Di questo dipinto su tavola di soggetto profano, Venere, Amore e Gelosia, firmato dall’autore sotto la mano sinistra di Venere “BRONZINO FIOR.NO”, si conosce molto poco: le prime notizie risalgono al 1863, quando fu donato al Museo Nazionale Ungherese di Budapest dal conte Kaunitz. Nel 1875 fu spostato allo Szépmüvészeti Múzeum (Museo di Belle Arti) dove tutt’ora si trova esposto.
La tavola impiegata da Bronzino per la realizzazione del dipinto ha avuto una genesi piuttosto complessa, legata molto probabilmente al processo creativo dell’artista ed ai conseguenti mutamenti progettuali in corso d’opera.
All’arrivo in laboratorio la tavola presentava una dimensione di 191,7 cm in altezza e 138,7 cm in larghezza con uno spessore medio di 3,8 cm. Ad esso erano applicati lateralmente con una serie di viti due listelli di legno spessi 1,5 cm, non dipinti, probabilmente per favorire l’inserimento nella cornice moderna.
Attraverso un’attenta visione del retro, confrontando l’indagine radiografica con quella riflettografica, si è notato che l’opera presentava parti originali e altre aggiunte per ingrandirne le dimensioni.
Secondo le nostre osservazioni, Bronzino inizialmente si avvalse di un supporto composto da quattro assi verticali. Queste furono incollate con caseina a spigoli vivi senza elementi interni di collegamento con due traverse inserite nello spessore in tracce a sezione trapezoidale, a formare un tavolato con le dimensioni di 172,9 cm in altezza e di 128,7 cm in larghezza. Su tale supporto fu stesa la preparazione e vi dipinse una prima redazione dell’opera.
Come vedremo più avanti, il progetto grafico subì un cambiamento in corso di realizzazione; alcuni soggetti furono eliminati o cambiarono di posizione, mentre altri furono completamente rifatti.
Per questa nuova stesura Bronzino ebbe la necessità di aumentare le dimensioni del tavolato, pertanto sui due lati verticali furono aggiunti due listelli. Sul bordo basso infine fu aggiunto un ultimo listello in orizzontale avente la fibratura ortogonale a quella del tavolato principale. Queste tre aggiunte furono incollate e fermate al tavolato originario con una serie di chiodi.
In epoca moderna, molto probabilmente in seguito all’acquisizione dell’opera da parte del Szépművészeti Múzeum di Budapest, furono aggiunte due assi in alto ed in basso eseguite in rovere e poste in orizzontale.
La tecnica di preparazione della tavola corrisponde a quella tradizionalmente riscontrata nei dipinti fiorentini dell’epoca: sulle commettiture delle tavole è stata applicata della stoppa, e su di essa una preparazione composta da solfato di calcio anidro e colla animale.
Per quanto riguarda il metodo con cui è stata impostata la composizione non sono state rilevate tracce di riporto di alcun tipo. Il disegno è stato realizzato a mano libera, con almeno due carboncini di durezza diversa, e in più momenti di elaborazione.
Una prima imprimitura risulta composta da bianco di piombo e include rare scagliette di vetro e granuli di vermiglione e nero di carbone. Una seconda imprimitura di composizione assai simile ma di intonazione decisamente più rosata e di intensità variabile a seconda delle zone, ricopre la prima. In particolare il manto azzurro presenta un secondo strato rosa che disegna e modella le pieghe del panneggio con ombre intense e luci chiarissime; il manto di Gelosia, realizzato in lacca rossa, presenta un secondo strato rosato molto intenso, che compare anche come sottofondo del vaso. Particolare è la realizzazione del drappo viola: in linea generale esso è stato ottenuto utilizzando una seconda imprimitura a base di bianco e lacca rossa, una base pittorica di oltremare e una stesura finale di lacca rossa che in trasparenza perviene al risultato finale viola. In altri punti della stessa campitura si rileva una stratigrafia più articolata da collegare alla complessa elaborazione pittorica dell’opera.
Interessante risulta l’impiego di granuli di vetro macinato in numerosi impasti pittorici, prevalentemente in associazione con la lacca rossa ma anche con l’oltremare, ed interessante anche il fatto che negli strati più superficiali il vetro appare macinato più finemente. Esso veniva comunemente impiegato come carica per le lacche, ma anche con funzione siccativa del legante oleoso, e probabilmente anche per rendere l’imprimitura ed i successivi strati più traslucidi e brillanti.
