
Il restauro ha comportato una serie di fasi complesse e articolate, data anche la compresenza di rame dorato e ferro. La pulitura è stata portata avanti combinando tecniche di pulitura chimica, meccanica e fisica (laser).
La Banderuola di Palazzo vecchio è stata ricollocata di fronte al Salone dei 500 il 5 novembre 2010. Il restauro durato solo 5 mesi e realizzato nel Settore Bronzi e Armi Antiche dell’Opificio, è stato coordinato e diretto da Maria Donata Mazzoni con la direzione storico artistica di Clarice Innocenti e la direzione tecnica di Stefania Agnoletti e Annalena Brini.
La Banderuola che ha sovrastato per secoli la Torre di Arnolfo in Palazzo Vecchio, dove fu posta nel 1453 quando Michelozzo iniziò i lavori di ristrutturazione del Palazzo. Attualmente sulla Torre vi è una copia in vetroresina eseguita nel 1981 quando l’originale fu ricoverato nel Cortile della Dogana dove è rimasto fino al presente restauro.
La banderuola è alta circa cinque metri e composta da tre elementi uniti insieme da un’asta in ferro:
Data l’originaria collocazione sulla torre di Palazzo Vecchio, l’opera per lungo tempo è stata interamente esposta all’azione degli agenti atmosferici; le superfici risultavano perciò compromesse da estese e forti alterazioni verdastre, effetti della corrosione del rame. Su tutti gli elementi erano presenti grossi accumuli di polvere concrezionati e stesure di protettivi alterati. In prossimità dei ferri di supporto del Marzocco, erano evidenti spessi strati di vernici, minio, pece e grasso.
Sul Leone e sul Giglio si sono riscontrate tracce di vecchie riparazioni con saldature in stagno-piombo e sostituzioni di lamine di rame. In alcune parti sono impresse, mediante punzonatura, la firma dell’autore delle riparazioni AS e le date di esecuzione: RATOPPATO 1843; 1844.
La pulitura ha previsto l’integrazione di tecniche differenziate a seconda delle caratteristiche specifiche del degrado di ogni singolo elemento. E’ stata definita mediante la messa a punto di tecniche di tipo chimico, meccanico e ablazione laser, calibrando i parametri di emissione in relazione agli strati di alterazione da rimuovere. Nella pulitura delle aree dorate è stato utilizzata la tecnica laser applicata sia in condizione di immersione localizzata che a secco.
Per la rimozione delle vernici e dei vecchi protettivi a base di cera, sono state utilizzate miscele di solventi supportate da gel, coadiuvate dall’uso del bisturi e da spazzoline di setola animale.
Il restauro di questo manufatto ha consentito l’inizio di un Progetto sperimentale che ha l’obbiettivo di ottimizzare l’applicazione di metodologie di indagine non invasive sui metalli, con particolare riferimento all’acquisizione di immagini fotografiche a diverse lunghezze d’onda.
A fine intervento, per garantire un’adeguata conservazione, su tutte le superfici è stato applicato un protettivo a base di cere microcristalline.
La banderuola era in origine interamente dorata ad amalgama di mercurio .Il restauro ha portato alla luce le tracce di doratura che prima erano appena percettibili ed ha restituito alla città di Firenze uno dei suoi simboli più noti.
Il restauro realizzato nel Settore Bronzi e Armi Antiche dell’Opificio, è stato coordinato e diretto da Maria Donata Mazzoni con la direzione storico artistica di Clarice Innocenti e la direzione tecnica di Stefania Agnoletti e Annalena Brini.
L’intervento è stato eseguito da un’equipe di restauratori specializzati, ex allievi della SAF dell’Opificio delle Pietre Dure. In particolare Sveta Gennai e Chiara Valcepina per il restauro della Sfera; Antonio Mignemi per il Leone rampante; Elisa Pucci per il Giglio.
L’approccio al restauro è stato guidato da un’estesa campagna diagnostica a cura del Laboratorio Scientifico dell’Istituto coordinata da Simone Porcinai e Andrea Cagnini.
Il restauro è stato finanziato dalla Ditta Giusto Manetti Battiloro di Firenze.
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