
Il Sant’Antonio da Padova della parrocchia di San Lorenzo Martire a Quiliano è un inedito di Anton Maria Maragliano. Fu commissionato da Giovan Battista Gariglio, mercante attivo tra Genova e Spagna, come ringraziamento per la grazia ricevuta scampando ai pericoli e per le infermità risolte. La scultura fu donata alla parrocchia a condizione che fosse portata in processione il 13 giugno di ogni anno, promessa mantenuta fino agli anni cinquanta. La scultura, a grandezza naturale, è rappresentata secondo l’iconografia barocca che raffigura il Santo col Bambino Gesù. Il Sant’Antonio indossa il saio di frate minore cinto dalla corda con tre nodi, simbolo di povertà, castità e obbedienza, attributi costanti nell’iconografia del santo. Nella mano destra regge un libro, sul quale si erge il Bambino e in cui appare la scritta “Se quaeris miracula”, parole iniziali della preghiera in onore di Sant’Antonio, composta da fra Giuliano la Spira nel 1233.
Caratteristiche costruttive
La scultura è intagliata a tutto tondo in legno di tiglio e composta da oltre 65 elementi assemblati con colla da falegnami. Dall’indagine radiografica non si evidenzia la presenza di chiodi per l’assemblaggio dei pezzi, tranne che per l’unione dell’opera con il basamento. Inoltre l’opera è in legno pieno.
Per quanto riguarda l’intaglio, si nota la differenza tra il volto del Santo, le mani e il Bambino Gesù, definiti da un intaglio molto fine e curato, e il saio, scolpito invece in modo essenziale. Tali differenze di stile sono attribuibili alla collaborazione del maestro con allievi ed altre maestranze, dettata dalle innumerevoli commissioni dell’artista.
Il Sant’Antonio indossa stranamente delle scarpe chiuse invece dei sandali, contrariamente alla consuetudine francescana. È ipotizzabile che fossero l’ingombro da cui ricavare i piedi nudi e che, a causa della mancanza di intagliatori esperti o dei tempi di consegna stretti, si sia optato per trasformarli semplicemente in scarpe. Il cingolo è in legno intagliato, tranne che in alcune parti di restauro integrate in corda. Le ultime pagine del libro sono costituite da due fogli sovrapposti di pergamena, stuccati e dipinti, per conferirgli maggior realismo.
La preparazione e il colore
Sull’intera opera è stesa la preparazione a gesso e colla animale impiegata, oltre che come base per il colore, per riempire e nascondere le piccole imperfezioni del supporto ligneo. Gli strati preparatori sono bruniti sugli incarnati per renderli più compatti e ottenere una policromia brillante.
La policromia dei carnati è di ottima qualità, dall’effetto lucido, liscio e compatto dovuto sia alla brunitura della preparazione che dello stesso colore. Dalle indagini diagnostiche il legante risulta essere proteico, quasi certamente chiara d’uovo. Il colore originale del saio è composto da nero di carbone, ocre e silicati. Il basamento è di una tonalità azzurra, uguale al drappo del Bambino, con decorazioni a foglia d’oro applicata sui bordi a guazzo. Il basamento contribuiva, quindi, ad esaltare la scultura mediante il colore e la preziosità della decorazione.
Il Sant’Antonio si trovava in un pessimo stato conservativo, principalmente a causa di un’importante infestazione d’insetti xilofagi, ancora in atto al momento dell’intervento.
A causa dell’uso processionale l’opera presentava diversi danni accidentali: perdita di tre dita della mano destra del Bambino, di piccole porzioni di due pieghe aggettanti del saio del Santo e delle pagine del libro in pergamena, numerosi graffi, sia sulla superficie delle vesti che sugli incarnati. Inoltre, le variazioni termoigrometriche repentine, subite dalla scultura in queste occasioni, avevano contribuito al distacco e al ritiro dei singoli elementi lignei, determinando la formazione di fessure tra essi.
A causa del ritiro del legno la superficie pittorica presentava cadute di colore e molti sollevamenti che, per la sua composizione, tendevano a staccarsi dal supporto in pezzi dall’aspetto rigido e vetrino. Probabilmente le numerose lacune hanno determinato la scelta di ridipingere quasi totalmente la superfice dell’opera. Su tutto il drappo del Bambino e su parte degli incarnati era presente una sola ridipintura a caseina, mentre il saio presentava due ridipinture sovrapposte, una a caseina e una ad olio, distanziate da una riammannitura. Anche il basamento era completamente ridipinto con un colore ocra ad olio, dalla consistenza granulosa, resa ancora più scabra dalla presenza di gocce di cera di candele al di sotto di questa.