La stesura pittorica è stata realizzata con legante oleoso ed eseguita tramite sottili velature sovrapposte ad una stesura di base sia nel drappo di fondo che nei carnati (salvo alcune luci finali applicate a corpo). Per altre parti come le ali di Amore, le rose, il terreno, l’arco e le frecce, l’impasto pittorico è stato impiegato a corpo, lasciando consistenti spessori ed evidenti cordonature della pennellata. I colori utilizzati sono quelli tradizionali, con netta prevalenza dei toni freddi: prevalgono infatti i blu (oltremare e smaltino), il verderame, e per il rosso la lacca. Il vermiglione è stato usato solo in piccolissima percentuale nell’imprimitura rosata.
In riflettografia il dipinto mostra una impostazione compositiva iniziale molto diversa da quella finale. Per poterla ricostruire nella sua interezza è stato necessario avvalersi non solo dell’immagine riflettografica Multi-NIR ma anche della radiografia. Quest’ultima infatti evidenzia non il disegno, come l’infrarosso, ma il bianco di piombo presente nei punti di luce ed integra le informazioni forniteci dall’infrarosso.
Per quanto riguarda la parte alta della composizione, nella prima versione dell’opera le braccia delle due figure e l’arco di Amore erano posizionate in modo molto diverso e venivano a costituire una sorta di anello concluso, che si può immaginare anche sviluppato in profondità: la mano destra di Venere tocca il gomito destro di Amore, che si trova più in basso, e questi con la sinistra protende in alto e più in profondità il suo arco, la cui estremità viene afferrata dalla mano di Venere che piega il suo braccio sinistro dietro la testa. Nella versione definitiva non rimane più traccia di questo schema compositivo. Il cambiamento nella posizione del suo braccio sinistro, non più sollevato ma ora mollemente appoggiato al vaso di rose, ha costretto Bronzino ad aggiungere un listello laterale al supporto. Non è l’unico ingrandimento dovuto al cambiamento della composizione. Nella parte inferiore del dipinto sono soprattutto evidenti l’allungamento delle gambe di entrambe le figure e la posizione leggermente meno reclinata di Venere. Queste modifiche hanno comportato un ulteriore ampliamento del supporto con l’applicazione di due altri listelli, a sinistra e in basso.
Assai più radicale e complessa appare l’elaborazione della zona attualmente dipinta con i due putti e con le maschere. L’immagine riflettografica mostra molte linee di difficile interpretazione, ma la scoperta sicuramente più eclatante è la presenza di una testa di satiro in corrispondenza del dorso del primo putto. Il disegno appare curato nei minimi dettagli e con una leggera ombreggiatura. Nell’area sottostante a questa testa sono presenti alcune altre linee che possono essere ricondotte alla figura del satiro, che appare rappresentato in posizione accovacciata: si distinguono bene la spalla destra ed il contorno esterno del braccio, i pettorali, la linea della zampa caprina destra piegata ed un accenno della sinistra. La figura, dunque, era già stata impostata nella sua interezza, anche se il grado di finitezza era assai meno avanzato nella parte inferiore. Per qualche motivo, forse legato al significato allegorico della composizione, questa parte della composizione venne radicalmente cambiata e il viso del satiro venne traslato nella maschera appoggiata a terra ai piedi di Venere.
La difficile genesi di questa parte del dipinto non finisce qui: l’immagine radiografica di questa zona riserva altre sorprese e rende visibile la figura di un singolo putto ridente. Questa immagine non è visibile in riflettografia perché non è disegnata col carboncino, ma essendo stata dipinta risulta radiopaca ai raggi X nei punti di luce che contengono bianco di piombo. Si scorgono chiaramente i tratti del volto, il contorno della spalla destra e della parte superiore delle gambe e del piede destro, tutti punti di massima luce. È evidente la somiglianza nella posa fra questo putto e quello in secondo piano nella versione finale. Sembra che Bronzino, insoddisfatto della prima soluzione con il singolo putto a seguito dell’allargamento del supporto, abbia deciso di riempire maggiormente lo spazio realizzando un gruppo di due bambini, pur conservando in uno di essi la posa di quello già realizzato. Altri segni visibili in infrarosso non sono riconducibili a nessuna delle due versioni precedenti e sono da interpretare come modifiche o aggiustamenti della redazione definitiva.
La tavola, nel suo complesso, mostrava un buono stato di conservazione, anche se, ad una lettura più approfondita, apparivano con chiarezza alcuni segni di sofferenza e di decoesione del film pittorico indotti dalle tensioni nel supporto ligneo.
