
L’opera si inserisce nell’ambito della produzione palermitana della prima metà del Seicento, largamente influenzata dai lavori di Camillo Barbavara e dei fratelli Leonardo e Giuseppe Montalbano. Il gioiello fece parte del patrimonio della famiglia Medina-Grimaldi fino al 1682 e verosimilmente nacque in ambito privato e profano, come gioia da petto. Solo tra il 1779 e il 1782 entrò a far parte del Tesoro del Duomo di Enna, presumibilmente come dono alla veneratissima statua della Madonna della Visitazione, patrona della città, al cui collo restò fino agli anni cinquanta del Novecento.
L’immagine del pellicano che si squarcia il petto per nutrire col proprio sangue i piccoli è uno dei simboli cristologici più celebri, allegoria del sacrificio di Cristo sulla croce per la redenzione degli uomini.
La struttura principale del gioiello, su cui sono ancorati tutti gli altri elementi, è il corpo del Pellicano, realizzato in oro e interamente ricoperto da smalto bianco opaco, interrotto da lumeggiature di lamina d’oro emergenti dal fondo, in particolar modo sulle ali. Al centro del corpo, un grande quarzo citrino sfaccettato rappresenta il petto squarciato, da cui zampillano gocce di sangue, rappresentate da rubini, di cui si nutrono i tre pulcini sottostanti, anch’essi in oro smaltato e impreziosito da rubini.
Il registro inferiore è costituito da tre elementi decorativi di fusione che per l’ariosità degli arabeschi ricordano la lavorazione a traforo. In queste strutture, la policromia è resa tramite l’impiego di smalti traslucidi alternati a rubini. L’oggetto è infine corredato di cinque pendenti con rubini.
L’oggetto è giunto in laboratorio con drammatici problemi di tipo strutturale e conservativo, causati dalla antica rottura del collo del Pellicano, evidentemente a seguito di un incidente, barbaramente riparata con l’inserimento di una forcella di ottone fissata con un impasto di cera, colofonia e gesso, un perno in piombo e una fasciatura in filo di ferro, pietosamente mascherata da un ritaglio di stoffa. Questi materiali, assolutamente incompatibili non solo con la bellezza e preziosità dell’opera, ma anche con la sua corretta conservazione, sono diventati nel tempo ulteriori fattori di degrado, diffondendo sulle aree circostanti ossidi di ferro e di piombo, nonché peggiorando la stabilità degli smalti e provocando stress meccanici sui frammenti in lamina d’oro costituenti il collo. Altre distorsioni e rotture riguardavano le zampe dei pulcini, anch’esse sottoposte a stress meccanico, provocato dal loro ancoraggio, basato sull’incurvatura dell’artiglio centrale entro i fori delle placchette sottostanti; il peso dell’intera figura e la mancanza di stabilità di questo tipo di soluzione hanno causato l’indebolimento e la rottura dei fili che le costituivano.
Accanto al maldestro intervento di riparazione del collo, sul dorso è stato applicato, in un momento non meglio definito, un piccolo manico in oro, la cui lega risulta evidentemente diversa.
L’opera è stata scelta come oggetto di tesi di una studentessa della Scuola di Alta Formazione e Studio, Martina Fontana, nell’anno accademico 2007. Dopo aver caratterizzato tramite analisi scientifiche la natura dei materiali presenti sulla fasciatura, è stato possibile preparare soluzioni solventi gelificate per rimuovere l’impasto ceroso che cementava il filo di ferro, riuscendo lentamente a svolgerlo fino a completa rimozione. Le macchie di ruggine migrate sullo smalto e sul metallo sono state eliminate grazie ad una lieve azione meccanica combinata con chelanti chimici. L’intera operazione di pulitura si è svolta con l’ausilio del microscopio ottico.
È stato così possibile rimuovere il perno in piombo, liberare i frammenti del collo ormai deformati, asportare la struttura in ottone posta all’interno del petto durante il precedente intervento di riparazione del collo e procedere alla ricomposizione di quest’ultimo grazie alle moderne tecnologie. Dopo aver ripristinato il corretto andamento dei frammenti tramite azioni meccaniche, che li hanno riportati a combaciare lungo le linee di frattura, è stato possibile avvalersi della saldatura a mezzo laser per il consolidamento e il riassemblaggio degli elementi fratturati, grazie alla micro-fusione localizzata delle porzioni adiacenti. Il collo così ricomposto non era comunque in grado di auto-sostenersi in sicurezza, motivo per il quale si è deciso di creare un elemento portante interno, che fungesse da collegamento tra le parti e assorbisse il peso della testa, liberando il collo fratturato da questa funzione.
È stato perciò creato un calco del volume interno del petto, da cui è stata ottenuta un controforma in gesso, con la quale è stato creato un positivo in cera per microfusioni, tradotto infine in oro 750/000. Sono stati sfruttati i fori e i punti di ancoraggio già esistenti nel petto e nel collo per fissare questo nuovo elemento portante, che funge anche da integrazione delle lacune.
Sempre tramite saldatura a mezzo laser sono state consolidate le zampe lesionate dei pulcini e ricostruita in filo d’oro la zampa lacunosa del pulcino di destra.
Infine, sono state integrate alcune porzioni di smalto andate perdute con resine epossidiche pigmentate con colori per il vetro, intonandosi alle cromie degli smalti originali.
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