Opificio delle Pietre Dure di Firenze
Soprintendente: Marco Ciatti
Direttrice del Settore Restauro Dipinti Murali e Stucchi: Cecilia Frosinini
Restauratore conservatore: Paola Ilaria Mariotti, con la collaborazione di Mariarosa Lanfranchi (restauratore conservatore)
Soprintendenza BAP SAE di Arezzo
Soprintendente: Anna Di Bene
Funzionario di zona: Paola Refice
Restauratore: Umberto Senserini
Ente proprietario
Comune di Sansepolcro
Mauro Cornioli, Sindaco di Sansepolcro
Museo Civico di Sansepolcro
Direttrice del Museo Civico: Maria Cristina Giambagli
Comitato scientifico
Alessandro Angelini, professore Università di Siena
Paola Benigni, ex-soprintendente archivistica della Toscana
Mariangela Betti, ex-direttore Museo Civico di Sansepolcro
Giorgio Bonsanti, prof. emerito, Università di Firenze
Matteo Ceriana, Museo Nazionale del Bargello, Firenze
Massimo Coli, professore Università di Firenze
Frank Dabell, Temple University, Roma
Emanuela Daffra, Pinacoteca di Brera, Milano
Maria Cristina Improta, Opificio delle Pietre Dure
Mauro Matteini, ex-direttore ICVBC-CNR, Firenze
Il restauro della Resurrezione è stato un intervento complesso ed impegnativo, durato esattamente tre anni, dal marzo 2015 al marzo 2018. Esso ha agito non solo sulle cause di degrado e sui materiali sovrapposti all’originale che ne depauperavano la leggibilità, ma ha consentito di acquisire importanti risultati conoscitivi riguardanti la storia dell’opera, le vicende legate al contesto storico e politico dell’epoca che hanno consentito di ipotizzare i motivi della sua commissione, di conoscere la sua eterogenea tecnica di esecuzione.
Durante l’intero periodo del restauro la Resurrezione è rimasta visibile al pubblico. Infatti, il cantiere è stato allestito con un ponteggio innovativo e funzionale che ha consentito al pubblico di seguire i lavori di restauro work-in-progress e al contempo osservare il capolavoro di Piero della Francesca.
Per avviare il restauro è stato fondamentale il generoso contributo di € 100.000 messi a disposizione dal dr. Aldo Osti, mecenate e finanziatore, che in passato aveva vissuto a lungo a Sansepolcro, esercitando la sua attività di manager all’interno dell’industria Buitoni.
Gli interventi di restauro erano particolarmente urgenti a causa dei fenomeni di solfatazione e decoesione della pellicola pittorica e di distacco della pellicola pittorica e degli intonaci tra loro e/o dalla struttura muraria. I fenomeni di degrado riscontrati erano stati documentati da tempo grazie ad indagini scientifiche di tipo non invasivo (Progetto St@rt), svolte e coordinate dall’Opificio delle Pietre Dure, in collaborazione con Istituti di ricerca (CNR) e Università (2009-2011).
L’intervento di restauro che è andato a concludersi nel 2018 ha previsto: una campagna diagnostica propedeutica all’intervento, una graduale pulitura della superficie pittorica volta a eliminare i materiali di degrado, di accumulo e di restauro apposti sull’opera nel corso dei secoli, la risoluzione dei fenomeni di solfatazione e di distacco degli intonaci, l’integrazione pittorica delle lacune della pellicola pittorica.
Il Museo Civico di Sansepolcro è ospitato nell’antico Palazzo della Residenza della città. Partendo dal fatto che la Resurrezione non ha una datazione precisa da un punto di vista documentale, per la sua datazione il parere degli studiosi oscilla fra il 1450 e il 1460. Le ricerche d’archivio svolte in occasione del restauro legano la sua esecuzione ad una committenza di tipo civico che rilegge le vicende politiche ed istituzionali della città, ipotizzando che l’opera fosse stata realizzata intorno al 1468, in seguito ad eventi politici che portarono verso un’auspicata autonomia della città rispetto al dominio fiorentino.
