Uno dei lavori più impegnativi e affascinanti che il laboratorio di restauro dei materiali plastici dell’Opificio abbia affrontato negli ultimi anni, è quello che ha interessato la statua raffigurante una Madonna con Bambino, proveniente dalla chiesa di San Francesco di Citerna. La scultura è arrivata nel laboratorio nel 2005 accompagnata da un certo clamore a seguito della sua attribuzione a Donatello. Nel corso delle indagini le problematiche di conservazione della scultura si sono rivelate molto complesse e hanno richiesto un notevole impegno per il recupero della policromia, celata da innumerevoli strati di ridipinture legate alla travagliata storia conservativa dell’opera. Il restauro, caratterizzato da sperimentazioni pazienti ed accurate per la scelta delle metodologie di pulitura più idonee, ha permesso di scoprire ulteriori valori storico artistici di questa raffinatissima opera che si inserisce a pieno titolo fra i migliori esempi di scultura policroma ancora legata al mondo tardo gotico del primo Quattrocento.
La Madonna di Citerna rientra in quella categoria di opere devozionali destinate ad ambienti di culto ecclesiastici oppure alla devozione religiosa familiare all’interno di case patrizie. Non dobbiamo sottovalutare che le dimensioni e il peso abbastanza esiguo della scultura, 58 Kg. circa, garantivano anche una facile rimozione e trasportabilità. Il gruppo scultoreo è a figura intera, alto 114 cm, la base è larga 34 cm e profonda 38 cm. La scultura è foggiata direttamente in argilla a tutto tondo; sul fronte la modellazione del manto è ricca e accurata nei panneggi e nei particolari figurativi. La perdita della policromia nella fascia inferiore dell’opera ha messo in evidenza i segni della lavorazione della terracotta al di sotto della preparazione. E’ quindi possibile intuire l’intenzione dell’artista durante la fase di modellazione quando ha inciso nell’argilla “a consistenza del cuoio”, la decorazione del bordo inferiore della veste, che termina con una frangia di cui apprezziamo la freschezza dell’andamento sinuoso. Dalle frange dell’abito sporge aggettante con una perfetta finitura il piede sinistro, nudo e calzato in un sandalo. Il corpo ceramico si presenta compatto e senza inclusioni, denotando l’ottima qualità dell’impasto.
La Madonna di Citerna ha subìto durante il corso dei secoli diversi interventi pittorici che hanno compromesso la leggibilità dell’opera: stratificazioni plurisecolari operate in diversi periodi che hanno causato l’offuscamento della policromia originale. Le motivazioni di questi interventi sono da addebitarsi in parte al degrado della policromia, ma principalmente al cambiamento del gusto nel corso del tempo. Queste trasformazioni sono anche testimonianza della lunga esposizione dell’opera al culto, nella chiesa di San Francesco a Citerna. Purtroppo l’alterazione della cromia originale, occultata violentemente da grezze pitture deturpanti, aveva soffocato oltre ai valori cromatici anche la lettura dei valori plastici, segnando nel tempo il suo triste declino. Durante la rimozione degli strati non pertinenti, si sono potuti approfondire alcuni aspetti di interesse storico riguardo le vicende subite dal manufatto.
Il recupero dell’immagine originale della scultura fornirà l’occasione agli storici per una nuova lettura dell’opera, grazie ad una conoscenza più approfondita delle caratteristiche stilistiche e tecniche di questo grande artista. L’eccezionalità di questo restauro, al di là della necessità di un restauro strettamente conservativo, risiede nell’aver restituito la cromia antica, riconsegnando dignità ad un’opera di cui si apprezzava quasi con fatica la superba modellazione.
La complessità della rimozione degli strati della pittura non pertinenti è emersa nel corso delle indagini diagnostiche, che hanno accertato la presenza di ben tre stesure di materiali pittorici che si alternavano sulla stesura antica con composti di diversa natura: tempera, colore ad olio e addirittura un miscela di olio, polvere di marmo e pigmento. In una situazione così eterogenea era necessario verificare con la maggior precisione possibile se la quantità di pittura originale sottostante era tale da giustificare la complessa rimozione degli strati, senza sottovalutare, cercando di documentarle, la qualità delle stratificazioni plurisecolari che si erano depositate sull’opera. L’intervento di restauro ha avuto inizio dopo aver sottoposto l’opera ad analisi diagnostiche con prelievi mirati, in modo da poter caratterizzare le stratificazioni degli interventi pittorici e la loro composizione. Dopo aver avuto conferma dalle indagini della diversa composizione delle stesure, è stato necessario procedere ad una rimozione controllata, mediante l’eliminazione graduale degli strati pittorici sopra il livello originale in modo tale da rendere leggibilità ai valori estetici dell’opera, nel rispetto dell’invecchiamento naturale dei materiali costitutivi. Per la rimozione delle tenaci ridipinture al di sopra dello strato pittorico originale, sono stati messi a confronto vari metodi: il migliore è risultato il metodo chimico fisico che ha permesso una pulitura controllata, selettiva e differenziata, strato per strato, per la rimozione delle stesure non pertinenti.
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