura originale del legno non abbiamo notizie né traccia residua.
L’opera era compromessa sia a livello strutturale che policromo. Il pannello presentava fessure, scollamenti e sconnessioni del piano dovute ad una tassellatura eseguita alla fine degli anni ’70. La policromia azzurra era degradata a causa della consunzione del colore e disomogenea per la presenza di molti ritocchi pittorici alterati. Erano inoltre visibili stuccature grossolane della superficie. La doratura della cornicetta perimetrale presentava lacune e consunzioni della foglia e della preparazione. Il ricco e virtuoso intaglio, nonostante mantenesse una visione d’insieme coerente, è risultato incompleto a causa della perdita, totale o parziale, di molte porzioni di modellato, alcune delle quali fortunatamente conservate presso la Galleria Estense. Inoltre, alcuni frammenti spezzati erano stati rincollati in posizione errata. Sul modellato sono stati trovati pochi fori di tarlo, mentre il pannello era totalmente privo di infestazioni xilofaghe. Il diffuso deterioramento dell’intaglio si deve principalmente all’oggettiva fragilità dell’oggetto. L’intera superficie lignea era, infine, mortificata da una generale opacità della materia.
Alla fine degli anni ’70 è stato eseguito un intervento di restauro documentato da un’unica immagine in B/N nell’archivio di Modena. A questo intervento sono attribuibili una tassellatura sul retro del pannello di supporto, i ritocchi pittorici dello stesso e, probabilmente, gli incollaggi degli intagli lignei fratturati. Nel decoro intagliato sono stati rinvenuti ben nove rifacimenti (otto diversi frutti e una spiga) non databili con esattezza e realizzati con materiale ceroso.
Come primo intervento si è provveduto a disinfestare l’opera in atmosfera controllata, tramite sottrazione dell’ossigeno a favore dell’azoto, fino ad una percentuale dello 0,1% di ossigeno per cinque settimane. La disinfestazione è stata ultimata applicando un antiparassitario a base di permetrina nei pochi fori di sfarfallamento e a pennello nella parte tergale del supporto a scopo preventivo.
Dopo lo studio del laborioso intreccio del modellato, sono stati ricollocati correttamente sia i frammenti incollati male che quelli staccati e sapientemente conservati.
I frammenti mancanti sono stati integrati in quanto fondamentali per la stabilità strutturale dell’intaglio. Tale criterio è stato seguito anche per gli elementi di maggiore spicco, ricostruibili grazie al modellato speculare, in quanto esteticamente importanti. Nella scelta dei materiali da ricostruzione si è tenuto presente della leggerezza e della fragilità del decoro, alternando in base alle dimensioni legno di balsa e Balsite®. Visto che le congiunzioni tra l’originale e le integrazioni ha riguardato porzioni dell’intaglio in posizione aerea, si è provveduto ad inserire, di volta in volta, dei sostegni modellati in plastilina o in Ethafoam, protetti da carta velina a PH neutro.
Le integrazioni in cera sono state in parte mantenute e restaurate dalle colleghe del Settore restauro materiali ceramici e plastici.
L’intera superficie è stata pulita, rimuovendo i depositi di particolato atmosferico con pennelli morbidi e microaspiratore e con un solvent gel a valore fd 85 per l’alleggerimento del materiale ceroso presente, terminato con la spazzolatura con piccole spazzole a micromotore.
Mentre sulle parti in balsa è stato steso uno strato di Paraloid B72, sulla Balsite® si è proceduto con Regalrez 1126 in solvente apolare, in modo da non causare rigonfiamento della Balsite® stessa. Su queste aree è poi stata effettuata l’integrazione pittorica con colori a tempera e successiva stesura di gommalacca piuttosto densa.
Il problema strutturale del pannello è stato affrontato con la revisione della vecchia tassellatura. Gli spacchi sono stati rettificati ed integrati con inserti a cuneo. Le stuccature eccedenti sono state rimosse e sostituite da sottili listre di legno, incollate solo da un lato per non creare ulteriori tensioni interne alla struttura.
Il restauro della parte frontale del pannello si è articolata in diverse fasi: la rimozione del materiale di deposito superficiale, la revisione delle vecchie stuccature, l’integrazione pittorica delle nuove stuccature e l’attenuazione delle difformità cromatiche. Quest’ultima operazione è stata di particolare importanza, vista la condizione di degrado della superficie monocroma ed è stata realizzata con l’impiego di colori ad acquerello.
La verniciatura finale è stata effettuata con Regal Varnish applicata obbligatoriamente a pennello.
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