Bronzino, Venere, Amore e Gelosia, 1545 ca., Szépmüvészeti Múzeum, Budapest

  • : Intervento di restauro
  • Stato attività: concluso

Dati

Informazioni sull’attività

Informazioni sull’opera

Informazioni storico-descrittive

Di questo dipinto su tavola di soggetto profano, Venere, Amore e Gelosia, firmato dall’autore sotto la mano sinistra di Venere “BRONZINO FIOR.NO”, si conosce molto poco: le prime notizie risalgono al 1863, quando fu donato al Museo Nazionale Ungherese di Budapest dal conte Kaunitz. Nel 1875 fu spostato allo Szépmüvészeti Múzeum (Museo di Belle Arti) dove tutt’ora si trova esposto.

Tecnica esecutiva

La tavola impiegata da Bronzino per la realizzazione del dipinto ha avuto una genesi piuttosto complessa, legata molto probabilmente al processo creativo dell’artista ed ai conseguenti mutamenti progettuali in corso d’opera.
All’arrivo in laboratorio la tavola presentava una dimensione di 191,7 cm in altezza e 138,7 cm in larghezza con uno spessore medio di 3,8 cm. Ad esso erano applicati lateralmente con una serie di viti due listelli di legno spessi 1,5 cm, non dipinti, probabilmente per favorire l’inserimento nella cornice moderna.
Attraverso un’attenta visione del retro, confrontando l’indagine radiografica con quella riflettografica, si è notato che l’opera presentava parti originali e altre aggiunte per ingrandirne le dimensioni.
Secondo le nostre osservazioni, Bronzino inizialmente si avvalse di un supporto composto da quattro assi verticali. Queste furono incollate con caseina a spigoli vivi senza elementi interni di collegamento con due traverse inserite nello spessore in tracce a sezione trapezoidale, a formare un tavolato con le dimensioni di 172,9 cm in altezza e di 128,7 cm in larghezza. Su tale supporto fu stesa la preparazione e vi dipinse una prima redazione dell’opera.
Come vedremo più avanti, il progetto grafico subì un cambiamento in corso di realizzazione; alcuni soggetti furono eliminati o cambiarono di posizione, mentre altri furono completamente rifatti.
Per questa nuova stesura Bronzino ebbe la necessità di aumentare le dimensioni del tavolato, pertanto sui due lati verticali furono aggiunti due listelli. Sul bordo basso infine fu aggiunto un ultimo listello in orizzontale avente la fibratura ortogonale a quella del tavolato principale. Queste tre aggiunte furono incollate e fermate al tavolato originario con una serie di chiodi.
In epoca moderna, molto probabilmente in seguito all’acquisizione dell’opera da parte del Szépművészeti Múzeum di Budapest, furono aggiunte due assi in alto ed in basso eseguite in rovere e poste in orizzontale.
La tecnica di preparazione della tavola corrisponde a quella tradizionalmente riscontrata nei dipinti fiorentini dell’epoca: sulle commettiture delle tavole è stata applicata della stoppa, e su di essa una preparazione composta da solfato di calcio anidro e colla animale.
Per quanto riguarda il metodo con cui è stata impostata la composizione non sono state rilevate tracce di riporto di alcun tipo. Il disegno è stato realizzato a mano libera, con almeno due carboncini di durezza diversa, e in più momenti di elaborazione.
Una prima imprimitura risulta composta da bianco di piombo e include rare scagliette di vetro e granuli di vermiglione e nero di carbone. Una seconda imprimitura di composizione assai simile ma di intonazione decisamente più rosata e di intensità variabile a seconda delle zone, ricopre la prima. In particolare il manto azzurro presenta un secondo strato rosa che disegna e modella le pieghe del panneggio con ombre intense e luci chiarissime; il manto di Gelosia, realizzato in lacca rossa, presenta un secondo strato rosato molto intenso, che compare anche come sottofondo del vaso. Particolare è la realizzazione del drappo viola: in linea generale esso è stato ottenuto utilizzando una seconda imprimitura a base di bianco e lacca rossa, una base pittorica di oltremare e una stesura finale di lacca rossa che in trasparenza perviene al risultato finale viola. In altri punti della stessa campitura si rileva una stratigrafia più articolata da collegare alla complessa elaborazione pittorica dell’opera.
Interessante risulta l’impiego di granuli di vetro macinato in numerosi impasti pittorici, prevalentemente in associazione con la lacca rossa ma anche con l’oltremare, ed interessante anche il fatto che negli strati più superficiali il vetro appare macinato più finemente. Esso veniva comunemente impiegato come carica per le lacche, ma anche con funzione siccativa del legante oleoso, e probabilmente anche per rendere l’imprimitura ed i successivi strati più traslucidi e brillanti.