L’intera superficie era interessata da uno strato di sporco, costituito da particolato atmosferico e fumo di candela.
Visto il deterioramento legato alle processioni e alle variazioni di temperatura e umidità, l’opera è stata quasi totalmente ridipinta con colori a caseina e ad olio. Gli interventi sono stati sicuramente almeno due: uno più antico e uno risalente al secolo scorso. Infatti il saio del Sant’Antonio presenta due differenti ridipinture intervallate da una riammannitura. Parte del cingolo è integrato in corda, mentre l’originale è ricavato dal legno come il resto della scultura.
La scultura è stata disinfestata in atmosfera controllata tramite sottrazione dell’ossigeno a favore dell’azoto, fino ad una percentuale dello 0,1% di ossigeno per cinque settimane. La disinfestazione è stata ultimata applicando un antiparassitario a base di permetrina nei singoli fori di sfarfallamento, a scopo preventivo. Vista la grande quantità di rosume depositato all’interno delle gallerie dei tarli, le abbiamo precedentemente liberate con immissione controllata di aria compressa dai singoli fori di sfarfallamento.
L’operazione di fermatura è stata effettuata con un adesivo acrilico e termocauterio, a causa della natura rigida e vetrina della policromia. Nella pergamena del libro si presentavano rari punti con piccole lacerazioni del film pittorico. Come consolidante è stata usata gelatina (tipo A, 250 grado Bloom).
Le ridipinture sono state rimosse in maniera differenziata con miscele di solventi supportate con emulsione stearica, avendo dimostrato un’ottima resa: per il carnato sono stati usati ligroina ed etanolo, in proporzione 30%-70%; per il drappo del Bambino, la mano del Santo che regge il libro e la coperta del libro, solo etanolo; per i depositi incoerenti del saio e quelli delle pagine del libro, etanolo e acetone in proporzione 80%-20%. La ridipintura del saio è stata conservata, nonostante la sua scarsa qualità, a causa delle numerose lacune nella policromia originale sottostante e della similitudine tra i due colori. Il basamento e gli ancoraggi metallici sottostanti sono stati puliti con un Solvent gel (alcool benzilico e acetone) e bisturi. Dal momento che il metallo pulito si presentava arrugginito è stato necessario rimuovere le ossidazioni utilizzando il micromotore e una piccola spazzola metallica.
Visto l’impiego devozionale dell’opera, le mancanze del modellato sono state integrate con la stessa specie lignea dell’originale pretrattata con permetrina. Gli incollaggi sono stati fatti con resina epossidica (Araldite SV 427 e indurente HV 427) per garantire l’adesione con la faccia irregolare della superfice lignea originale. L’Araldite è stata utilizzata anche per l’integrazione di due angoli del basamento parzialmente mancanti. Le lacune delle pagine in pergamena sono state ricostruite con diversi strati di carta giapponese, rinforzata sul verso con un velo giapponese, entrambi di puro Kozo. Come adesivo è stata scelta la colla d’amido modificato ZinShofu applicando un coating superficiale in gelatina (tipo A, 250 grado Bloom). Le fenditure del supporto ligneo sono state chiuse con legno di balsa e, dove impossibile intervenire col legno per le dimensioni, con stucco a cera pigmentato.
Lo stesso stucco è stato utilizzato per la chiusura dei fori di sfarfallamento, preseti principalmente sul saio, sia per motivi estetici che per consentire un miglior controllo di eventuali infestazioni future.
Le lacune della policromia e le parti ricostruite sono state stuccate con gesso di bologna e colla di pelli, imitando l’andamento della superficie.
Le stuccature sono state integrate pittoricamente con la tecnica della selezione cromatica eseguita con colori ad acquerello.
L’opera è stata infine protetta con Regal Varnish Mat, applicandola, in corrispondenza dell’incarnato e del saio, unicamente sulle zone ritoccate, al fine di proteggerle, mentre le scarpe e il basamento sono state completamente verniciate in quanto più opache rispetto al complesso dell’intera scultura.
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