Uno degli scopi del restauro era la determinazione se l’opera fosse stata dipinta sulla parete che oggi la ospita e che divide in due la grande sala principale del Palazzo, o se si trattasse di un’opera trasportata a massello, ossia operando il taglio e il trasporto di tutto il muro, come si narrava, senza peraltro fornire mai riferimenti a documenti o dati scientifici di riferimento. Non sappiamo dove la Resurrezione fosse stata dipinta originariamente, ma dopo il restauro, si ipotizza che fosse situata sull’arengario, cioè su un terrazzamento rialzato da cui le magistrature parlavano al popolo, che si trovava lungo la facciata dell’edificio, più o meno in corrispondenza dell’attuale porta-vetrata aperta sulla piazza.
L’antico Palazzo della Residenza, di origine trecentesca, originariamente sede delle magistrature cittadine, vide importanti modifiche che interessarono la sala dove è conservata la nostra opera: nella riconfigurazione cinquecentesca del Palazzo fu creata la sala dei Conservatori del Popolo, separando in due parti la sala preesistente, costruendo la parete che ospita, appunto, anche oggi la Resurrezione di Piero della Francesca.
La tecnica pittorica della Resurrezione è una tecnica mista, che, in piccola parte, prevede l’uso dell’affresco, ma soprattutto di ampie zone dipinte a secco, le quali hanno previsto l’uso di tempera grassa ed olio ed una considerevole parte realizzata con la tecnica della tempera ausiliaria.
I Pigmenti impiegati per l’opera sono sia pigmenti minerali naturali inorganici, come ocre, terre naturali, ossidi e silicati, ma vengono usati anche pigmenti che possono essere impiegati solo su intonaco asciutto, cioè con una tecnica a secco perché non sopportano la basicità della calce della malta, come biacca, lapislazzuli, malachite, azzurrite, lacca rossa, cinabro, verderame trasparente. I leganti pittorici impiegati per queste aree dipinte a secco sono la tempera a uovo, la tempera grassa e/o il latte o caseinato di calcio.
La complessa e non chiarita tecnica di esecuzione per l’aureola del Cristo prevedeva l’impiego di lamina di oro e lamina di stagno dorato.
Tecnica del disegno preparatorio: il metodo impiegato per la trasposizione del disegno su muro e lo spolvero per tutte le parti figurative ed architettoniche; la battitura di corda per le scanalature delle colonne; mentre in alcune zone si è riscontrata la presenza di disegno in punta di pennello, come in corrispondenza dei calzari e degli elmi. L’intonaco pittorico è stato applicato secondo giornate di lavoro che seguono un andamento dettato dalla attenta progettazione dell’opera.
La malta dell’intonaco è a base di calce e sabbia di granulometria fine, tanto che la superficie dell’intonaco è molto liscia.
Come strato preparatorio alle campiture cromatiche è stata verificata la presenza di calce e probabile latte su molte campiture di colore .
In seguito alle articolate campagne diagnostiche effettuate in occasione di questo restauro possiamo affermare che la muratura originale della resurrezione è in mattoni, apparecchiati di piatto, della dimensione di cm 15x30x5.
L’autoritratto di Piero: un elemento interessante della figurazione della Resurrezione è quello della possibilità che il soldato in posizione frontale, ai piedi del Cristo, sia l’autoritratto di Piero della Francesca. A riprova dell’antica tradizione che questi fossero i caratteri somatici di Piero, alcuni dettagli somatici come i capelli ricci, gli occhi grandi, rotondi e molto incavati, il mento pronunciato con al centro una caratteristica fossetta, le labbra carnose che ritornano in altri personaggi della sua opera e nei quali si può pensare che l’artista si sia ritratto. Questi tratti somatici vengono poi assunti da tutta la ritrattistica ideale di Piero della Francesca di epoca successiva.