La stesura pittorica è stata realizzata con legante oleoso ed eseguita tramite sottili velature sovrapposte ad una stesura di base sia nel drappo di fondo che nei carnati (salvo alcune luci finali applicate a corpo). Per altre parti come le ali di Amore, le rose, il terreno, l’arco e le frecce, l’impasto pittorico è stato impiegato a corpo, lasciando consistenti spessori ed evidenti cordonature della pennellata. I colori utilizzati sono quelli tradizionali, con netta prevalenza dei toni freddi: prevalgono infatti i blu (oltremare e smaltino), il verderame, e per il rosso la lacca. Il vermiglione è stato usato solo in piccolissima percentuale nell’imprimitura rosata.
In riflettografia il dipinto mostra una impostazione compositiva iniziale molto diversa da quella finale. Per poterla ricostruire nella sua interezza è stato necessario avvalersi non solo dell’immagine riflettografica Multi-NIR ma anche della radiografia. Quest’ultima infatti evidenzia non il disegno, come l’infrarosso, ma il bianco di piombo presente nei punti di luce ed integra le informazioni forniteci dall’infrarosso.
Per quanto riguarda la parte alta della composizione, nella prima versione dell’opera le braccia delle due figure e l’arco di Amore erano posizionate in modo molto diverso e venivano a costituire una sorta di anello concluso, che si può immaginare anche sviluppato in profondità: la mano destra di Venere tocca il gomito destro di Amore, che si trova più in basso, e questi con la sinistra protende in alto e più in profondità il suo arco, la cui estremità viene afferrata dalla mano di Venere che piega il suo braccio sinistro dietro la testa. Nella versione definitiva non rimane più traccia di questo schema compositivo. Il cambiamento nella posizione del suo braccio sinistro, non più sollevato ma ora mollemente appoggiato al vaso di rose, ha costretto Bronzino ad aggiungere un listello laterale al supporto. Non è l’unico ingrandimento dovuto al cambiamento della composizione. Nella parte inferiore del dipinto sono soprattutto evidenti l’allungamento delle gambe di entrambe le figure e la posizione leggermente meno reclinata di Venere. Queste modifiche hanno comportato un ulteriore ampliamento del supporto con l’applicazione di due altri listelli, a sinistra e in basso.
Assai più radicale e complessa appare l’elaborazione della zona attualmente dipinta con i due putti e con le maschere. L’immagine riflettografica mostra molte linee di difficile interpretazione, ma la scoperta sicuramente più eclatante è la presenza di una testa di satiro in corrispondenza del dorso del primo putto. Il disegno appare curato nei minimi dettagli e con una leggera ombreggiatura. Nell’area sottostante a questa testa sono presenti alcune altre linee che possono essere ricondotte alla figura del satiro, che appare rappresentato in posizione accovacciata: si distinguono bene la spalla destra ed il contorno esterno del braccio, i pettorali, la linea della zampa caprina destra piegata ed un accenno della sinistra. La figura, dunque, era già stata impostata nella sua interezza, anche se il grado di finitezza era assai meno avanzato nella parte inferiore. Per qualche motivo, forse legato al significato allegorico della composizione, questa parte della composizione venne radicalmente cambiata e il viso del satiro venne traslato nella maschera appoggiata a terra ai piedi di Venere.
La difficile genesi di questa parte del dipinto non finisce qui: l’immagine radiografica di questa zona riserva altre sorprese e rende visibile la figura di un singolo putto ridente. Questa immagine non è visibile in riflettografia perché non è disegnata col carboncino, ma essendo stata dipinta risulta radiopaca ai raggi X nei punti di luce che contengono bianco di piombo. Si scorgono chiaramente i tratti del volto, il contorno della spalla destra e della parte superiore delle gambe e del piede destro, tutti punti di massima luce. È evidente la somiglianza nella posa fra questo putto e quello in secondo piano nella versione finale. Sembra che Bronzino, insoddisfatto della prima soluzione con il singolo putto a seguito dell’allargamento del supporto, abbia deciso di riempire maggiormente lo spazio realizzando un gruppo di due bambini, pur conservando in uno di essi la posa di quello già realizzato. Altri segni visibili in infrarosso non sono riconducibili a nessuna delle due versioni precedenti e sono da interpretare come modifiche o aggiustamenti della redazione definitiva.

Sezione successiva