Innanzitutto dalla lettura della pellicola pittorica si individuavano chiaramente zone nelle quali il colore è caduto o ha sofferto a causa della compressione delle fibre; questo è il segnale di una tendenza del tavolato ad imbarcarsi e di una resistenza offerta dalle due traverse nel corso del tempo. A tale problema fu posto rimedio in epoca passata operando un deciso assottigliamento dello spessore delle traverse; ad una osservazione a luce radente del retro dell’opera si notano tracce di lavorazione a sgorbia operate sulle stesse traverse e che oltrepassano il loro ingombro andando a solcare alcune zone del tavolato. Queste tracce sono maggiormente evidenti nella zona sinistra del retro ed interessano completamente un’asse aggiunta. Tali segni hanno aperto e sfondato le gallerie di insetti precedentemente formatesi.
È da far risalire al trasferimento dell’opera al museo di Budapest un intervento di restauro molto invasivo che aggiornò il dipinto al gusto ottocentesco sia ampliandone le dimensioni che ridipingendo molto pesantemente quasi tutta l’opera e cambiando perfino i connotati di Venere secondo canoni estetici più apprezzati in quel momento storico. I numerosi danni riscontrati sull’opera sono da attribuirsi sia alla anomala costruzione del tavolato, con un listello aggiunto fin dall’origine in controvena, che all’ampliamento del supporto realizzato durante l’intervento ottocentesco. Entrambi i fattori hanno avuto gravi ripercussioni sia sulla struttura che sugli strati pittorici.
Le aperture e i vari dissesti erano stati in precedenza riempiti con ampie stuccature. Sul bordo alto si potevano registrare danni dovuti alla presenza dell’aggiunta moderna fermata con colla e perni lignei. In particolare, durante l’esecuzione del foro di un perno, la punta fu inclinata verso il piano pittorico e danneggiò la preparazione ed il colore con ampie perdite di materia. La presenza di tali vincoli lignei e del blocco operato dal collante ha causato alcune linee lievi di separazione e di fessurazione sul bordo alto con dislivello dei margini del colore.
Con ogni probabilità il dipinto è stato soggetto fin da tempi remoti a fenomeni di sollevamenti di colore, aggravati poi dall’ampliamento ottocentesco del supporto. La formazione di tali sollevamenti ha avuto come conseguenza anche la caduta di numerosi frammenti di colore, specie al centro delle assi. Una grande quantità di piccole cadute e sollevamenti si concentra infatti al centro dell’asse mediano, centro che passa dalla mano sinistra di Amore, lambisce il viso di Venere e scende al fianco sinistro e al pube della dea fino ad arrivare al terreno davanti alle maschere.
La debolezza nell’adesione fra preparazione ed imprimitura è una caratteristica riscontrata in molte opere di Bronzino, ed è probabilmente da collegarsi ad un errore tecnico nella fase di realizzazione della preparazione (che, ricordiamo, presenta numerose cavità) oppure nella composizione della stesura ad olio.
Sempre nel corso dell’intervento ottocentesco, gli angoli inferiori, dove si uniscono a mezza pialla i listelli aggiunti originali, sono stati spianati per riportarli al livello del resto della tavola, perché il listello inferiore posizionato controvena non aveva seguito la curvatura della tavola ma si era mantenuto diritto. In questa operazione sono stati asportati del tutto gli strati pittorici presenti sul listello originale per una lunghezza di circa 15-20 cm su ogni lato. Le spaccature che si erano create fra supporto e listelli laterali aggiunti sono state stuccate con l’inserimento di batuffoli di lana grezza e la sovrapposizione di diverse tipologie si stucchi, apposti in momenti diversi ed abbondantemente debordanti sull’originale. Lo stesso dicasi per la spaccatura fra tavola e listello originale inferiore che presenta inoltre diverse mancanze di colore. Numerose sono le perdite di colore lungo i margini, specie quelli superiore ed inferiore, probabilmente a causa di piccoli eventi traumatici accidentali, così come le consistenti mancanze diagonali e a forma di “Z” all’altezza del petto di Venere e di Amore.
Le osservazioni effettuate in Laboratorio, e la documentazione fotografica del restauro eseguito negli anni ’50, ci hanno permesso di stabilire che nel corso dell’intervento ottocentesco l’opera era stata pesantemente ridipinta nella quasi totalità.