Dal punto di vista degli interventi di restauro risulta ad oggi la notizia di una ripulitura non autorizzata che il pittore inglese Edward Hughes esegue nel 1896, cui segue un ricco carteggio intorno ai danni che egli sembrerebbe aver provocato: si entra nel merito di come è stata ripulita, cioè con acqua maestra (acqua e soda caustica). Da queste notizie possiamo ipotizzare verosimilmente quanto invasivo e dannoso possa essere stato il trattamento. Lo stato di degrado, quindi, era non solo dovuto al passare del tempo, ma anche causato da interventi non documentati sulla superficie pittorica. In particolare all’ intervento di pulitura indiscriminata che ha inciso sulla conservazione delle finiture “a secco”. I danni di questo intervento sono particolarmente evidenti sul paesaggio dello sfondo, che ha perso le modulazioni in verderame che conferivano rilievo e profondità alla rappresentazione delle colline dietro il Cristo risorto. Il paesaggio risulta oggi, purtroppo, appiattito, essendosi conservate solo le stesure di base, cui originariamente andavano a sovrapporsi dettagli della vegetazione e modulazioni luminose che suggerivano il digradare dello spazio. Nei documenti dell’Archivio Storico Comunale di Sansepolcro relativi ai lavori dei primi decenni del Novecento, si trova menzione del fatto che il noto restauratore dell’epoca, Domenico Fiscali, esegue e cura tra il 1913 e il 1922 i restauri più importanti nella città e sul territorio. Ma allo stato attuale delle ricerche risulta che sia intervenuto sulla Resurrezione di Piero solo con il compito di “revisionare” e intervenire sulle stuccature della cornice. Importanti lavori nel 1900 furono eseguiti nelle due sale di Piero della Francesca e in quella retrostante, detta di Matteo di Giovanni; mentre altri interventi che possono aver coinvolto la Resurrezione sono relativi ai lavori di consolidamento della Pinacoteca che nel 1939 comportarono la demolizione della volta. Conseguenze sulla statica della parete dovettero inoltre avere i terribili terremoti del 1917 e del 1948. Altri grandi lavori strutturali nella Pinacoteca iniziano nel 1950. È nel 1952 che il Consiglio Superiore delle Belle Arti, dopo avere nominato una commissione per la tutela della Resurrezione durante questi lavori strutturali, decide che l’opera non deve essere rimossa né spostata dalla parete dove ora si trova.
La Resurrezione era in avanzato stato di degrado a causa di inadeguati interventi pregressi e non documentati sull’opera; sulla pittura, infatti, sono stati rilevati interventi ottocenteschi mirati a migliorare temporaneamente la leggibilità di un’opera offuscata da secoli di incuria e legati alla sua notorietà e all’essere meta e oggetto di studio da parte di artisti e intellettuali.
Oltre a numerose tracce di prove di pulitura, sono stati trovati ben tre strati soprammessi di fissativo di restauro, cioè tre stesure di materiali risalenti verosimilmente a tre restauri antichi, stesi per assicurare, nelle intenzioni dell’epoca, una solidità e una maggior garanzia di stabilità all’opera. Uno di questi strati era addirittura pigmentato, cioè colorato con una intonazione marrone, verosimilmente per attenuare l’effetto dei danni dell’aggressiva pulitura ottocentesca. Anche di questi interventi non esistono documenti.
Tutti i materiali impiegati nel corso degli antichi restauri si erano alterati e scuriti, impoverendo la lettura dei colori e dei particolari originali dell’opera. Alcuni documenti ottocenteschi hanno chiarito che all’epoca l’opera fu lavata con acqua e soda caustica (acqua maestra), le cui conseguenze sono state quelle disastrose di un solvente caustico ed aggressivo che ha sciolto, corroso e indebolito il colore originale; questa pulitura aggressiva è la ragione delle numerose patine e dei fissativi che furono applicati per mascherare i danni ed omogeneizzare il tono cromatico.
Dal punto di vista degli interventi di restauro risulta ad oggi la notizia di una ripulitura non autorizzata che il pittore inglese Edward Hughes esegue nel 1896, cui segue un ricco carteggio intorno ai danni che egli sembrerebbe aver provocato, entrando anche nel merito di come è stata ripulita, cioè con acqua maestra. Da queste notizie possiamo ipotizzare verosimilmente quanto dannoso possa essere stato il trattamento.
Lo stato di degrado, quindi, era non solo dovuto al passare del tempo, ma anche causato da interventi non documentati sulla superficie pittorica. In particolare all’ intervento di pulitura indiscriminata che ha inciso sulla conservazione delle finiture “a secco”.
