
Nell’ambito della lunga collaborazione tra OPD e Opera del Duomo si colloca il restauro della pregevole opera di Antonio di Salvi, caso piuttosto raro di un’opera di oreficeria sostanzialmente originale nelle sue parti, non compromessa da interventi pregressi
Proveniente dalla Cappella della Croce della Cattedrale, ma conservato dal 1954 presso il Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore, il reliquiario è stato oggetto di ipotesi attributive più volte concordanti sull’autore, Antonio di Salvi, fino a quando, nel 1992, finalmente fu identificato il punzone della bottega del maestro, ubicato sul cappello cardinalizio e su una cuspide del piede.
Il reliquiario si è svelato come un vero e proprio capolavoro, soprattutto dal punto di vista dell’altissimo livello della lavorazione, messa in luce soprattutto in seguito al metodico intervento di pulitura. Come si avrà modo di osservare dal confronto delle immagini dei dettagli prima e dopo l’intervento, la delicatezza della lavorazione a filigrana con granulazione, che scandisce ampiamente la superficie argentea e il ritmo modulare cromatico, ottenuto alternando la doratura alle zone argentee, incorniciano ed illuminano i preziosi inserti in smalto traslucido. Allo stesso modo, il progetto architettonico del reliquiario è il risultato di un lavoro meccanico magistralmente eseguito, che nell’arco di tutti questi secoli è stato sicuramente efficace, dal momento che, durante lo smontaggio, è stato constatato come l’impianto costruttivo sia rimasto essenzialmente quello originale. Gli elementi sostituiti nel corso dei secoli sono del tutto marginali e questa caratteristica è stata analizzata anche alla luce della lettura dei documenti, che raccontano le vicende degli interventi precedenti, avvenuti nel corso del suo tempo vita.
Il reliquiario appare come una complessa struttura architettonica e custodisce, entro due teche a giorno, le reliquie di san Girolamo. È composto da un ampio piede polilobato a profilo mistilineo su uno zoccolo a cornici digradanti, di cui quella centrale ottenuta a traforo. La superficie è completamente ricoperta da tralci vegetali con rosette e da foglie di acanto, realizzati a sbalzo e cesello, intervallati da una serie di smalti traslucidi su bassorilievo. Quelli sul gradino inferiore sono a bottone mentre gli altri posti sul gradino superiore hanno una forma polilobata. Le placchette smaltate descrivono alcuni episodi della vita del santo, dagli anni della sua vocazione fino all’eremitaggio nel deserto e all’attività di predicatore. Entro la base si trova la base in legno, di cui è visibile l’ampio gradino decorato a pastiglia, dipinto e dorato a foglia. Il bel nodo esagonale e appiattito, sulla cui fascia centrale corre un’iscrizione eseguita con la tecnica del niello, sostiene il fusto, sul quale si aprono bifore con arco a tutto sesto, ornate da placchette in smalto traslucido blu. Ai suoi lati si dipartono, con due volute, i due bracci laterali, coperti da una fitta decorazione in filigrana, al centro delle quali sono posti gli smalti champlevé e traslucidi, recanti le insegne dell’Arte della Lana e della famiglia del committente, il canonico Jacopo Mannelli. I bracci laterali sostengono due figure di angeli in argento, realizzate a tutto tondo per fusione, poi rinettate con ceselli. Subito sopra il nodo, tra le due figure, alloggia l’architettonico tempietto esagonale, custodia della mascella del Santo, eseguito con colonne tortili, fra le quali si aprono sei monofore con i fianchi a strombo, poggianti su un basamento ornato da smalti che terminano la storia del Santo e, in alto, sull’architrave del tempietto, trova posto un’altra iscrizione, in niello. La teca esagonale è chiusa da una cupola divisa in spicchi, apertura del prezioso ricettacolo della reliquia della mascella, attraverso sei occhielli con perni, situati sotto i terminali a vaso. Essa sostiene l’elegante e slanciata teca circolare in cristallo di rocca, con montatura a due ordini, intervallati da una trabeazione, con lesene arricchite da filigrana e colonne tortili nell’ordine superiore. All’interno è racchiusa la reliquia dell’osso del braccio, e prima della piccola cupola troviamo l’ultima fascia iscritta a niello. A conclusione si innalza, lavorata a tutto tondo, come le due figure degli angeli, la statuetta del santo.
Al momento del suo arrivo in laboratorio, il reliquiario si presentava in uno stato di conservazione assai critico: il maggiore dei pur vari problemi riguardava il ciclo completo degli smalti con le storie del santo, realizzati con la tecnica dello smalto traslucido su bassorilievo in argento, inciso a bulino e intagliato e modellato a ciappola. Un’altra importante caratteristica del degrado dell’arredo consisteva nel grave annerimento superficiale dovuto all’alterazione dell’argento, che offuscava anche ampie zone dorate del metallo, celandone la ricchezza decorativa.
Intervento di manutenzione e restauro, eseguito dall’orafo Michelangelo di Domenico Targioni, 1662. Intervento di manutenzione e restauro del maestro Bernardo del Giusto Holzman, argentiere delle Gallerie, 1697.
Schede di indagine diagnostiche S_1570.1 e S_1570.2
Spettrofotometria FT-IR; Indagini stratigrafiche al microscopio ottico; Analisi al microscopio elettronico a scansione. Campioni di niello, sali di corrosione, protettivo superficiale.
Scopo dell’indagine: definizione del protettivo superficiale, del tipo di doratura e della composizione del niello
Il reliquiario è stato smontato quasi completamente, per un totale di 124 pezzi, al fine di eseguire in maniera efficace e sicura le principali operazioni di restauro sulle numerose placchette smaltate e sugli elementi argentei, variamente offuscati e anneriti dalle ossidazioni, a causa anche del degrado disomogeneo del protettivo superficiale steso in un periodo imprecisato. Successivamente, sono stati eseguiti bagni, dove possibile, con prodotti chelanti per asportare i sali di corrosione e impacchi localizzati con miscele di solventi apolari, per eliminare le tracce del protettivo in fase di degrado. Le placchette smaltate, alcune delle quali mostravano evidenti problemi di sollevamento dello smalto dal supporto metallico, sono state accuratamente liberate con la pulitura dal materiale organico e dagli adesivi di varia natura, utilizzati in un precedente incollaggio e consolidati con adesivo polivinilbutirrale. Per la base in legno è stato necessario effettuare un trattamento disinfestante, la pulitura superficiale e il consolidamento con stuccature, così da ricostruire alcune parti decoese. Il consolidamento della struttura ha interessato principalmente alcuni elementi smaltati, applicati sulla base con deturpanti saldature a stagno, ormai inefficaci, sostituite con alcuni perni filettati, fissati all’interno di fori preesistenti.
C. Innocenti, Ori, argenti, gemme. Restauri dell’Opificio delle Pietre Dure, catalogo della mostra: Firenze, Palazzo Medici Riccardi, 29 settembre 2007-31 gennaio 2008, Firenze, 2008.
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