Nel 1958-59 furono rimosse buona parte delle ridipinture che riguardavano i carnati, lasciandone però molte altre, fra cui le più rilevanti riguardano il manto azzurro, le ombre dei carnati, il corpo del vaso cui si appoggia Venere e il velo in prossimità della mano, ma anche la coroncina di fiori del putto e parte dei capelli. Anche la ridipintura dell’intero drappo sullo sfondo, comprese le ciocche di capelli di Venere, e del prato in tutta la sua estensione non era stata rimossa. Risultava completamente ridipinto anche il manto in lacca rossa di Gelosia. I ritocchi risalenti agli anni ‘50, erano ormai fortemente alterati.
La grande estensione delle ridipinture occultava una situazione in molti punti compromessa dello strato pittorico originale: le consunzioni del film pittorico dovute a puliture aggressive, presumibilmente eseguite con mezzi meccanici o con solventi inadeguati, interessavano gran parte del dipinto.
Non è possibile capire a quale momento risale il danneggiamento dovuto alla pulitura, ma, poiché alcune ridipinture sono più resistenti di quelle recenti degli anni ’50, la pulitura aggressiva deve essere più antica. Questo sistema di asportazione delle ridipinture è stato applicato in gran parte del dipinto intaccando in molti punti la superficie pittorica e provocando l’asportazione di moltissime piccole scaglie di colore sollevato, la cui perdita risulta molto evidente in . Questi danni sono stati poi occultati con stuccature eseguite con colore ad olio ed ampie ripassature.
Le parti che non sono mai state ridipinte, e quindi non sono mai state pulite con mezzi meccanici o solventi aggressivi (le ali di Amore e lo sfondo azzurro dietro di esse, le piantine verdi dietro alle gambe di Amore, il prato a lato dei putti, le frecce, il mazzo di rose, le maschere) presentavano una vernice antica fortemente imbrunita e molto disomogenea che ottenebrava fortemente la cromia originale.
Molteplici erano gli obiettivi da raggiungere tramite un corretto intervento sul supporto. Alcuni emergevano chiaramente dalla lettura dello stato di conservazione, altri dalle nuove esigenze espositive dei funzionari del Museo che si dimostrarono intenzionati a far rimuovere le due aggiunte moderne e ripristinare le corrette dimensioni del dipinto in base alla stesura finale di Bronzino. L’asportazione delle aggiunte ha reso necessaria l’applicazione di un nuovo sistema di traversatura; infatti le due assi di rovere opponevano una certa resistenza ai movimenti del tavolato e le porzioni di traverse ancora inserite nelle tracce erano talmente sottili da non poter essere considerate ancora idonee.
La prima operazione è consistita nello smontaggio delle assi aggiunte in rovere, sostituite da due traverse provvisorie, sagomate in base alla forma assunta dal tavolato, adeguatamente imbottite e poste a contatto con la superficie pittorica. Occorreva, infatti che l’opera rimanesse ferma e controllata anche dopo la rimozione delle aggiunte e non assumesse un imbarcamento maggiore.
L’operazione successiva ha riguardato la separazione tra l’elemento orizzontale originario posto in basso con colla e chiodi e il tavolato. La rimozione era necessaria per risanare il tavolato nella parte bassa e per creare in seguito un sistema di ancoraggio che consentisse una corretta coesistenza tra elementi posti in senso ortogonale tra di loro, sia pur originali. Dall’immagine radiografica si potevano chiaramente individuare 15 chiodi che tenevano l’elemento al tavolato principale. Essi sono stati estratti, numerati e conservati a parte in attesa di un riutilizzo per il nuovo ancoraggio dell’elemento. L’aggiunta è stata separata e sono stati completamente rimossi i perni lignei di collegamento.
La rimozione dell’elemento inferiore ha permesso di poter operare un risanamento del tavolato sia nelle sconnessioni e divaricazione tra le assi, sia nelle piccole fessurazioni determinate in prossimità dei fori dei perni o dei chiodi. Inoltre in queste zone occorreva eseguire un corretto riempimento delle cavità con inserti ben calettati nelle sedi. Pertanto ogni piccola o grande linea di frattura è stata correttamente risanata ripristinando, ove necessario, il corretto livello dei margini del colore. Nelle aperture sono state inserite sottili strisce di pioppo vecchio incollate con collante vinilico e, qualora occorresse anche un’azione riempitiva, con una miscela di resine epossidiche.
Le sedi dei perni sono state riempite con cilindri in pioppo vecchio incollati con collante vinilico.
Le operazioni più importanti sono state eseguite nella parte bassa, nei punti in cui il tavolato presentava un deciso divaricarsi delle assi causato dal blocco operato dai chiodi e dalla colla che fermavano l’elemento orizzontale.