I danni di questo intervento sono particolarmente evidenti sul paesaggio dello sfondo, che ha perso le modulazioni in verderame che conferivano rilievo e profondità alla rappresentazione delle colline dietro il Cristo risorto. Il paesaggio risulta oggi, purtroppo, appiattito, essendosi conservate solo le stesure di base, cui originariamente andavano a sovrapporsi dettagli della vegetazione e modulazioni luminose che suggerivano il digradare dello spazio.
Nei documenti dell’Archivio Storico Comunale di Sansepolcro relativi ai lavori dei primi decenni del Novecento, si trova menzione del fatto che il noto restauratore dell’epoca, Domenico Fiscali, esegue e cura tra il 1913 e il 1922 i restauri più importanti nella città e sul territorio. Ma allo stato attuale delle ricerche risulta che sia intervenuto sulla Resurrezione di Piero solo con il compito di intervenire sulle stuccature della cornice.
Importanti lavori nel 1900 furono eseguiti nelle due sale di Piero della Francesca e in quella retrostante, detta di Matteo di Giovanni; mentre altri interventi che possono aver coinvolto la Resurrezione sono relativi ai lavori di consolidamento della Pinacoteca che nel 1939 comportarono la demolizione della volta. Conseguenze sulla statica della parete dovettero inoltre avere i terribili terremoti del 1917 e del 1948.
Altri grandi lavori strutturali nella Pinacoteca iniziano nel 1950. È nel 1952 che il Consiglio Superiore delle Belle Arti, dopo avere nominato una commissione per la tutela della Resurrezione durante questi lavori strutturali, decide che l’opera non deve essere rimossa né spostata dalla parete dove ora si trova.
Prima campagna diagnostica non-invasiva 2010, effettuata nell’ambito del progetto St@rt finanziato dalla regione Toscana, ideata e coordinata dall’Opificio delle Pietre Dure (Cecilia Frosinini e Paola Ilaria Mariotti), che determinò la conoscenza dello stato di conservazione dell’opera, consigliandone un restauro completo e non differibile.
A questa prima campagna diagnostica parteciparono i seguenti gruppi afferenti a istituti scientifici che operano sui Beni Culturali:
Seconda campagna diagnostica 2015-2018, precedente al restauro:
Nell’affrontare il restauro dell’opera, una particolare attenzione è stata rivolta alla progettazione della diagnostica, prima durante e dopo l’intervento di restauro. Questo ha permesso di approfondire tre aspetti di fondamentale importanza prima dell’intervento:
1. la conoscenza della tecnica impiegata da Piero della Francesca;
2. la conoscenza di ciò che non era originale ma sovrapposto all’opera nel corso dei secoli;
3. la determinazione se l’opera fosse dipinta su un muro che corrispondeva alla sua collocazione originaria o se si trattasse di un “trasporto a massello”.
Solo in seguito alle campagne diagnostiche, quindi, sono state pianificate e attuate dai restauratori le complesse operazioni di pulitura e di consolidamento dei materiali dell’opera, che variavano a seconda della tecnica pittorica e della natura dei materiali estranei, provenienti dai restauri pregressi e da asportare. Le operazioni di pulitura si sono svolte gradualmente, in fasi successive legate ai materiali da rimuovere. Dal punto di vista estetico questa gradualità ha consentito una sorta di scopritura progressiva dei colori originali dai materiali estranei, scuritisi nel tempo, seguendo le più moderne tecnologie di restauro. La fase finale della “reintegrazione pittorica” è stata eseguita rispettando assolutamente il colore autentico e limitandosi alle aree in cui si è perduto il colore originale. Tale intervento è andato a ricucire, quindi, il tessuto pittorico, senza integrare ad imitazione alcuna lacuna ma impiegando i metodi dell’abbassamento di tono e della selezione cromatica del colore.
Sulla base delle indagini effettuate è stato confermato che lo strato pittorico della Resurrezione, in tutte le sue parti, non presenta pentimenti o rifacimenti.
Questo significa che, nonostante i danni e le vicissitudini conservative, la superficie dipinta è completamente originale, sia pure impoverita cromaticamente dal dannoso intervento ottocentesco di cui è stato già detto; solo la parte esterna della cornice architettonica che la circonda non è originale ma è stata realizzata in varie e diverse fasi e periodi.
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