Bottega di Giovambattista del Tasso (attr.), Cornice monumentale del dipinto su tavola “Discesa di Cristo al Limbo” di Agnolo Bronzino, 1552, Museo dell’Opera di Santa Croce, Firenze

L’intervento di restauro della cornice monumentale è iniziato nel maggio 2001 e terminato nel settembre 2006; la cornice, insieme al suo dipinto, fa parte del gruppo di otto capolavori alluvionati e restituiti al Museo dell’Opera di Santa Croce, in occasione della ricorrenza dei quaranta anni dall’alluvione del 1966.

  • : Intervento di restauro
  • Stato attività: concluso

Dati

Informazioni sull’attività

Informazioni sull’opera

Informazioni storico-descrittive

Cornice e dipinto (datato 1552) furono realizzati per l’altare Zanchini nella Basilica di Santa Croce a Firenze, posto sul lato destro della contro facciata. La cornice monumentale ha seguito nel tempo le vicende del dipinto che fu spostato dall’altare nel 1821, poiché ritenuto osceno a causa della presenza di molti nudi femminili, e perciò trasferito alle Regie Gallerie degli Uffizi dove fu esposto con una nuova cornice dal semplice profilo modanato. Dopo la separazione dal proprio dipinto la cornice monumentale fu correlata alla “Deposizione” di Alessandro Allori e ricongiunta alla pala del Bronzino solo nel 1912, in occasione dell’allestimento del Museo di Santa Croce. La committenza della cornice è riconducibile alla famiglia Zanchini da Castiglionchio, in quanto commissionaria del dipinto “Discesa di Cristo al Limbo” di Agnolo Bronzino. La realizzazione della cornice è attribuita alla bottega di Giovanni Battista del Tasso (Firenze, 1500 circa – 8 maggio 1555) che fu un architetto e scultore italiano, in particolare virtuoso intagliatore, principalmente attivo alla corte di Cosimo I de’ Medici. Il figlio Domenico del Tasso continuò la tradizione di famiglia.

Tecnica esecutiva

La cornice lignea, intagliata dorata e policroma, è di forma centinata e misura al profilo 490 x 347 cm, con una luce interna di 438 x 292 cm, mentre la fascia è larga 26 cm circa. È stata concepita per essere inserita in una struttura muraria e per questo si compone di quattro parti indipendenti ma accostabili, ovvero i tre moduli lineari e il grande arco superiore. La struttura portante è costituita, per tutti e quattro i pezzi, da un telaio in pioppo sul quale sono state inchiodate, dal retro e a distanza regolare, delle zeppe a forma trapezoidale sulle quali è stata appoggiata e inchiodata una fascia larga circa 20 cm. È stato così creato un supporto strutturalmente solido ma allo stesso tempo leggero, caratterizzato da una particolare pendenza rivolta al dipinto. La fascia frontale è arricchita con ben trentasei motivi intagliati in legno di tiglio, tratti dal vasto repertorio manierista di elementi zoomorfi, mascheroni, volti di cherubini, di donna, cartigli, lesene e ceste con frutta e altro. Sono collocati secondo una disposizione simmetrica, rispetto alla linea longitudinale mediana. Infine la cornice è circoscritta da due cornicette perimetrali; quella all’esterno ha un motivo a strigliatura mentre quella battuta ha un motivo a foglia, alternata a una punta stilizzata. Al centro della fascia orizzontale è presente un’iscrizione che testimonia l’impostazione unitaria dell’opera poiché è un chiaro riferimento al soggetto del dipinto “POPULUS QUI SEDEBAT IN TENEBRIS VIDIT LUCEM MAGNAM”.
Tutti gli intagli, connotati da un volume d’ingombro quasi a tutto tondo, sono stati realizzati separatamente e in seguito inchiodati – già ammanniti e scartati – nella loro definitiva posizione; tale ipotesi nasce dalla valutazione sia di quanto visibile (le teste dei chiodi sono sottostanti agli strati preparatori) sia da quanto emerso dall’immagine radiografica, relativa ad una significativa parte della cornice inferiore.
La principale tecnica decorativa è la doratura – eseguita secondo la tecnica a mordente – accompagnata con una policromia sui toni del verde, blu e marrone, usato in particolare nelle campiture dei cartigli.
Le stratigrafie hanno evidenziato la presenza – notata peraltro durante il restauro – di ridottissime tracce di una doratura a guazzo, sottostante il livello attuale che sono valutabili come la testimonianza di un cambiamento di impostazione decorativa, maturata in corso d’opera.

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