Il listello inferiore è stato rimesso al suo posto sul bordo basso ed ancorato con i chiodi originali.
Dopo il risanamento del tavolato, occorreva dotare il supporto di un adeguato sistema di traversatura. La soluzione doveva prevedere il mantenimento in situ delle porzioni di traversa sopravvissute. Tra le varie possibilità è stata scelta quella di creare due nuove traverse in castagno aventi una freccia uguale a quella del tavolato, tagliate in senso radiale e perfettamente calettate nella sede originale. Le vecchie porzioni di traversa originale sono state fermate alle nuove attraverso coppie di calamite incollate alle nuove traverse.
Il tavolato è stato pulito dalla polvere con spugna Wishab ed è stato disinfestato con Permetar steso a pennello.
Una volta risanato il supporto, la sua naturale tendenza ad incurvarsi ha consentito di eliminare le cause della formazione dei sollevamenti e di ritrovare lo spazio necessario ad abbassare le creste di colore. Gli obiettivi dell’intervento rimanevano a questo punto due: conferire stabilità alla pellicola pittorica e recuperare la piena leggibilità dell’originale. Essi erano strettamente correlati fra loro, in quanto per consolidare lo strato pittorico era necessario eliminare prima gli strati soprammessi, che occludevano i microcretti e avrebbero impedito al consolidante di penetrare.
Prima di procedere alla pulitura sono state consolidate le crestine con resina acrilica e fermati alcuni piccoli sollevamenti della preparazione lungo le commettiture con i listelli. Altre fermature puntuali sono state via via eseguite durante la lavorazione laddove si rendevano necessarie.
La pulitura è stata realizzata procedendo per gradi. Inizialmente sono stati rimossi la vernice e i ritocchi più recenti con una miscela di solventi in emulsione stearica. Una volta individuate le ridipinture più antiche, e più resistenti, si è deciso quali eliminare e quali era preferibile lasciare perché sotto di esse dell’originale non erano rimaste che poche tracce. Non sono stati rimossi la parte del velo vicina alla mano sinistra di Venere e la punta delle dita della stessa mano, la ghirlanda di fiori sulla testa del putto e alcune pennellate sulle ciocche di capelli dei putti e di Venere perché nel primo caso l’originale era stato asportato, e negli altri era estremamente consunto e mancante. Le ridipinture sulle estremità destra e sinistra del listello inferiore (circa 15-20 cm ciascuna), dove l’originale era stato completamente asportato, sono state conservate come base per il ritocco. Anche la pulitura del manto azzurro è stata differenziata: nelle parti chiare le ridipinture sono state completamente asportate mentre nelle ombre più scure, dove dell’originale non rimanevano che delle tracce, sono state solo alleggerite recuperando il poco di originale ancora esistente e sfruttando poi la ridipintura antica come base per l’integrazione. L’asportazione delle ridipinture più antiche è stata effettuata con impacchi prolungati dello stesso solvente utilizzato in precedenza, talvolta in solvent gel per le ridipinture più resistenti. Dove lo spessore della ridipintura era maggiore è stato inizialmente usato un gel chelante a pH basico. I residui di ridipintura bianca presenti sul manto di Gelosia, sull’addome di Venere e di Amore sono stati rimossi a bisturi, con l’ausilio del microscopio, dopo essere stati ammorbiditi con il gel chelante.
Terminata la pulitura si è proceduto al consolidamento sottovuoto, e successivamente all’ abbassamento puntuale con termocauterio delle crestine di colore.
La stuccatura delle mancanze più profonde è stata realizzata con gesso e colla, mentre le diffusissime cadute di sola pellicola pittorica e le fessurazioni sono state stuccate con colore a tempera addizionato di uovo. In quest’ultimo caso la tempera ha consentito di realizzare, contemporaneamente alla stuccatura, anche l’imitazione della superficie e la base cromatica per l’integrazione pittorica. Nelle parti stuccate a gesso le basi cromatiche sono state realizzate a tempera, modellando contemporaneamente l’imitazione di superficie. Solo per i carnati, per ottenere un effetto cromatico vicino alla brillantezza e trasparenza dell’originale, la stuccatura e la superficie sono state realizzate con tempera bianca e la base cromatica è stata eseguita ad acquerello. Dopo una stesura di vernice mastice, si è passati all’integrazione pittorica con colori a vernice applicati con la tecnica della selezione cromatica. La verniciatura finale è stata effettuata a spruzzo con una vernice chetonica.
Sezione successiva