Antonello da Messina, Ritratto Trivulzio, 1476, Palazzo Madama, Torino

  • : Intervento di restauro
  • Stato attività: concluso

Dati

Informazioni sull’attività

Informazioni sull’opera

Informazioni storico-descrittive

Il Ritratto potrebbe essere stato dipinto negli ultimi mesi del soggiorno a Venezia, tra 1475 e 1476, oppure a Messina, dove l’artista tornò nel settembre 1476 e dove rimase fino alla morte. Nel 1841 l’opera è segnalata nella galleria fiorentina del marchese Pier Francesco Rinuccini. Alla morte di questi (1848) la quadreria, dove erano custodite più di settecento opere, fu oggetto di una tra le più importanti transazioni commerciali di opere d’arte effettuate in Italia. In quel momento il Ritratto di Antonello era già passato a Milano come dote di Marianna Rinuccini, andata in sposa al marchese Giorgio Teodoro Trivulzio nel 1831. Il trasferimento a Torino, nel 1935, è il frutto della lunga e laboriosa trattativa intrapresa da Vittorio Viale, direttore del Museo Civico, per l’acquisto dell’intera collezione Trivulzio.

Tecnica esecutiva

Il personaggio è raffigurato dietro una piccola balaustra dove è presente un minuscolo cartiglio sul quale Antonello da Messina si firma (1476 ANTONELLUS MESSANEUS PINXIT). L’uomo, ritratto leggermente in tralice, con la testa ulteriormente girata verso la sua sinistra, indossa un berretto nero e una pesante cappa rossa solcata da pieghe verticali sopra una camicia bianca di cui si intravede appena l’orlo sopra il colletto, l’abbigliamento tipico dell’alta borghesia mercantile del Quattrocento. La posa di tre quarti, lo sfondo scuro, l’affaccio su una balaustra e la rappresentazione essenziale, derivano dai modelli fiamminghi di ritrattistica che Antonello introdusse in Italia.
Il dipinto è realizzato su una sola asse di legno di pioppo di dimensioni non perfettamente regolari (grossomodo 29,5 cm in larghezza e 37,2 cm in altezza).  Lo spessore del supporto varia dai 6 – 7 mm della parte centrale a circa 5 millimetri in prossimità dei lati, rastremati sul retro. Sul fronte, invece, un sottile margine di legno lungo tutto il perimetro è stato risparmiato dalla stesura pittorica. È quindi probabile che il dipinto fosse originariamente inserito in una cornice a canale, come testimoniano, oltre il rialzo degli strati preparatori in prossimità del perimetro dell’area dipinta, anche i residui di colla e i frammenti di legno sul retro.
La fibratura del supporto è posta in senso orizzontale e il taglio dell’asse risulta essere tangenziale al centro della tavoletta e radiale in basso e in alto. La scelta di utilizzare un supporto molto sottile e di porre la fibratura in orizzontale appare insolita per la tradizione italiana, ma trova corrispondenza in altri ritratti realizzati da Antonello da Messina. Altra particolarità del Ritratto Trivulzio è nell’insolita scelta di stendere gli strati preparatori sulla faccia esterna dell’asse (sul lato opposto rispetto al midollo dell’albero). Al contrario, nella tradizione costruttiva, si utilizzava di solito la faccia interna, disponendo quindi la stesura pittorica dal lato in cui il legno tendeva ad imbarcarsi. Singolare anche l’incollaggio della tavoletta all’interno del canale della cornice che non trova riscontri nella produzione artistica italiana e nemmeno in quella fiamminga.
Le indagini diagnostiche e l’intervento di pulitura hanno consentito di recuperare il testo figurativo autentico con la sua antica vernice. La stesura pittorica non differisce dal disegno lineare del contorno della figura, se non sulla spalla sinistra del personaggio dove sembra che il pittore avesse avuto l’intenzione di portare in avanti il becchetto che poi ha invece coperto con il rosso della toga.
La riflettografia IR scanner documenta un disegno ridotto all’essenziale, con tratti a mano libera a carbone, visibile solo in piccole parti del volto e forse eseguito direttamente sulla preparazione probabilmente con il personaggio davanti al pittore. La costruzione pittorica della figura si articola sulla preparazione bianca a gesso e colla.
Dalla radiografia e dalla TAC è possibile riscontrare come le prime stesure pittoriche fossero masse di colore, stese con pennellate veloci, che avevano lo scopo di fornire una base, sia nell’incarnato del volto che nel rosso della toga, per le finiture successive. Con un solo passaggio di colore l’artista è poi riuscito ad attenuare il contrasto di queste masse e rendere fluido il passaggio cromatico.
Le misurazioni della fluorescenza X (XRF), condotte su punti campione, hanno consentito di caratterizzare la tavolozza dell’artista. Le pennellate di base delle pieghe della toga rossa sono state eseguite con cinabro, le stesure finali ancora con cinabro e lacca rossa senza l’impiego di bianco di piombo, come ci si potrebbe invece aspettare, per creare quegli effetti di graduale passaggio di luminosità. Nelle zone di massima profondità delle pieghe Antonello ha inoltre utilizzato un pigmento a base di rame per ottenere un effetto di ombreggiatura. Allo stesso modo, nelle altre zone di ombreggiatura, come la tempia del personaggio ritratto, le modulazioni di passaggio dal chiaro allo scuro, sono ottenute mediante l’aggiunta nell’impasto cromatico dello stesso pigmento di rame.
Anche le parti anatomiche del volto che emergono per rendere l’effetto di maggiore illuminazione sono eseguite con un procedimento pittorico che impiega pennellate di colore con maggiore quantità di biacca, estremamente veloci. Esse impostano, già dalla prima fase pittorica, il rilievo della guancia destra, la fronte, la punta del naso, il labbro inferiore e la piega intorno alla bocca della guancia sinistra. Le stesse pennellate sono successivamente ammorbidite, avvolte dalla stessa luce che però ne modula i passaggi, aiutando il formarsi di quella espressione di ironica sfida con la quale questo ritratto è ormai noto.

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