Andrea del Castagno, Ritratto di Dante Alighieri, 1447-1449 ca, Le Gallerie degli Uffizi, Firenze

  • : Intervento di restauro
  • Stato attività: concluso

Dati

Informazioni sull’attività

Informazioni sull’opera

Informazioni storico-descrittive

All’interno di una loggia a pianta rettangolare, in una villa suburbana nei pressi di Legnaia, oggi nell’immediata periferia di Firenze, Andrea del Castagno (Castagno di San Godenzo, Firenze 1421 circa – Firenze 1475) aveva dipinto tra 1447 e 1449 un vasto ciclo decorativo murale raffigurante tre condottieri (Pippo Spano, Farinata degli Uberti e Niccolò Acciaioli), tre donne illustri (la Regina Ester, la Regina Tomir e la Sibilla Cumana) e infine la triade dei poeti fiorentini, Dante con Petrarca e Boccaccio. La parete corta a Est, unica parte della decorazione ancora in loco, è occupata dalle figure di Eva e Adamo accanto a un baldacchino sorretto da angeli che rivelano un tondo dipinto a finto marmo raffigurante al centro, sopra la porta, una Madonna con il Bambino: la loro maestosa presenza è giustificata dal fatto che, come già nel De mulieribus claribus di Boccaccio, il concetto di uomini e donne illustri si voleva ricondurre in definitiva proprio dal peccato originale, come già nelle cronache figurate medievali, che costrinse gli esseri umani a guadagnarsi con il lavoro onore e salvezza. Si trattava di una decorazione che aveva a Firenze insigni precedenti legati alla celebrazione delle virtù civiche attraverso le gesta di personaggi esemplari e che fin dagli albori dell’età umanistica, alla fine del Trecento, raccontava una peculiarità tutta fiorentina, cioè che l’eccellenza nelle lettere era per la città un elemento del tutto caratteristico di dignità e grandezza civile. La sua importanza, oltre che all’altissima qualità dell’opera, è dovuta al fatto che si tratta dell’unico ciclo raffigurante questo soggetto commissionato per una dimora privata giunto fino a noi: la villa, conosciuta come Carducci Pandolfini, era appartenuta infatti a Filippo Carducci, ormai concordemente ritenuto il committente di Andrea del Castagno e personaggio di spicco della vita pubblica fiorentina per aver ricoperto a Firenze importanti cariche pubbliche tra cui quella di Gonfaloniere di Giustizia.
L’artista aveva costruito uno spazio fortemente illusionistico, razionale e classico, nel quale le figure scultoree erano collocate nel contesto di un’architettura fittizia ed evidentemente classicheggiante, all’interno di nicchie rettangolari, rivestite di porfido e marmi di vari tipi. Paraste corinzie sostenevano una trabeazione sopra la quale vi era un attico con putti, ghirlande e stemmi. Le paraste, i capitelli e l’architrave apparivano ornati da cardi stilizzati, in riferimento al nome Carducci. Sotto ciascuna nicchia vi era un parapetto con un pannello di marmo mentre l’attico prevedeva una lesena ogni tre paraste. Le ampie aperture dell’attico corrispondevano al fronte settentrionale aperto e tripartito della loggia, adesso murato, e scandivano l’organizzazione del progetto in triadi di figure.
Le figure monumentali erano pensate per interferire attraverso i loro gesti solenni con lo spazio reale dello spettatore. Andrea del Castagno aveva sapientemente giocato con l’ambiguità verità/finzione mescolando il tromp l’oeil nel finto rilievo della Madonna con Bambino, le figure in carne e ossa degli illustri, e i due progenitori dipinti come false sculture su bassi plinti, ai quali sembrava così conferire una sostanza diversa rispetto agli uomini e alle donne illustri del passato fiorentino, della storia antica e della Bibbia.
In particolare, Il Dante ritratto da Andrea del Castagno – uno dei più celebri volti del poeta nella storia dell’arte – è una figura serena e pacata nei gesti e nella posa, che si può ricondurre al tipo altrettanto composto del volto di profilo nella Cappella della Maddalena al Bargello e in quello emerso nella decorazione del Palazzo dei Giudici e Notai, lontano dal tumultuoso cipiglio del ritratto letterario, celeberrimo anch’esso, di Giovanni Boccaccio: “Fu il nostro poeta di mediocre statura, ed ebbe il volto lungo e il naso aquilino, le mascelle grandi, e il labbro di sotto proteso tanto, che alquanto quel di sopra avanzava; nelle spalle alquanto curvo, e gli occhi anzi grossi che piccoli, e il color bruno, e i capelli e la barba crespi e neri, e sempre malinconico e pensoso.” (Giovanni Boccaccio, Trattatello in laude di Dante, II, 68, 1357-1361 circa).

Storia conservativa

La sua sorte, insieme a quella dell’intero ciclo, fu strettamente legata alle vicende storiche della Villa Carducci Pandolfini. Infatti, probabilmente a causa di un cambio di destinazione d’uso degli ambienti, le pitture furono coperte in un epoca non precisata da imbiancature. Di esse purtroppo si perse memoria per lungo tempo, fino alla loro riscoperta avvenuta intorno al 1847, in coincidenza con la riedizione delle Vite del Vasari. Nel 1850, quando la residenza era di proprietà di Margherita Rinuccini e di suo marito Giorgio Teodoro Trivulzio, le pitture, eccezion fatta per le già citate figure dei progenitori, furono staccate dal supporto murario attraverso un intervento di strappo eseguito dall'”estrattista” emiliano Giovanni Rizzoli e destinate alla vendita. Nel 1852 furono acquistate dalle Gallerie Fiorentine per la Galleria delle Statue, l’attuale Galleria degli Uffizi. Muovendo dalla perdita del contesto originario e dal trauma dovuto allo strappo che ha comportato un inevitabile impoverimento della materia originale, l’Opificio delle Pietre Dure ha intrapreso un progetto di ricerca e restauro sul ciclo castagnesco proprio a partire dall’iconica effigie dantesca.

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